Lamezia e il passato che non passa: il racket e la politica smemorata
La sequenza di attentati riporta al centro il tema della presenza mafiosa e impone un’assunzione di responsabilità collettiva, oltre le dichiarazioni di rito

LAMEZIA TERME Taniche, bottiglie e ordigni tornano a segnare la presenza della criminalità organizzata a Lamezia Terme. Negli ultimi mesi, la città ha assistito ad una sequenza di atti intimidatori – che si collocano temporalmente a ridosso delle scarcerazioni di alcuni soggetti coinvolti in inchieste che, negli anni passati, avevano di fatto azzerato la struttura di comando delle cosche locali. Le istituzioni hanno risposto convocando un consiglio comunale aperto e definendo nuovi protocolli e strumenti di prevenzione, misure evidentemente di portata limitata rispetto ai continui atti intimidatori e le complesse dinamiche criminali presenti sul territorio.

Eppure la criminalità organizzata era tornata al centro dell’attenzione pubblica durante la scorsa campagna elettorale quando la candidata a sindaco, Doris Lo Moro denunciava: «Il pericolo in questa città tre volte sciolta per mafia è che ci sia sottracciato un percorso che noi non vediamo e non sentiamo, che vuole la città ancora legata agli affari, alla ’ndrangheta, alla massoneria, alle associazioni deviate, e chiamiamoli con il loro nome».

Parole durissime, ma che ora suonano come un presagio duramente criticato. Tanto quanto la visita di Diego Bianchi alias “Zoro” che con la sua “Propaganda Live” arrivò a Lamezia per documentare la campagna elettorale. L’apice fu raggiunto qualche settimana dopo in occasione del festival Trame. Ad infiammare il dibattitto fu il giornalista e scrittore (sotto scorta) Roberto Saviano: «Chi dice che a Lamezia non serve un festival sulle mafie manda un messaggio di omertà» aveva detto, scatenando insensate polemiche, accusato di cercare visibilità e di buttare fango su Trame, definito un «laboratorio della politica dell’antimafia militante».
Lamezia Terme, città già segnata da troppi scioglimenti, si trova oggi davanti all’urgenza di risposte incisive. Silenzi, incertezze e inerzie non possono più essere tollerati. (g.curcio@corrierecal.it)
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