Nella banca dati della Dia di Catanzaro 50mila persone “attenzionate”. «E’ la misura della forza della ‘ndrangheta»
Il direttore della Direzione investigativa antimafia del distretto, Fazio: «Sbagliato pensare che le cosche siano un problema lontano da noi». Presentato il calendario dedicato alle donne simbolo del…

CATANZARO Nella banca dati della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, che “copre” quattro province della Calabria, sono contenuti i nominativi di circa 50mila persone “attenzionate” per presunti rapporti con la ‘ndrangheta. Il dato è emerso dalla conferenza stampa convocata dal direttore della Dia di Catanzaro, Beniamino Fazio, per presentare i contenuti del calendario 2026 della Direzione dedicato alle donne della legalità e dell’impegno antimafia.
La banca dati della Dia
«Sono numeri – ha spiegato Fazio parlando con i giornalisti – che danno la misura di quanto l’organizzazione criminale sia infiltrata nel territorio. Noi continuiamo a pensare che la ’ndrangheta non ci riguardi, che sia un problema lontano da noi. In realtà, nella vita quotidiana di ogni calabrese la presenza della ’ndrangheta è tangibile, anche nel semplice esercizio commerciale sotto casa. Non si tratta soltanto della classica richiesta di denaro, dell’estorsione: esiste anche un’imposizione di merci, come il caffè ai bar o la carne alle macellerie. È così, in modo silenzioso ma costante, che avviene l’infiltrazione della ’ndrangheta nel tessuto sociale. In questo distretto – ha sostenuto il direttore della Dia di Catanzaro – posso fornire soltanto dati indicativi, ma ciò che affrontiamo sono numeri impressionanti. Disponiamo di una banca dati che raccoglie 50.000 nominativi solo nel nostro distretto. Da questo potete capire quanto sia numerosa l’organizzazione criminale in questa area».
Il calendario
Con riferimento al calendario 2026 della Dia, che contiene dodici figure di donne impegnate in prima linea contro la mafia – dalla figlia di Lea Garofalo, Denise Cosco, alla collaboratrice di giustizia Rita Atria, alla sindaco di Siderno Mariateresa Fragomeni – Fazio ha osservato: «E’ il racconto di un viaggio attraverso il coraggio delle donne nelle istituzioni: non solo quelle della Direzione Investigativa Antimafia, ma tutte le donne in divisa – carabinieri, polizia, guardia di finanza, polizia penitenziaria – insieme alle magistrate, giudici e pubblici ministeri impegnate nelle inchieste più delicate, come Rinascita Scott. Sono donne che lavorano con enorme sacrificio, spesso a scapito della famiglia. Accanto a loro ci sono le giornaliste, ponte fondamentale tra l’attività investigativa e i cittadini, chiamate a trasmettere informazioni in modo corretto. E poi le attiviste – Addio Pizzo, Libera, Donne nella Rete – che trasformano l’indignazione in impegno quotidiano, e le docenti, il cui ruolo educativo è decisivo: la lotta alla mafia passa prima di tutto attraverso la formazione culturale dei ragazzi, per evitare che finiscano nelle mani della criminalità organizzata. Il messaggio del calendario – ha aggiunto il direttore della Dia di Catanzaro – è proprio questo: la lotta alla mafia richiede un cambiamento culturale profondo. Mi piace citare l’esempio scelto per il mese di febbraio, Rita Atria, che, dopo l’assassinio del padre e del fratello, collaborò con il giudice Borsellino e che, dopo la sua morte, si tolse la vita. Rita Atria ricordava che prima di combattere la mafia dobbiamo combattere “la mafia che è dentro di noi”: non un pensiero mafioso, ma quei comportamenti quotidiani che possono alimentare il metodo mafioso. Per Fazio «l’obiettivo della Dia con il calendario è quello di entrare nelle case e nelle scuole come tributo al volto luminoso della donna. La legalità spesso ha il cuore, la voce e il coraggio di una donna, e a lei si dedica questo progetto, riconoscendone il ruolo fondamentale nella lotta alla ’ndrangheta. Avvicinare istituzioni e cittadini è un’attività essenziale di prevenzione. Parlare ai giovani è indispensabile: conoscono la mafia siciliana attraverso libri, film e cronaca, ma della ‘ndrangheta sanno ancora troppo poco. Per questo – ha concluso il direttore della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro – è necessario incontrarli, spiegare, raccontare: solo così si costruisce consapevolezza». (a. cant.)
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