Sanità in Calabria (e nel resto del Sud): i paradossi della migrazione sanitaria
I ricoveri costano più del doppio rispetto al Nord, senza qualità equivalente. La Regione paga meno quando i pazienti si curano altrove, segno di inefficienze e sprechi cronici

Quando nel Sud si parla di sanità, spesso lo si fa chiedendo maggiore efficienza, più risorse, più personale. Secondo i dati ufficiali del Agenas, le degenze ospedaliere in molte strutture meridionali costano decisamente di più che al Nord – e non per migliori servizi o innovazioni cliniche. Quel che emerge è un vero e proprio paradosso: in regioni in cui la sanità pubblica è spesso carente, in cui le liste d’attesa sono lunghe, il personale assottigliato, le strutture – quando ci sono – spesso sotto organico: la macchina sanitaria consuma risorse come se erogasse un servizio d’eccellenza.
In Calabria una giornata di degenza ospedaliera costa più che in metà delle regioni italiane. Molto di più. E non certo perché i nostri ospedali offrano comfort da clinica svizzera o tecnologie da premio internazionale. Costa di più perché sprecano di più. Punto. I dati positivi non mancano. Ne abbiamo parlato qui sul Corriere.
I numeri però del costo giornaliero della degenza sono allarmanti. Sono questi: a Catanzaro, nell’Ospedale “Renato Dulbecco”, il costo medio di una giornata è di quasi 730 euro. A Cosenza si sfiora una soglia ancora più scandalosa: oltre 820 euro. Intanto al Nord, in strutture che curano, funzionano e attraggono pazienti da tutto il Paese, si scende a 374 euro. Un terzo.
Come mai al Sud costa di più? La risposta è semplice, e dolorosa: perché la nostra sanità è meno efficiente. Il primato del costo più alto è a Napoli, alla Vanvitelli 1300 euro circa al giorno.
La parte più inquietante, però, è un’altra. L’analisi dei dati Agenas ci dice che il meccanismo dei rimborsi per la mobilità sanitaria – cioè le somme che la Calabria paga quando un paziente si cura fuori regione – rivela un assurdo contabile, beffa e tragedia insieme: curarsi al Nord costa alla Regione meno che curarsi in Calabria.
Perché se a Cosenza si spendono oltre 820 euro al giorno, e a Catanzaro quasi 730, la Regione ne versa 350-400 per il ricovero dello stesso paziente al Nord.
È come se ogni volta che un calabrese scappa – perché obbligato – verso Bologna, Milano o Bergamo per ricevere una cura tempestiva e decente, la Calabria… ci risparmiasse. Un sistema che punisce chi resta e premia chi se ne va. Una follia amministrativa.
E ancora, i dati dell’Agenas dicono che non è la “povertà del Sud” la causa dei nostri disastri sanitari: sono le cattive gestioni, le inefficienze, le scelte sbagliate, le opacità che si sono accumulate negli anni. Il conto lo pagano i cittadini, due volte.
Lo pagano in tasse, lo pagano in qualità della vita, lo pagano in salute. Lo pagano quando devono migrare. Lo pagano quando restano. E lo pagano quando dalle casse pubbliche escono milioni per degenze che costano più del dovuto.
Nel Mezzogiorno si parla molto di autonomia differenziata, di perequazioni, di diritti. Eppure nessuno affronta il dato: una Regione che spende male è una Regione che abbandona i propri cittadini.
Se non si parte da qui – Catanzaro 727 euro, Cosenza oltre 820, Palermo 881, Messina 735 e via via altri (per onestà bisogna mettere nella lista anche il Careggi di Firenze a 658) non si può parlare di futuro della sanità, né di riforme, né di investimenti. Prima va tagliato lo spreco. I riflettori restano puntati su carenze strutturali, tagli, liste d’attesa, temi giustamente importanti, ma che in questa nuova fotografia rischiano di distrarre da un male più profondo. (redazione@corrierecal.it)
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