Dalle stelle alla stalla di Betlemme, la bellezza salverà il mondo
Una straordinaria scelta d’amore, la vicinanza agli ultimi della Terra

Una delle canzoni più belle di Natale che tutti conosciamo per averla sentita almeno da bambini è senza dubbio “Tu scendi dalle stelle”, composta dal genio di Sant’Alfonso Maria de Liguori, che ne iniziò la stesura nel 1744 per finirla circa tre anni dopo. Le parole che la compongono sono semplici e profonde, penetrano mente e cuore. Appena quattro strofe che iniziano a raccontarci la storia di un amore agapico e come tale discendente, dalle stelle alla stalla di Betlemme dove al Creatore del mondo mancano “panni e fuoco” necessari per la notte e per il freddo. Il Verbo ha scelto di manifestarsi così, nella carne di un Bambino che nasce nel tugurio di una stalla, perché per i suoi genitori terreni, obbedienti all’editto del Cesare di turno che imponeva il censimento “non c’era posto nel locale adibito agli animali”, che ogni casa a quell’epoca aveva. Gli stranieri da sempre, in quasi tutte le culture, sono stati considerati inferiori agli animali domestici, oppure a quelli che nutrono con il loro latte, le loro uova, la loro carne. Questa canzone ci aiuta a comprendere che l’amore, quello vero, non quello che ci raccontano le varie telenovela sempre di moda, ha “un prezzo”, non misurabile in termini di denaro, comporta sempre lo spogliarsi del proprio io per fare spazio ad un tu. L’amore rende poveri, sgonfia le nostre enfiagioni, i nostri egoismi, per questo “innamora” perché ci manifesta una bellezza, l’unica che può davvero salvare il mondo, che logiche di mercato e di profitto che lo governano, cercano di abbruttire attraverso le guerre e le ingiustizie sociali. Ecco, a Natale gradirei tanto che nel nostro vecchio continente europeo si parlasse non della necessità delle armi ma di ciò che è davvero urgente: la bellezza. Il pensatore francese Albert Camus, che certo non era un uomo di fede, ne L’uomo in rivolta, scriveva: “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene il giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei. La sua norma che nell’atto stesso di contestare il reale gli conferisce unità, è anche quella della rivolta (…) Mantenendo la bellezza prepariamo quel giorno di rinascita in cui la civiltà metterà al centro delle sue riflessioni, lungi dai principi formai o dai valori sviliti dalla storia, quella virtù che fonda la comune dignità del mondo e dell’uomo, e che dobbiamo ora definire di fronte a un mondo che la insulta”. Riflette a lungo anche in un’altra sua opera “I taccuini”, sul rapporto che intercorre tra bellezza, ribellione, giustizia e uguaglianza e annota: “se l’uomo ha bisogno di pane e di giustizia e si deve fare quanto è necessario per soddisfare questo bisogno, egli ha anche bisogno della bellezza pura che è il pane del suo cuore”. Le parole di Blowin’ in the wind, di Bob Dylan, una delle canzoni di rivolta più importanti echeggiano ancora oggi su questo nostro mondo in cui le differenze fra privilegiati e disperati crescono a dismisura. Dilan conclude così il suo testo: “Quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia che troppa gente è morta? La risposta, amico mio, se ne va nel vento, la risposta se ne va nel vento”. E’ una risposta che richiama alla responsabilità individuale e collettiva, al coraggio di scegliere ciò che davvero è bello, buono e per questo vero. La notte Betlemme, che ci ricorda una straordinaria scelta d’amore, di vicinanza agli ultimi della Terra, ai bambini di Gaza e a tutti quei bambini martoriati dalle guerre a cui mancano “panni e fuoco”, dia a tutti questo coraggio, in modo particolare a chi è chiamato a governare. Buon Natale a tutti. (redazione@corrierecal.it)
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