La viticoltura eroica della Costa Viola, vino di qualità in un paesaggio mozzafiato – VIDEO
Un’antica e affascinante tradizione che protegge anche il territorio. Ne parla Carmelo Tripodi, presidente della Cooperativa Terre della Costa Viola

LAMEZIA TERME C’è un vino, in Calabria, che viene prodotto lungo pendii che si affacciano sul Mar Tirreno, circondato dal paesaggio mozzafiato della Costa Viola. È la viticoltura eroica, un’antica tradizione che prevede la coltivazione della vite lungo pendenze che possono superare anche il 90%, sviluppandosi su piccoli terrazzamenti e dotandosi di affascinanti muretti a secco. Una sfida, appunto, “eroica” per i contadini che con sudore e fatica hanno portato avanti famiglie, producendo vino di qualità e anche contribuendo alla salvaguardia del territorio. A spiegarlo è Carmelo Tripodi, presidente della Cooperativa Terre della Costa Viola di Bagnara Calabra, ospite di Saveria Sesto nella nuova puntata di Dove cresce la Calabria, in onda su L’altro Corriere Tv.
Un’antica tradizione
Una storia che nasce tanti anni fa lungo la Costa Viola e tramandata dai figli dei contadini che diedero vita alla viticoltura eroica calabrese. «Si produce dell’ottimo vino ma con grandissima fatica» spiega Tripodi. «I nostri padri hanno “inventato” questi vigneti, a volte portando anche la terra e realizzando i muretti a secco». Un’agricoltura che, per via delle difficoltà, non ha mai ammesso mezzi meccanizzati, che erano quasi «messi al bando». «Noi – racconta Tripodi – oggi li stiamo introducendo, ma i nostri padri erano veramente eroi che con il sangue e il sudore della fronte hanno portato avanti famiglie. Ci sono ancora tante difficoltà, ma lavoriamo in un paesaggio veramente unico come la Costa Viola». A rendere ancora più affascinante il paesaggio sono i muretti a secco, costruiti a mano, che rendono caratteristico il panorama e, soprattutto, “proteggono” dal dissesto idrogeologico.

I muretti a secco
«Possiamo considerare i muretti a secco come un museo a cielo aperto. Oltre alla loro bellezza, servono a tutelare il territorio, perché grazie alla loro conformazione idraulica riescono a drenare l’acqua che non finisce a valle» spiega Tripodi. Parliamo di circa «4 mila chilometri di muretti a secco, una muraglia veramente imponente nella struttura e nella lavorazione. Sono opere ingegneristiche perché fatte a mano dai nostri contadini eroi». Il problema è che, oggi, manca proprio questa manodopera, nonostante parliamo di un’arte che è diventata Patrimonio dell’Unesco nel 2018. Ma non è l’unica delle difficoltà: «Oggi nessuno li protegge, i cinghiali negli ultimi anni e il dissesto idrogeologico stanno facendo danni indescrivibili».
Una produzione di qualità
Tante difficoltà che rendono ancora più “speciale” il risultato finale. «La produzione è chiaramente di nicchia, non produciamo migliaia di bottiglie. L’anno scorso c’è stata la prima produzione di Zibibbo e parliamo di circa 1085 bottiglie. Qualcuno potrebbe sorridere, ma noi sappiamo quanta fatica c’è dietro questo lavoro e quante difficoltà. Quest’anno la quantità è aumentata ancora e questo ci da gioia perché sappiamo cosa c’è dietro una bottiglia di vino. Non solo per quello che abbiamo fatto noi, ma perché ho visto negli anni passati tutte la fatica durante le notti da parte di mio padre e degli altri contadini. Iniziavano col buio e finivano col buio, poi magari andavano ad aiutare anche i pescatori perché c’era bisogno di lavorare. Non si smetteva mai».
Lo zibibbo come oro della Costa Viola
Un’eredità tramandata da tanti figli, che hanno valorizzato ulteriormente il vino con le aziende e l’etichettatura. Diverse le varietà prodotte: «L’obiettivo dei contadini era piantare uva resistente, quindi ci ritroviamo vigneti con varietà diverse. C’è la prunesta, malvasia, greco nero, ma noi puntiamo molto sullo zibibbo che per noi potrebbe essere l’oro della Costa Viola». Ma com’è nata l’idea di riprendere la viticoltura eroica? «Nasce con il socio Luigi Barillà e Daniele Lo Presto, due persone fantastiche. Mio padre è venuto a mancare da poco, altri zii lavorano ancora ma sono in età avanzata. Ci siamo ritrovati davanti a un bivio: abbandonare tutto o cercare di fare qualcosa. Così nel 2020 abbiamo dato vita alle Terre della Costa Viola. Noi valorizziamo solo il lavoro che hanno fatto loro».
Nuovi prodotti ed enoturismo
Insieme, sono nati progetto di promozione e valorizzazione del prodotto: «Il vino deve essere buono, ma noi puntiamo su quello che c’è dietro, sulle nostre storie, la nostra tradizione, la nostra cultura e questo magnifico paesaggio». Sono nati dalla collaborazione con altre realtà anche prodotti unici, come il “PanZibì”, ovvero zibibbo e panettone, il gelato o anche lo zibibbo da “passeggio”, oltre al Museo della civiltà contadina che a Bagnara “protegge” e tramanda gli antichi strumenti. Tra le iniziative future «un ecomuseo all’aperto. C’è una legge regionale e speriamo che la politica ci dia udienza per poterci dare una mano». Ma lo sviluppo della filiera passa anche dall’enoturismo: «Quando in giro parliamo di Costa Viola proponiamo anche itinerari che permettono al turista di salire sui nostri vigneti, godere di un panorama unico, assaggiare il nostro vino e il prodotto locale. Stiamo ancora sperimentando perché ci sono difficoltà a salire, parliamo quasi di trekking».
Le difficoltà: manodopera, cinghiali e servizi
È qui che potrebbero intervenire le istituzioni, non per forza garantendo contributi economici ma anche i semplici servizi, come «sistemare un percorso, pulire una strada». O magari puntare sulle antiche monorotaie, che da una parte agevolerebbero il lavoro quotidiano, dall’altra – come avviene in altri parti d’Italia – potrebbe rappresentare un’ulteriore attrazione e via d’accesso per i turisti. Ma è solo uno dei “punti deboli” su cui si dovrebbe intervenire. «Il primo problema è la manodopera» spiega Tripodi elencando le difficoltà. «Poi ci sono i cinghiali che possono distruggere decine di muretti a secco. Se dovesse venire meno questo sistema di muretti, si creerebbe un problema serio di frane e dissesto idrogeologico che negli anni si è accentuato maggiormente». Per questo è importante intervenire ora per evitare di intervenire dopo, a danni ormai già fatti: «Nelle nostre zone tutti hanno un pezzo di terra, se si agevolano tramite i servizi i cittadini possono recuperarli, coltivare l’orto e contribuire a tutelare la zona dal dissesto idrogeologico».
Un patrimonio da tutelare
«Oggi – conclude Tripodi – ci sono dei segnali importanti che vanno colti, nuovi fermenti, aziende, cooperative. Ci sono dei giovani che vogliono cimentarsi e non bisogna mai perdere la speranza e la fiducia. A volte andiamo a dormire un po’ scoraggiati, ma la mattina si riparte con la solita forza che ci contraddistingue perché il nostro riferimento è proprio chi ci ha preceduto senza perdere mai la voglia, la forza e la speranza di migliorare la Costa Viola di cui noi siamo profondamente innamorati». Insomma, una storia di restanza e resilienza, ma soprattutto un patrimonio da tutelare. (redazione@corrierecal.it)
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