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“Testa del Serpente”, le motivazioni della sentenza della Cassazione

La decisione della Corte Suprema nei confronti di cinque imputati. Rinvio e nuovo giudizio per Antonio Abruzzese

Pubblicato il: 30/12/2025 – 10:54
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“Testa del Serpente”, le motivazioni della sentenza della Cassazione

COSENZA La Corte di Cassazione ha pubblicato le motivazioni della sentenza dell’ultimo grado di giudizio emessa nei confronti di cinque imputati: condannati in primo e secondo grado al termine del processo scaturito dall’inchiesta “Testa del Serpente“, coordinata dalla Dda di Catanzaro.
La Suprema Corte aveva disposto, il 29 novembre 2025, l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio nei confronti di Antonio Abruzzese, condannando i restanti quattro appellanti: Claudio Alushi condanna a 7 anni e 8 mesi; Giovanni Drago condanna a 2 anni e 8 mesi (annullata la parte relativa ai beni confiscati); Adamo Attento condanna a 6 anni e 2 mesi; Antonio Marotta condanna a 9 anni e 6 mesi.
Del collegio difensivo fanno parte gli avvocati Fiorella Bozzarello, Antonio Quintieri, Filippo Cinnante. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Endria Greco, Anna Colombo, Eleonora Appolloni.

L’operazione

L’operazione coordinata dalla Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha coinvolto soggetti che gli inquirenti hanno ritenuto appartenenti alle consorterie criminali operanti all’interno della città di Cosenza. I gruppi sarebbero stati attivi in ogni campo dell’attività criminale: dal racket, all’usura, ai danneggiamenti, ai pestaggi, allo spaccio di ogni tipo di sostanza stupefacente, alla gestione del gioco d’azzardo. Si tratta di sodalizi criminali capaci di trovare nuovi spazi a seguito del “vuoto di potere” creatosi sul territorio al termine del processo “Nuova Famiglia”, del 2014.

I ricorsi di Abruzzese e Drago

Sono due le posizioni che la Corte di Cassazione ha ritenuto di rideterminare disponendo, in un caso l’annullamento con rinvio e nell’altro un annullamento riferito ad un capo di imputazione. Per quanto attiene per la posizione di Abruzzese, dunque, la Cassazione ritiene il ricorso fondato in quanto «la posizione del ricorrente è stata presa in espressa considerazione soltanto nell’intestazione del provvedimento e, successivamente, nel dispositivo. Il nominativo del ricorrente non compare mai nell’intera parte motiva».
La Corte Suprema ha disposto – per un capo – l’annullamento anche nei confronti di Giovanni Drago. Nel caso dell’imputato, «la confisca deve essere disposta nei confronti di ciascun concorrente limitatamente a quanto dal medesimo conseguito, il cui accertamento costituisce oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti e, solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, è legittima la ripartizione in parti uguali». Ne consegue la decisione della Cassazione – limitatamente a questa statuizione – di disporre l’annullamento della sentenza impugnata» con il compito per il giudice di rinvio di procedere «all’individuazione della quota di Drago dove possibile e procedere alla ripartizione in parti uguali con il concorrente». (f.benincasa@corrierecal.it)

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