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Processo Fallara, Cuzzocrea “inchioda” Scopelliti

REGGIO CALABRIA «La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato scoprire che non venivano pagati anche i lavori per i quali esistevano fondi a destinazione vincolata e che venivano utilizzati pe…

Pubblicato il: 14/11/2013 – 22:52
Processo Fallara, Cuzzocrea “inchioda” Scopelliti

REGGIO CALABRIA «La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato scoprire che non venivano pagati anche i lavori per i quali esistevano fondi a destinazione vincolata e che venivano utilizzati per altro. All’inizio si trattava solo di un sospetto, poi abbiamo avuto la conferma. E non è stato difficile verificarlo. Bastava chiamare la Cassa depositi e prestiti e comunicare il codice e la pratica per avere il numero del mandato e la valuta. Poi andavamo al Comune con quei dati,  ma la Fallara ci diceva che quei fondi non erano disponibili. Una prassi che non ha mai riguardato altri enti». C’è l’indignazione e la rabbia di anni passati ad ascoltare scuse e pretesti, mentre i crediti si accumulano e le imprese reggine annaspano, nelle parole del presidente di Confindustria Andrea Cuzzocrea, chiamato a testimoniare al processo Fallara in qualità di presidente dell’Ance e – soprattutto dal 2008 in poi – portavoce e alfiere dei costruttori della città messi in ginocchio dai mancati versamenti del Comune.

Cuzzocrea: il sindaco sapeva
Una situazione – dice Cuzzocrea in aula, rispondendo alle domande del pm Sara Ombra – di cui il sindaco Scopelliti – imputato per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico, insieme ai revisori dei conti dell’epoca, accusati però di solo falso – era a conoscenza. «Abbiamo prospettato la questione sia alla dirigente sia al sindaco Scopelliti, sia al direttore generale, mentre le aziende finivano sul lastrico». E – chiarisce l’attuale numero uno di Confindustria – queste informazioni non sono state comunicate al primo cittadino dell’epoca solo in un’occasione.  «Ricordo diverse riunioni a palazzo San Giorgio con il sindaco, con la Fallara e altri. Abbiamo cercato di trovare soluzioni ai problemi per via diplomatica ma senza arrivare concretamente a nulla. Abbiamo anche proposto piani di rientro o cessioni del credito ma non se ne fece mai nulla». Durante quelle riunioni i costruttori reggini non si limitavano semplicemente a comunicare a Scopelliti le difficoltà degli imprenditori, tanto meno a proporre soluzioni. Facevano accuse precise. «Quando noi dicevamo che le somme vincolate erano state trasmesse, la Fallara, quando ci riceveva, si limitava a rispondere che c’erano esigenze di cassa immediate – aggiunge Cuzzocrea, su specifica domanda della presidente del Tribunale Olga Tarzia –. Ne abbiamo parlato anche con Scopelliti, che quando ci incontrava, chiamava sempre la Fallara, ma non le ha mai chiesto spiegazioni».

Il dramma dei costruttori
Parole pesanti che sembrano confermare l’accusa – alla base del processo che oggi lo vede imputato – secondo cui l’allora sindaco non poteva non essere a conoscenza degli artifizi contabili che hanno scavato un cratere di 117 milioni di euro nei bilanci del Comune e oggi si tenta di attribuire solo alla potentissima dirigente del settore Ragioneria dell’epoca, Orsola Fallara. Un cratere di bilancio che ha fagocitato anche i soldi destinati agli imprenditori che per il Comune hanno lavorato negli anni in cui il governo del “Modello Reggio” prometteva di riempire la città di faraoniche opere pubbliche. Che in larga parte attendono ancora di essere pagate. Ritardi non indolori per l’imprenditoria reggina, strozzata da debiti e impegni contratti per iniziare, a volte senza neanche riuscire a portare a termine proprio per mancanza di fondi, i lavori voluti da Palazzo San Giorgio. Una situazione che conosce bene Vito Lo Cicero, uno dei costruttori che più ha patito l’insolvenza del Comune. Ha promosso azioni legali, fatto decreti ingiuntivi, è arrivato a pignorare persino lo storico hotel Miramare pur di recuperare almeno parte delle somme dovute. «Sapevo che pur pignorando il Miramare non avrei mai potuto recuperare quello che mi spettava dalla vendita, ma volevo fare un’azione dimostrativa».

La battaglia di Lo Cicero
C’è tutta la rabbia di un uomo che ha visto la propria impresa arrivare sull’orlo del fallimento per i mancati pagamenti – quasi  1,5 milioni e mezzo di euro – e per salvarla ha lottato con le unghie e con i denti. «Dal 2009 al 2011 sono stati anni terribili. E non è una situazione che riguarda solo me, ma tutta l’imprenditoria reggina». Una situazione che il costruttore ha denunciato in Procura, discusso più volte con esponenti politici di tutte le correnti, ma soprattutto che è stata oggetto di «scontri feroci» con la Fallara. Anche perché Lo Cicero è uno degli imprenditori che ha sperimentato sulla propria pelle la frustrazione data dalla scoperta che le somme vincolate che la Cassa Depositi e prestiti aveva trasmesso per dare respiro agli imprenditor venivano destinate ad altro. Un’informazione confermata anche da alcuni funzionari del settore Bilancio che lavoravano con la Fallara gomito a gomito, ma di cui l’imprenditore non riesce a ricordare il nome. «Andavo in Ragioneria dalla dottoressa Fallara o da qualche suo collaboratore chiedendo di essere pagato perché sapevo che era in arrivo un pagamento e mi dicevano che i soldi non c’erano». Una situazione che non riguardava solo lui – ricorda Lo Cicero – ma moltissimi altri imprenditori. «Quelle poche ore e poche volte che riceveva, davanti all’ufficio della Fallara c’era la questua».

Lo Cicero, Scopelliti e gli 11 milioni destinati alle fiumare
Ma la potentissima burocrate non era l’unica ad essere a conoscenza della situazione. Lo stesso Scopelliti ha presenziato – anche dopo l’elezione a governatore – a diverse iniziative pubbliche organizzate dai costruttori della città. «Si facevano spesso riunioni con i politici, che più di tutto cercavano di convincere la classe imprenditoriale a non fare decreti ingiuntivi. Una volta c’era anche il governatore che ci disse che dovevano arrivare 11 milioni di euro per le fiumare che si potevano stornare a favore delle imprese. Un’altra volta invece, hanno parlato di cinque milioni di euro in arrivo dallo Stato. Ma cosa dovevano pagare con 5 milioni se c’era uno sfracello di debiti?». Difficoltà dunque pubblicamente note – a dispetto di quanto più volte dichiarato dai responsabili politici dell’epoca, che chiamati a testimoniare solo su insistenza del pm Ombra e della presidente Tarzia hanno vagamente ammesso qualche «difficoltà di cassa» – e di cui Scopelliti e la Fallara erano stati ripetutamente informati. Erano loro – insieme al dg Zoccali – i personaggi cui gli imprenditori – singolarmente o come categoria – si rivolgevano per esigere quanto dovuto. Gli assessori al Bilancio no. Una circostanza curiosa, che è lo stesso presidente di Confindustria a spiegare: «All’epoca in cui presiedevo l’Ance, abbiamo parlato più volte con il sindaco Scopelliti, mentre non lo abbiamo mai fatto con l’assessore di turno, perché era perfettamente inutile. Il vero dominus dell’assessorato era la dirigente Fallara».

Gli assessori fantasma
Carattere forte, secondo alcuni addirittura rissoso, nei racconti dei più Orsola Fallara non ammetteva che nessuno mettesse bocca, penna o testa sui “suoi” bilanci. O almeno questo è quanto emerso dal lungo dibattimento. Non dello stesso avviso è stato il primo assessore dell’era Scopelliti, l’ex funzionario del ministero delle Finanze eletto al Comune in quota Forza Italia, Pasquale Veneziano, costretto a coabitare con quella dirigente che – per sua stessa ammissione – «aveva l’abitudine di prevaricare il proprio ruolo». Tuttavia – rivendica – «alla fine io riuscivo a impormi e a agire nella legalità e nella regolarità, io portavo le delibere in commissione, quindi predisponevo quello che era giusto e lo portavo al sindaco e al segretario comunale». Un andazzo che fra liti feroci e scontri, non è durato oltre due anni e mezzo. «C’è stato un rimpasto di Giunta e per accordi fra i partiti sono stato spostato alla Cultura, perché pensavano potessi far bene anche in quel settore perché ho un grande amore per la cultura.
Avevo tante idee e volevo prendere questo assessorato». Nonostante abbia rivendicato con orgoglio di essere stato nell’esecutivo di Forza Italia, Veneziano – resistendo alle ripetute domande del pm Ombra – afferma di non sapere per quale motivo sia stato defenestrato. Più candidamente Rocco La Scala, l’ultimo assessore dell’epoca Scopelliti, ammette di aver lasciato mano libera alla dirigente perché assolutamente privo di competenza in materia. Medico di professione, chiamato all’assessorato al bilancio dal 20 agosto 2008 al 18 agosto 2010, poi anche lui approdato alla – «molto gettonata», sottolinea la presidente Tarzia – Cultura. «Quando c’erano lamentele – si limita a dire La Scala, alla testa dell’assessorato proprio negli anni in cui la protesta dei creditori infuriava – chiedevo alla dirigente e le spiegazioni mi sembravano convincenti. Ad esempio,  una volta mancavano soldi per le spese elettorali e la Fallara mi disse che c’erano difficoltà di cassa. Quando si presentavano i creditori, lei diceva che c’erano problemi di liquidità simili a tutti i Comuni d’Italia».

Guai per la tesoreria?
Ma gli artifizi contabili che hanno messo in ginocchio Palazzo San Giorgio, quasi asfissiato gli imprenditori, ma permesso per anni alla giunta del “Modello Reggio” di accumulare debiti su debiti, potrebbero oggi mettere nei guai quella filiale del Banco di Napoli che al Comune reggino fa da Tesoreria e il suo direttore, Giuseppe Callea. Stando alla perizia redatta dai consulenti della Procura, nei bilanci mancherebbero circa 39 milioni di euro relativi ai contributi dei dipendenti e ai versamenti Irpef dei professionisti. Una situazione paradossale e – almeno formalmente – impossibile. «Per me non è possibile perché per il pagamento dei dipendenti, ogni mese viene pagata ai lavoratori la parte stipendiale e i contributi vengono accantonati e versati entro il 15 del mese successivo», afferma sicuro Callea. Eppure quei 39 milioni non risultano. E sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha anche fatto una segnalazione che ha portato la Procura ad aprire un fascicolo. Circostanze che Callea, dovrà spiegare nella prossima udienza all’esito di debite verifiche. E questa non sarà probabilmente l’unica circostanza che sarà chiamato a chiarire Agli atti dell’inchiesta ci sono infatti molti mandati di pagamento corretti, cancellati o abrasi, che – stando alla Convenzione  fra Comune e Banca – dovrebbero essere rispediti all’ente e non liquidati. Una cosa che invece – afferma la perizia – in quegli anni è puntualmente successa.

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