Quell`impegno non onorato aspettando il treno (invano)
Stazione di Cosenza, ore 7.30. Aspetto il treno navetta che mi porterà a Paola per prendere la Freccia delle 8.26 per Roma, l`unica sopravvissuta dopo i pesanti tagli di Trenitalia. Una sottile appre…

Stazione di Cosenza, ore 7.30. Aspetto il treno navetta che mi porterà a Paola per prendere la Freccia delle 8.26 per Roma, l`unica sopravvissuta dopo i pesanti tagli di Trenitalia. Una sottile apprensione accompagna la mia attesa: devo essere a Roma per le 14.00, per un improrogabile impegno di lavoro, e prego dentro di me che questa mattina il treno parta. Ma, anche questa volta, come ormai spesso succede dalle mie parti, la speranza di salire su quel treno viene bruscamente vanificata dalla voce metallica dell`altoparlante che annuncia la soppressione della corsa per presunti problemi tecnici. Il copione si ripete ormai da troppo tempo così che è facile immaginarne il vero motivo: la scellerata politica di riorganizzazione dei collegamenti ferroviari, da e per il sud, che ha finito per tagliare fisicamente il sud dal resto del Paese, lasciandolo in una condizione di minorità. Basta vedere lo stato in cui versano stazioni e treni: le prime (anche quella di Paola, da poco ristrutturata) senza scale mobili e ascensori – perennemente fuori servizio – i secondi, in molti casi obsoleti e spesso al limite della decenza, come la navetta Cosenza-Paola.
Le proteste, come le interrogazioni parlamentari presentate in passato da un deputato della sinistra locale, sono lasciate cadere nel vuoto e così continuiamo a sentirci figli di un dio minore.
Ma ormai anche l`indignazione e la rabbia hanno lasciato il posto ad un senso di impotenza e di frustrazione crescente: non mi resta che rassegnarmi e aspettare il prossimo treno, l`unico Eurostar che collega la Calabria con Roma: fra tre ore.