Per la libera informazione
“Il Pd per la libera informazione”. Mai come in questo momento ha avuto un senso la tavola rotonda organizzata dal Partito democratico sui rapporti tra la stampa e i poteri forti della nostra Regione…

“Il Pd per la libera informazione”. Mai come in questo momento ha avuto un senso la tavola rotonda organizzata dal Partito democratico sui rapporti tra la stampa e i poteri forti della nostra Regione.
Un dibattito vivace, tenuto a Reggio nel palazzo della Provincia, in cui sono stati affrontati i temi caldi della città dello Stretto. Dalla Commissione d’accesso antimafia al Comune, ai giornali che a volte (troppe, sic) dimenticano qual è il loro ruolo: informare, essere il cane da guardia del potere e non un cagnolino da salotto.
Ecco perché, secondo Guido Ruotolo de La Stampa, «in Calabria ci sono giornalisti intimiditi non solo dalla ‘ndrangheta ma anche dai loro stessi direttori che non hanno il coraggio di pubblicare alcune cose».
Chiaro il riferimento alla cosiddetta «autocensura, una sorta di riverenza per il potere» che, per Ruotolo, «è oggettiva».
Sono sufficienti cinque minuti all’inviato della Stampa per innescare una polemica con il direttore di Calabria Ora, Piero Sansonetti. Il terreno dello scontro è un editoriale, pubblicato ieri dal quotidiano locale, secondo il quale «non sarebbe giusto sciogliere un’amministrazione comunale senza prove. «Penso che oggi, a Reggio, si potrebbe riproporre il caso Fondi. Non ci devono essere le prove per sciogliere un Comune –. Ruotolo conclude con un affondo –. Oggi parlare di garantismo è stare dalla parte dell’area grigia».
Sansonetti replica riproponendo la sua teoria sul garantismo: «Non ho voglia di rispondere a Ruotolo che mi da del mafioso solo perché io sono convinto che ci vogliono le prove per sciogliere Comuni. Cosa che che non dovrebbe avvenire senza l’intervento della magistratura. Queste cose le facevano nella Germania dell’Est. L’idea che il giornalista sia un gendarme mi fa paura. Il problema del giornalismo è che, da molti anni, si è sostituito alla struttura dei partiti. Oggi i giornali devono riacquistare l’indipendenza. E questo è un problema che riguarda sia i giornali locali che nazionali».
Il segretario del Fnsi (il sindacato dei giornalisti), Carlo Parisi, cerca di alleggerire i toni: «È facile fare questa considerazione quando si parla da posizioni privilegiate. Bisogna smetterla di pensare che qui si viaggia con la coppola e con la lupara. Questa non è solo la storia calabrese. Se i bilanci dei giornali sono rappresentati dal 70-80% da pubblicità istituzionale, allora si comprende cosa vuol dire autocensura».
La politica condiziona, quindi, i giornali con la pubblicità. Un problema che, per il consigliere regionale del Partito democratico, Demetrio Battaglia, è sempre esistito ma che purtroppo si è accentuato con la giunta Scopelliti: «Con l’attuale governo regionale c’è stato un salto in avanti nel condizionamento dell’informazione in Calabria. È un problema antico che, negli ultimi anni, è diventato più esplicito».
Chi pensava che le frecce fossero indirizzate tutte contro il centrodestra si è dovuto ricredere ascoltando l’intervento del direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, che chiama alle sue responsabilità il Partito democratico. «Da altre parti posso anche aspettarmi certi tradimenti. Dal Pd no» esordisce il direttore del settimanale che, sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, ha un’idea ben chiara: «Perché devo attendere una sentenza o l’intervento della magistratura se so chi fa le liste?».
A chi ha ricordato l’inchiesta “Crimine” conclusasi con una sentenza con pene dimezzate, Pollichieni ha risposto: «Il processo? È finito quando è stato dato l’ordine di togliere la microspia in casa Pelle. La cupola calabrese non è assimilabile a quella siciliana. Noi non ci siamo meravigliati che Oppedisano sia stato condannato a 10 anni di carcere. Anzi no, li considero anche troppi. Abbiamo capito che era un bluff quando abbiamo visto che i politici si spellavano le mani per applaudire i magistrati».
Un fiume in piena il direttore del Corriere della Calabria che punta il dito contro i colleghi che non scrivono per non disturbare la politica: «Qui c’è stato chi ha pubblicato la replica dell’assessore comunale Luigi Tuccio in merito all’arresto della suocera, senza mai dare la notizia. La Rai regionale, inoltre, non ha mai dato la notizia della deposizione di Giardina nel processo “Meta”. Se questi sono i miei colleghi, mi vergogno di fare parte di questa categoria. Il più grosso editore in Calabria? È la Regione. Abbiamo contato oltre 50 giornalisti».
Notizie oscurate, ma anche pubblicate in maniera distorta per non turbare «l’antimafia con la partita iva. Se il leader di “Ammazzateci tutti” abita nella casa del boss Longo, io rivendico la mia libertà di scriverlo».
E infine le minacce ai giornalisti, sempre più numerose negli ultimi anni: «Perché le forze di polizia non riescono a scoprire i responsabili delle intimidazioni? Se dovesse succedere qualcosa a un giornalista, allora la minaccia più seria sarà quella che arriva dalla prefettura e dalla Procura perché diranno: “Non potevano difenderli tutti”. In questa regione ci sono giornalisti che vengono minacciati e il giorno successivo licenziati dal proprio giornale».
Politica, indagini giudiziarie, ‘ndrangheta, libertà di stampa. Tutte questioni per le quali traccheggiare non è più possibile. Ed è per questo che il monito di Pollichieni è rivolto al principale partito del centrosinistra: «Vorrei capire il Pd da che parte sta. Lo deve dire oggi».
La replica è stata affidata al parlamentare Marco Minniti e al commissario del partito Alfredo D’Attore. «Il Pd è il partito che ha organizzato questa discussione – afferma Minniti –. Abbiamo bisogno che questa regione venga raccontata. Se il garantismo vuole coprire tutto, allora non copre nulla. L’indipendenza è un valore straordinario ed è una conquista quotidiana. Lo scioglimento dei consigli comunali è una risposta ai condizionamenti, perché in alcuni comuni si sa prima chi vince e come vince». E sulla commissione d’accesso a Palazzo San Giorgio, «questo consiglio comunale non ha la forza di reagire. Lo scioglimento che noi auspichiamo è un atto d’amore per la città».
Dopo aver stigmatizzato la scelta del Pd di togliere l’appoggio al sindaco di Lamezia Terme Giannetto Speranza, il giornalista del Fatto Quotidiano Enrico Fierro cerca di focalizzare quali sono i problemi di Reggio e della nostra Regione. Invita tutti a «non pensare che in Calabria ci sia un’emergenza».
«C’è invece – aggiunge Fierro – un rapporto stretto tra la ‘ndrangheta, la politica, settori deviati delle istituzioni e pezzi della magistratura. Non c’è nessuna contesa del territorio. Piuttosto mafia e politica si integrano nel controllo dello stesso. I capi veri si riuniscono a Reggio in studi con la moquette».
Qual è il compito dei giornalisti? «Da questo momento – aggiunge Fierro – si tratta di raccontare il processo “Meta”, di capire gli sviluppi di quell’indagine. Cosa dirà Fiume sulla politica? Forse dirà qualcosa in più del suo rapporto con Scopelliti? O ancora dobbiamo sentire la storia del Papirus? La Commissione d’accesso ritengo che porterà a un lungo periodo di pulizia. Quando c’è un Comune come quello di Reggio, con infiltrazioni nel settore amministrativo, penso sia giusto scioglierlo».