Coppola e peperoncini sul filo dell`ironia
E pensare che per Aldo Pecora, in quella sera dell’intervista interrotta, Michele Macrì non era un perfetto sconosciuto. Le strade dei due, infatti, si erano incrociate in precedenza, esattamente a L…

E pensare che per Aldo Pecora, in quella sera dell’intervista interrotta, Michele Macrì non era un perfetto sconosciuto. Le strade dei due, infatti, si erano incrociate in precedenza, esattamente a Locri il Primo maggio del 2006 e al cospetto di migliaia di persone, anche se è plausibile che il leader di Ammazzateci Tutti non si ricordasse per filo e per segno di quel “volto noto” della tv locale. Quel giorno, nella città di Zaleuco, i due furono protagonisti, dividendo la scena nella manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil. Macrì era sul palco quel pomeriggio, sempre col microfono in mano, per presentare con altri la parte canora del megaraduno sindacale. Anche in quel caso era lì per parlare di legalità come motore di una manifestazione che fece scendere in Calabria i segretari nazionali confederali. Il fresco leader dell’associazione antimafia, nata nel novembre precedente, nel fervore civico determinato dall’assassinio di Franco Fortugno, andava testimoniando il suo ribellismo legalitario davanti alle telecamere, proprio mentre Macrì chiamava sul palco cantanti e soubrette. Sono passati quasi sei anni da quella doppia giornata di lavoro e, quindi, è ammissibile che la memoria abbia fatto difetto al ragazzo di Polistena. Che nel video mentre viene stoppato dal padre, forse preoccupato per i contenuti dell’intervista che il figlio stava rilasciando «sull’affitto» pagato al boss e sul perché nel 2007, un anno dopo essere diventato “paladino dell’antimafia”, sceglie di risiedere, anche ufficialmente, nel “palazzo della vergogna”, dove già abitava con la famiglia dal 1997.
«Non ho ancora rivisto le immagini, me le hanno dissequestrate poco fa – ci risponde al telefono Macrì –. Sono certo, però, che si vedrà fino in fondo che non sono un aggressore». Proprietario di Radio Margherita, in passato ideatore e conduttore di diverse trasmissioni su Telespazio e Telemia, il giovane presentatore è ancora indagato per l’intervista di febbraio ma si dice fiducioso nell’operato della magistratura. «Devono poter fare tutti gli accertamenti che vogliono – sostiene Macrì – perché io ero là solo per fare un servizio che parlasse di legalità vera».
Ma cosa l’ha spinto a fare quell’intervista?
«Ho preparato un personaggio televisivo-caratterista che racconti la cronaca calabrese con ironia. Ecco perché mi vesto in quel modo ironico e devo dire che nessuno fin qui ha avuto paura. Avevo letto della storia paradossale della residenza di Pecora e volevo che lui la spiegasse, come stava facendo prima dell’intervento del padre».
Sì, ma l’hanno definito un finto giornalista. Lei è indagato per questo.
«Ai carabinieri l’ho già detto che ero là come comunicatore nell’interesse pubblico. Significa che la legge tutela chi come me, quando c’è qualcosa che può essere utile che la collettività conosca, può svolgere episodicamente un’attività che assomiglia a quella giornalistica, che altro non è che una forma di partecipazione civica».
Lei ha nominato un avvocato. Non le sembra assurdo che debba arrivare a questo?
«Non entro nel merito dell’indagine. Ho dato mandato agli avvocati Daniela Lagazzo e Vincenzo Pugliese che mi stanno assistendo per poter riaffermare l’esercizio legittimo della mia attività e che c’era un interesse pubblico a sapere come Pecora avrebbe spiegato il perché della sua residenza in quella casa».
Lei non intende far polemica ma le è pesato sentir parlare per un mese di aggressione e intimidazione piuttosto che di intervista?
«Il tempo è un alleato della verità e sentenzia. Sul mio lavoro ho sentito pareri affrettati e azzardati, dettati da qualcosa che non mi so spiegare: alcune volte, prima di esprimere facile solidarietà bisogna sentire le due campane».
Cosa le ha insegnato questa vicenda?
«Che nel voler dire la verità non bisogna mai dare nulla per scontato. C’è sempre da imparare e, come penso di aver fatto, bisogna mantenere i nervi saldi di fronte a reazioni impreviste. Questa storia non deve scoraggiare l’opinione pubblica che ha sete di verità».
Ma vedremo in onda questo video?
«Certo. Appena finisco di parlare con lei comincio il montaggio. Tutti, dopo averlo visto, potranno giudicare esattamente».