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Processo "Meta", il boss De Stefano: «Non sono un infame»

«Mi dite prima che sono un grande condottiero e poi che sono un infame». Sbotta in aula il boss Giuseppe De Stefano al termine dell`udienza del processo “Meta” . Lo fa il giorno in cui si è conclusa…

Pubblicato il: 29/06/2012 – 20:09
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Processo "Meta", il boss De Stefano: «Non sono un infame»

«Mi dite prima che sono un grande condottiero e poi che sono un infame».
Sbotta in aula il boss Giuseppe De Stefano al termine dell`udienza del processo “Meta” . Lo fa il giorno in cui si è conclusa la deposizione del colonnello Valerio Giardina, l`ex comandante del Ros di Reggio Calabria che, coordinato dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, ha condotto le indagini dell`inchiesta sul gotha della `ndrangheta.
Collegato in videoconferenza dal carcere di Tolmezzo, il capo degli “arcoti” ha risposto alle dichiarazioni dell`ufficiale dell`Arma che ha ricostruito l`impianto accusatorio preparato dalla Direzione distrettuale antimafia.
In particolare, il colonnello Giardina ha approfondito alcuni aspetti dell`inchiesta che aveva già trattato nelle precedenti udienze. Si è soffermato sull`evoluzione delle cosche reggine, una `ndrangheta che da circa 10 anni ragiona con quattro teste: quella di Peppe De Stefano, di Pasquale Condello, di Giovanni Tegano e di Mico Libri (oggi sostituito dal fratello Pasquale).
Ed è proprio la figura del figlio di don Paolo De Stefano ad aver impegnato buona parte dell`udienza tenuta in aula bunker dove, davanti al presidente del Tribunale Silvana Grasso, l`investigatore ha riferito dell`evoluzione dei contrasti in seno alla cosca Tegano, dell`omicidio Audino, dell`arresto del boss Orazio De Stefano (zio di Peppe) e della “lupara bianca” di cui è rimasto vittima Paolo Schimizzi, ritenuto fino al settembre 2008 il reggente dei Tegano.
Un`evoluzione della `ndrangheta reggina che dal 2000 ha registrato un`alleanza tra i De Stefano e i Condello, protagonisti principali della seconda guerra di mafia.
È a questo punto che Giuseppe De Stefano ha chiesto di fare dichiarazioni spontanee.
«Ho la massima stima del dottore Lombardo, è un grande pubblico ministero e ho avuto il piacere di essere interrogato da lui – ha dichiarato il boss –. Non capisco perché mi dite prima che sono un grande condottiero e poi che sono un infame. Non l`ho mai fatto, né con i miei familiari né con i Tegano».
De Stefano va anche oltre ed è intervenuto in merito alla proposta di revocargli la patria potestà formulata dal Ros e dal pm Lombardo nel periodo in cui era latitante.
In quell`occasione, gli uomini del colonnello Giardina avevano consegnato alla moglie del boss un plico con il provvedimento dell`autorità giudiziaria al cui interno era stata nascosta una cimice nella speranza di arrivare al ricercato.
«Visto che è stata messa la microspia dentro al plico – ha aggiunto De Stefano –, questo serviva solo per la mia cattura o perché effettivamente ritenevate che io fossi un genitore che non accudiva i figli secondo i principi educativi canonici?».
Il processo è stato rinviato all`11 luglio quando sarà chiamato a testimoniare il collaboratore di giustizia Nino Fiume.

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