Caso Cisterna, la Procura di Reggio chiede l`archiviazione
REGGIO CALABRIA Dopo mesi di veleni e veline, entrambi dosati con sapienza per realizzare quello “sputtanamento mediatico” indispensabile alla delegittimazione di quello che fino al giorno prima era…

REGGIO CALABRIA Dopo mesi di veleni e veline, entrambi dosati con sapienza per realizzare quello “sputtanamento mediatico” indispensabile alla delegittimazione di quello che fino al giorno prima era uno dei magistrati storicamente più esposti nella lotta alla `ndrangheta reggina, ecco che la montagna ha partorito il topolino e dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria arriva la richiesta di chiudere il “Caso Cisterna”. La Procura chiede, infatti, l`archiviazione dell`indagine a carico dell`ex numero due della Direzione nazionale antimafia. La richiesta di archiviazione è stata depositata alla segreteria dell`Ufficio del gip il 12 settembre scorso e si compone di poco meno di 500 pagine.
Il caso era esploso con la notifica di un “avviso di garanzia” ad Alberto Cisterna affidato per la notifica non all`ufficiale giudiziario ma al Corriere della Sera che, giustamente, sparava la ghiotta notizia in prima pagina nello stesso giorno, il 17 giugno del 2011, fissato dall`allora procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e dal pm della Dda Beatrice Ronchi per l`interrogatorio di Cisterna che avveniva “per ragioni di riservatezza” (sic!) nell`ufficio romano di Cisterna presso la Procura nazionale antimafia.
Ad incolparlo erano le dichiarazioni, sia pure de relato, del “pentito” Antonino Lo Giudice, in forza delle quali Cisterna è stato anche sottoposto a procedimento dal Csm la cui sezione disciplinare, il 17 maggio scorso, ha deciso il suo trasferimento a Tivoli in via cautelare, in attesa della pronuncia di merito da parte del Csm sul procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti.
Adesso spetterà al giudice per le indagini preliminari pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione che, giova ricordarlo, arriva dopo alcuni mesi dallo scadere dell`ultimo termine utile a concludere le indagini preliminari e dopo che il magistrato indagato aveva preannunciato un nuovo ricorso alla Procura generale per chiedere l`avocazione dell`inchiesta. Una richiesta che stavolta era anche atto dovuto perché la procedura penale impone l`avocazione quando i termini delle indagini preliminari decorrono senza che intervenga la conclusione delle stesse.
L`accusa formulata era gravissima: corruzione in atti giudiziari. Secondo l`ipotesi accusatoria iniziale, Cisterna avrebbe avuto rapporti illeciti con il boss Luciano Lo Giudice, fratello di Antonino detto “Il nano”, il principale accusatore dell`ex vice di Piero Grasso. La Procura reggina non aveva dubbi sulla credibilità dell`accusatore, che già si era autoaccusato di essere il regista della “strategia della tensione” in riva allo Stretto, culminata con le bombe alla Procura generale (3 gennaio 2010) e a casa del pg Salvatore di Landro (26 agosto), e il bazooka ritrovato nelle vicinanze del Cedir, indirizzato all`allora procuratore capo della Repubblica Giuseppe Pignatone.
Stando all’ipotesi di reato formulata dalla Procura, Cisterna avrebbe ricevuto «un’ingente somma di denaro da Lo Giudice Luciano per aver compiuto atti contrari ai doveri del suo ufficio, in particolare per essersi ingerito a favore di Lo Giudice Maurizio (fratello di Luciano) nella pratica per ottenerne la scarcerazione, disposta con provvedimenti del magistrato di sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza di Roma del 06/10/2005 e del 27/02/2008, applicativi nei confronti dell’interessato della detenzione domiciliare».
Il collaboratore ha dichiarato, infatti, che il fratello Luciano Lo Giudice avrebbe fatto un regalo, probabilmente dei soldi, al magistrato della Dna affinché quest`ultimo si interessasse per far ottenere gli arresti domiciliari a suo fratello Maurizio, anch`egli collaboratore di giustizia. Accuse che Cisterna ha sempre rigettato al mittente.
Interrogato dal procuratore Pignatone e dal sostituto Beatrice Ronchi, aveva chiarito la sua posizione spiegando che i contatti con Luciano Lo Giudice erano esclusivamente legati alla disponibilità di quest`ultimo a fornire informazioni utili alla cattura dell`ex latitante Pasquale Condello “Il supremo”.
Nei primi verbali depositati, Nino Lo Giudice non menziona mai Cisterna come un magistrato corrotto. Trascorsi i 180 giorni utili per rendere dichiarazioni, però, il pentito presenterà un ricorso al Tribunale della libertà di Catanzaro per chiedere la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, scaturita dalle sue stesse rivelazioni sulle bombe. È proprio in questa occasione che viene depositato un memoriale attraverso cui Lo Giudice cambia versione su Cisterna, ma anche sul capo della Dna Piero Grasso e sul sostituto procuratore generale Francesco Mollace.
Dopo la richiesta di avocazione dell`indagine presentata da Cisterna (per una presunta incompatibilità del pm Ronchi nel coordinare l`indagine) e rifiutata dalla Procura generale di Reggio Calabria, inizia una lunga battaglia in sede disciplinare che il 17 maggio scorso ha determinato il trasferimento di Cisterna a Tivoli.
Adesso la richiesta di archiviazione del fascicolo. Che, forse, metterà fine agli anni velenosi della Procura di Reggio o forse ne aprirà un nuovo capitolo.