Ai clan adesso piace la laurea
Tutti vogliono il “pezzo di carta”, anche i rampolli delle famiglie di `ndrangheta. E le università calabresi appaiono disponibili ad accontentare le richieste dei clan. Tre atenei, tre storie divers…

Tutti vogliono il “pezzo di carta”, anche i rampolli delle famiglie di `ndrangheta. E le università calabresi appaiono disponibili ad accontentare le richieste dei clan. Tre atenei, tre storie diverse, eppure accomunate da un unico filo conduttore: esami e lauree facili per i figli dei boss. La prima vicenda venne fuori a Catanzaro, dove i pm Salvatore Curcio e Paolo Petrolo indagavano su una compravendita degli esami di Giurisprudenza. Tra i 97 indagati è venuto fuori il nome di Nicola Marando, famiglia di Platì ormai da anni impiantata in Lombardia. Per la Dia Nicola è il capobastone della cosca, nel 2004 risulta laureato in Legge a Catanzaro. Come ha fatto lo ha spiegato agli inquirenti il responsabile della segreteria didattica universitaria Francesco Marcello. Ha svelato che per la laurea di Marando si era mosso addirittura «un agente dei servizi segreti». Il funzionario dell`università ha raccontato di essere stato avvicinato da un avvocato che gli ha chiesto «di far laureare Nicola Marando, intenzionato ad acquistare dal primo all’ultimo esame». Detto fatto: in due anni passa 20 esami. Marcello è addirittura più preciso: «Su ventisei esami, ventidue sono stati oggetto di falsificazione integrale. Quattro, invece, li ha superati grazie a docenti compiacenti».
Qualche chilometro più a sud la storia non cambia. All`università Mediterranea nella facoltà di Architettura c`è da far laureare Antonio Pelle nipote del boss di San Luca. In soli due mesi riesce a superare nove esami. I carabinieri ascoltando i colloqui tra il giovane e i suoi professori hanno capito tutto e adesso docenti, assistenti e dipendenti dell`ateneo sono tutti sotto indagine per truffa. Agli atti dell`indagine sono finite intercettazioni come quella del 2 luglio 2008 quando lo studente telefona a un dottore agronomo forestale che collabora con la facoltà e chiede: «Come si chiama l`esame?». «Albericoltura generale e coltivazione alborea», risponde l`agronomo. Il 24 settembre richiama il dottore: «Ascoltami, io vado e mi siedo, se in caso…». L`esame è fissato per il 26 settembre; alle 10.12 di quel giorno il collaboratore della facoltà telefona al ragazzo: «Vieni fuori che ti devo parlare…». Quarantacinque minuti più tardi la prova è superata e Antonio telefona alla zio Domenico che domanda: «Quanto hai preso?». «Trenta! Trenta!». «Alla faccia del cavolo! Meno male! Di che cos`era?». «Di cosa, di agro… agro… Agricoltura».
Neanche Cosenza resta immune. Viene fuori, infatti, che per la figlia del boss Rocco Aquino si fece un esame “straordinario”. Secondo quanto ricostruito nell`indagine “Falsa politica”, si fece in modo con l`aiuto di un docente dell`Unical che la figlia di Aquino sostenesse un esame pro forma con gli assistenti, «con l`accordo che, se la cosa fosse emersa, si sarebbe spiegato tutto sostenendo che si era trattato di un esame straordinario per ragioni di salute». È Aquino in persona a fornire le ultime indicazioni a sua figlia («vai a bussare che c`è l`assistente e gli spieghi chi sei e chi non sei»). Tutto funziona alla perfezione. Alle 15,31 (l`appuntamento era alle 15,30, ndr) la figlia chiama Aquino e gli dà la buona notizia: ha preso 30 e il boss come un qualsiasi padre risponde «ah… brava!».