Pd diviso tra voglia di nuovo e tranquillità
Il rischio o la tranquillità. Sembra questo il dubbio dialettico che stringe in Calabria il Pd, chiamato a scegliere da un lato la sicurezza rappresentata da Bersani, oppure il nuovo, per definizion…

Il rischio o la tranquillità. Sembra questo il dubbio dialettico che stringe in Calabria il Pd, chiamato a scegliere da un lato la sicurezza rappresentata da Bersani, oppure il nuovo, per definizione sempre rischioso, che viene con Renzi. Zona Dem prova ad avviare un dibattito e chiama a Cosenza quattro democratici, età diverse, storie somiglianti, posizioni separate. Mimmo Bevacqua, vice presidente della Provincia di Cosenza, sostenitore aperto di Bersani, assieme a Giovanni Russo giovane democratico di Vibo, dall’altra Ernesto Magorno, sindaco di Diamante e Demetrio Naccari Carlizzi, schierati sul fronte del rinnovamento radicale del partito. Tuttavia nessuna scintilla tra i quattro, anzi spesso una unanimità su alcune valutazioni, come un condiviso “mai più” alla replica di quanto accaduto a Capo Suvero nel 2010, quando fu decisa la ricandidatura di Loiero, dopo che parte del partito si era speso per delegittimarlo.
Per il resto le differenze ci sono ed emergono. Per esempio, appunto sul rischio del nuovo. Magorno da questo punto di vista non esita a scommettere sul giovane Renzi, anche perché a suo parere “non è che ci sia molto altro da rischiare”. La situazione della Calabria e del partito, al sindaco di Diamante appaiono infatti abbastanza gravemente compromesse, dunque nessun indugio alla necessità di “cambiare radicalmente classe dirigente, quella che ha governato la Regione e il partito da sempre”. Un punto di vista del tutto condiviso da Naccari, per il quale le primarie restano una sorta di via imprescindibile, ma fatte con rigore e regole, altrimenti lo spettro di Capo Suvero non verrà mai esorcizzato e tornerà a tormentare i sonni del Pd ancora a lungo. Di qui la ne
cessità di “incoraggiare la partecipazione dei soggetti esterni al partito, altrimenti resta alto il rischio di nuove piccole furbizie”, spiega Naccari. A sorpresa dentro la sala rendese dove si svolgeva il dibattito, fa irruzione la figura, geograficamente lontana, di Laura Puppato, l’out sider delle primarie democratiche. La sua definizione di Bersani come competente e di Renzi come forza energica, seduce i democratici calabresi, che si dividono su questi aggettivi. Ma dietro l’angolo resta in agguato la condizione commissariale in cui versa il Pd da due anni e mezzo, e Bruno Gemelli nello stimolare la discussione butta nel piatto la questione. Ha facile gioco Giovanni Russo, che dalla sua Vibo può vantare lo svolgimento di oltre l’ottanta per cento dei congressi di circolo. “Lo sforzo è quello di far partecipare la base – spiega il giovane democratico – partendo dai piccoli circoli, dove si dà voce ai militanti”. Ma per Russo l’obiettivo è quello di superare il dualismo Bersani – Renzi, evitare lo scontro generazionale, anche perché i giovani del Pd in Calabria sono presenti”. Il pensiero va ai tre eletti nel consiglio comunale di Reggio, a Salvatore Scalzo e al citato Marco Ambrogio di Cosenza. E dopo la questione delle primarie, ecco giungere il nodo irrisolto del congresso. “ Non è stato celebrato perché a Roma si è deciso così”, spiega Naccari, ponendo l’atro annoso problema, quello di un partito troppo spesso eterodiretto. A questo punto non sfugge alla critica il commissario D’Attorre, che avendo bloccato i congressi, ha messo in affanno un partito già piegato. “Se non celebriamo i congressi – chiarisce Naccari – regaliamo a Scopelliti la possibilità di affermare che se non siano in grado di governare noi stessi, non saremo in grado di governare la Calabria”.
Il macigno del rinnovamento della classe dirigente del partito torna a pesare sul dibattito, ed è Bevacqua a dire a muso duro che “se non siamo stati capaci in questo partito, di andare oltre Adamo e Bova è stato per una debolezza e per l’incapacità di fare rete tra noi”. Per il vice presidente della Provincia di Cosenza,un primo risultato potrebbe venire dall’adozione di poche semplici passi, partendo dal rifiuto di questa legge elettorale, passando per il respingere candidature calabresi maturate a Roma, giungendo infine ad abolire ogni deroga ai mandati a alle ricandidature. Sul finire dell’incontro si materializza il dubbio che il gruppo regionale del partito non abbia brillato fin qui in termini di opposizione a Scopelliti. E’ il segno di un trasversalismo che i democratici non possono eludere. L’ultimo colpo viene da Magorno, che com una stoccata rammenta a tutti i presenti che da Marco Minniti non possono giungere lezioni, visto che a Capo Suvero c’era pure lui.