CATTURA CONDELLO | L`arresto di "Micu u pacciu" chiude la guerra di `ndrangheta
REGGIO CALABRIA La seconda guerra di ‘ndrangheta è finita ieri con l’arresto dell’ultimo superlatitante, Domenico Condello, uno dei principali protagonisti di quella stagione che insanguinò le strade…

REGGIO CALABRIA La seconda guerra di ‘ndrangheta è finita ieri con l’arresto dell’ultimo superlatitante, Domenico Condello, uno dei principali protagonisti di quella stagione che insanguinò le strade della città per cinque anni. “Micu u pacciu” è stato catturato mentre si trovava in macchina, accompagnato dal suo autista, Roberto Megale, arrestato anche lui per procurata inosservanza di pena. Condello era di ritorno al suo rifugio, un appartamento di contrada Catona, in via San Paolo, a Reggio Calabria, quando è stato bloccato dai militari dell’Arma. Al momento del fermo non ha opposto resistenza e ha subito confermato la sua identità.
Dopo lo scioglimento del Comune di Reggio per contiguità con la ‘ndrangheta, adesso arriva un altro colpo ferale alle organizzazioni criminali della città. Un periodo storico, iniziato nel 1986 con l’attentato a Nino Imerti, viene così definitivamente archiviato. Ora la città dello Stretto può, forse, ripartire da zero.
Condello non è uno ‘ndranghetista qualsiasi. Ricercato da almeno vent’anni, era inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia e nel programma speciale di ricerca riservato a personaggi di elevata caratura criminale. Il covo dove si nascondeva era stato formalmente affittato a Megale. Una normale abitazione, secondo gli investigatori, all’interno della quale sono stati trovati alcuni pizzini, che saranno sono al vaglio degli specialisti, e una pistola con matricola abrasa. Sono in corso ulteriori accertamenti, ma sembra che i proprietari dell’appartamento fossero all’oscuro circa la reale identità del loro locatario.
Un boss di primo livello, Condello, al quale fu affibbiato l’appellativo di “U pacciu”, il pazzo, proprio per la sua propensione all’azione. Che, in questo caso, comporta una naturale propensione a usare le armi. Secondo le ultime risultanze investigative, sarebbe stato proprio Condello a uccidere Paolo De Stefano, il boss dei boss, all’indomani dell’autobomba scoppiata in via Riviera a Villa San Giovanni, il cui obiettivo era Antonino Imerti, detto “Nano feroce”. Sono stati anni terribili, quelli, contrassegnati dalla faida tra due cartelli ben distinti: da una parte gli Imerti-Condello, dall’altra i De Stefano-Tegano-Libri. Una guerra in cui “U pacciu” ha avuto un ruolo di primo piano, nonostante fosse sottoposto agli ordini del cugino Pasquale Condello, il mammasantissima che per via del suo potere fu ben presto soprannominato “il Supremo”.
Dopo la cattura di quest’ultimo, avvenuta nel 2008, fu proprio Domenico Condello a occupare il posto del cugino e a prendere le redini della potente cosca reggina. Il suo arresto, secondo gli inquirenti, avrà delle immediate ricadute sull’assetto organizzativo delle famiglie di ‘ndrangheta della città.
A portare a termine l’operazione sono stati i carabinieri del Comando provinciale, del Ros e dello squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, in seguito a una serrata attività tecnica e di prolungati appostamenti. Il via libera è arrivato nel momento in cui Condello era più vulnerabile. Solo Megale ha tentato una breve fuga, ma è stato subito bloccato dai militari dell’Arma.
Il boss 56enne deve scontare l’ergastolo per omicidio, associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, rapina e armi. Era anche ricercato in campo internazionale per l’arresto ai fini dell’estradizione. Dopo l’arresto del “Supremo”, Condello aveva assunto la guida dell’organizzazione criminale, dirigendone gli affari relativi al traffico di droga, alle infiltrazioni negli appalti e al controllo delle estorsioni.
Era il 10 ottobre 1985 quando una Fiat 500 imbottita di esplosivo esplose in via Riviera a Villa San Giovanni. L’ordigno doveva uccidere Nino Imerti, ma provocò invece la morte delle sue guardie del corpo: Umberto Spinelli e Vincenzo e Angelo Palermo. Nell’attentato rimase ferito anche Natale Buda, autista del boss di Fiumara. Dopo soli tre giorni, nel quartiere Archi di Reggio, cade sotto i colpi dei suoi sicari Paolo De Stefano, assieme al picciotto Antonino Pellicanò. I due stavano viaggiando a bordo di una moto. I due episodi segnano la frattura tra i sodalizi mafiosi un tempo alleati. È la morte di De Stefano a segnare l’inizio della carriera criminale di Condello, che subito dopo verrà raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per duplice omicidio. Le ultime operazioni “Meta”, “Lancio” e “Reggio Nord” hanno accertato invece le nuove «sinergie criminali» instauratesi tra i vari cartelli criminali reggini, al fine di perseguire obiettivi illeciti condivisi. In particolare, è stata l’indagine “Lancio” del marzo 2012 a permettere di ricostruire la rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza di Domenico Condello. La cattura del boss, secondo gli inquirenti, ha bloccato la sua ascesa criminale, ormai protesa anche al di fuori dei confini locali e inciderà in maniera significativa nelle dinamiche evolutive della ‘ndrangheta reggina.
«La cattura di Condello è un altro successo dello Stato – ha detto il procuratore capo facente funzioni Ottavio Sferlazza –. Con la loro opera i carabinieri hanno ridato dignità alle istituzioni, mai come oggi vulnerate dagli scandali». Soddisfazione per il risultato raggiunto è stata espressa anche dal generale Mario Parente, capo del Ros: «Questo arresto è frutto di indagini accurate su una cosca che ha caratterizzato la storia di Reggio».