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Le amicizie politiche della cosca De Stefano

REGGIO CALABRIA «Sapevo che la cosca De Stefano era tra le più potenti in termini di amicizie politiche. Giorgio De Stefano era in grado di interagire con politici e professionisti. C`è stata un`occa…

Pubblicato il: 13/11/2012 – 19:54
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Le amicizie politiche della cosca De Stefano

REGGIO CALABRIA «Sapevo che la cosca De Stefano era tra le più potenti in termini di amicizie politiche. Giorgio De Stefano era in grado di interagire con politici e professionisti. C`è stata un`occasione in cui ho saputo di contatti di una persona politica con Peppe De Stefano. Me lo disse mio cugino Nino Lo Giudice». Non fa nomi il collaboratore di giustizia Consolato Villani come più volte gli ha chiesto il pubblico ministero Giuseppe Lombardo. È iniziato ieri il controesame del pentito nel processo “Meta” che si sta celebrando davanti al Tribunale di Reggio Calabria, presieduto dal giudice Silvana Grasso. Dopo aver spiegato la figura del boss Cosimo Alvaro («Era di casa a Reggio») e aver accennato agli interessi dell`esponente mafioso di Sinopoli («aveva il monopolio delle case di cura»), Consolato Villani è tornato a parlare di `ndrangheta “cattiva” rappresentata dai boss Pasquale Condello, Giovanni Tegano, Peppe De Stefano e Mico Libri. Rispondendo alle domande degli avvocati Giuseppe Putortì, Giacomo Iaria, Marco Panella e Carmine Ielo, il collaboratore di giustizia ha riferito circa la possibilità che aveva la cosca Lo Giudice di avere informazioni riservate relative a indagini e operazioni operazioni antimafia a Reggio Calabria. «Come è avvenuto quando hanno arrestato i Serraino, l`ho saputo da Nino Lo Giudice – ha affermato Villani –. Non so da chi l`ha saputo. Mi avvertiva che non dovevamo dormire a casa. Sapevamo quando le operazioni le faceva la polizia e quando le facevano i carabinieri. Non ho mai avuto, invece, atti giudiziari segretati se non i verbali del pentito Maurizio Lo Giudice che ce li aveva fatti avere l`avvocato Gatto». Villani ha parlato anche delle altre cosche reggine: «La carica più importante che conosco è quella di “capo crimine”. Non mi è stato riferito chi aveva questa carica. Sapevo che sopra tutti c`era Pasquale Condello che era molto deciso e concreto: se una persona sbagliava gli faceva pagare quello che doveva. Mentre Giovanni Tegano tendeva a mettere la pace. Condello era ritenuto il più pericoloso. Sapevo che Giuseppe De Stefano stava scalando la gerarchia: è stato sempre ritenuto un capo cosca, un personaggio di spicco nell`ambito della `ndrangheta di Reggio». «Per quanto riguarda il prestigio – aggiunge –, Peppe De Stefano ne deve fare di strada per arrivare a Pasquale Condello e Giovanni Tegano. Come valore e posizione in seno alla `ndrangheta, invece, sono uguali». A proposito della cosca di Archi, per la seconda volta il collaboratore Villani punta il dito contro il figlio di don Paolino per l`omicidio di Mario Audino, il boss di San Giovannello ucciso nel suo regno nel 2003. «A detta di Nino Lo Giudice, è stato ucciso da Peppe De Stefano. Non so perché ma so che c`era qualcosa che non andava tra i De Stefano e i Tegano a San Giovannello, lo stesso quartiere dove poi effettivamente Pasquale Tegano e Peppe De Stefano sono stati arrestati». Al termine dell`udienza, Villani si è soffermato su quella che lui definisce la «strategia raffinata» adottata da Nino Lo Giudice dopo l`arresto del fratello Luciano e dopo il sequestro dei beni di famiglia. Il riferimento è all`ordigno che ha fatto saltare in aria il bar di viale Aldo Moro («Lo ha fatto saltare lo stesso Lo Giudice») e, soprattutto le bombe alla Procura generale e al magistrato Salvatore Di Landro: «Visto che non si era riusciti a tirare fuori dal carcere suo fratello, Nino ha pensato: “Devo fare in modo che la città si distrugga. O le cosche si ammazzano tra di loro o li arrestano a tutti”».

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