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Processo "Agathos", il testimone non convince

REGGIO CALABRIA Testimoniare è una cosa seria: lo deve aver capito Antonio Dimo fondatore e titolare della cooperativa “New Labour”, del consorzio “Kalòs”, che si era aggiudicata la pulizia delle car…

Pubblicato il: 21/11/2012 – 16:19
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Processo "Agathos", il testimone non convince

REGGIO CALABRIA Testimoniare è una cosa seria: lo deve aver capito Antonio Dimo fondatore e titolare della cooperativa “New Labour”, del consorzio “Kalòs”, che si era aggiudicata la pulizia delle carrozze alla stazione reggina e secondo gli inquirenti per anni avrebbe foraggiato con ventimila euro al mese di tangenti il clan Tegano. Ascoltato oggi come testimone delle difese al processo “Agathos”, a causa delle risposte reticenti – quando non in plateale contraddizione con due anni di telefonate intercettate – Dimo ha definitivamente fatto saltare i nervi al sostituto procuratore, Giuseppe Lombardo che ha chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza. Per il pm che ha curato la lunga indagine tesa ad acclarare la presenza della cosca Tegano  all`interno degli appalti ferroviari, la storia che Dimo – ufficialmente parte lesa – ha raccontato, sarebbe troppo lontana da quella realtà che inquirenti e investigatori hanno ricostruito in due lunghi anni di inchiesta, grazie anche alla viva voce dell`imprenditore, le cui conversazioni sono state ascoltate, registrate e analizzate. «Pagavo le tangenti a Roberto Moio e a un altro ragazzo, Giancarlo Siciliano, l`importo era variabile 8,10 -11mila euro, quello che riuscivo a raccogliere», ha sostenuto oggi Dimo in aula, nonostante anche su un bloc notes sequestrato all`epoca dagli inquirenti la contabilità delle estorsioni fosse tutt`altra. «Mia moglie Gaetana Mazzocca – ha detto l`imprenditore, incalzato dalle domande del procuratore che gli ha più volte ricordato l`esistenza di centinaia di intercettazioni a riscontro delle vicende su cui oggi ha riferito  – gestiva la cassa e predisponeva le somme per i Tegano». Un`affermazione che ha portato Lombardo a chiedere che la donna venisse ascoltata anche in aula, ma che il Tribunale ha rigettato perché «le circostanze sulle quali la teste dovrebbe riferire emergono in maniera esauriente dall`istruttoria».  
«Della cosca Tegano avevo rapporti con Moio, con Siciliano ma anche – ha ammesso Dimo dopo un`iniziale ritrosia – anche con il sindacalista Barillà, Michele Crudo, Carmine Polimeni. Con loro non ho mai avuto rapporti telefonici ma con loro ero in contatto tramite Siciliano. Con Crudo e Polimeni si discuteva dell`andamento delle ferrovie, di come si comportassero i dipendenti e ricevevo da loro richieste di denaro». Una situazione che Dimo ha tentato di giustificare sostenendo «io mi sono trovato in una situazione in cui c`erano già personaggi messi da loro all`interno delle ferrovie, ma quando mi sono occupato io dell`azienda non ci sono state assunzioni o licenziamenti su richiesta. Io ho ereditato quella situazione da un cambio appalto, che vincola a mantenere le maestranze nelle medesime mansioni». Eppure, ci ha tenuto a sottolineare l`imprenditore  «pagavo una tangente ma non consentivo a questa gente di amministrare e gestire l`azienda».  
Un`affermazione che per il sostituto Lombardo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: terminato il controesame del teste, ha chiesto al tribunale la trasmissione degli atti in Procura.
A conclusione dell`udienza, il Tribunale ha anche rigettato la richiesta dell`avvocato Francesco Calabrese, che aveva chiesto che venissero sentiti come testimoni anche gli ispettori Astuto e Nicolosi della Questura di Reggio Calabria per verificare quanto riferito nelle precedenti udienze dal collaboratore Roberto Moio. Nipote acquisito di Giovanni Tegano, oggi pentito, Moio ha sostenuto che già dal 2004 avrebbe cercato di mettere gli investigatori sulle tracce del boss latitante. Una circostanza che – a detta del legale – sarebbe stato importante verificare per avere un riscontro sull`attendibilità del collaboratore. Non è stato dello stesso avviso il Tribunale, per il quale «nulla aggiungerebbe di decisivo in relazione all`intraneità del Moio alla cosca Tegano».

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