«Trasformare Reggio in un palazzo di vetro»
REGGIO CALABRIA Reggio Calabria trasformata in un palazzo di vetro, messa a nudo in tutte le sue difficoltà, non per spargere sale sulle ferite, ma come operazione verità necessaria per ripartire. È…

REGGIO CALABRIA Reggio Calabria trasformata in un palazzo di vetro, messa a nudo in tutte le sue difficoltà, non per spargere sale sulle ferite, ma come operazione verità necessaria per ripartire. È questo il significato del convegno “Il palazzo di vetro” che il Siap – Sindacato italiano appartenenti alla polizia – in collaborazione con l`associazione Ethos, ha voluto convocare oggi a Reggio Calabria, al termine del suo congresso provinciale. Ospiti di questo edificio tutto da costruire, esponenti del mondo sindacale come il segretario nazionale Siap, Giuseppe Tiani, e quello provinciale del Sappe, Massimo Musarella, ma anche esponenti della magistratura reggina come il sostituto procuratore, Giuseppe Lombardo, e parlamentari calabresi come Angela Napoli e Marco Minniti, che spesso dai banchi del Parlamento hanno denunciato quanto stesse avvenendo a Reggio Calabria.
Una città – è stato spiegato in apertura – che vive un momento storico straordinario e per questo necessita di riflessioni straordinarie. Riflessioni che hanno provato a fare gli ospiti del neosegretario provinciale Siap, Giuseppe Musarella, coordinate dal giornalista del Quotidiano della Calabria e di Repubblica, Giuseppe Baldessarro, a partire dalla richiesta – urgente – di trasparenza che arriva, a detta del sindacato degli agenti, da una società ancora tramortita dallo scioglimento e terrorizzata dalle conseguenze che decenni di mala gestione hanno lasciato e oggi i cittadini rischiano di dover pagare.
«Il problema – ha sottolineato Musarella nel corso del suo intervento – non è semplicemente di legalità, ma di natura etica. Siamo in una situazione in cui non sono più sufficienti le pacche sulle spalle e l`indignazione. È necessario l`esempio». Un esempio che – spiega il neosegretario reggino del Siap a margine del convegno – deve necessariamente investire anche la Questura, troppo spesso nell`ultimo periodo lambìta da episodi che «ne hanno messo in ombra il lavoro quotidiano». «In questo momento – spiega Musarella – abbiamo un primo dirigente rinviato a giudizio e che sta affrontando un processo. Io sono assolutamente garantista quindi per me è innocente fino alla condanna, ma il coinvolgimento di uomini della polizia nelle inchieste è una cosa che fa rabbia».
Il riferimento è al dirigente della Questura Militello, rinviato a giudizio perché accusato di aver omesso di denunciare in Procura le irregolarità riscontrate durante un controllo al bar Peccati di gola, dell`allora incensurato Luciano Lo Giudice. Ma quella che coinvolge Militello è solo una delle ombre che si sono addensate sulla Questura reggina. Pesano i rapporti che l`ex presidente del consiglio comunale e poliziotto in aspettativa, Seby Vecchio, intratteneva con il boss don Mico Serraino, la cui presenza al funerale del vecchio boss non solo è stata registrata dagli uomini dell`Arma che monitoravano chi fosse andato a rendere omaggio all`anziano capoclan, ma è andata anche a pesare nella relazione della commissione d`accesso che ha portato allo scioglimento. Non è solo una questione di legalità, secondo Musarella, ma di opportunità.
Ed è sempre sul filo dell`autocritica nei confronti della propria categoria che si muove l`intervento della senatrice Angela Napoli, fresca di addio al Fli. Per lei – spiega – non è concepibile che il partito che ha contribuito fondare in polemica proprio con quel Pdl che faceva da ombrello a «personaggi inquisiti e rinviati a giudizio come l`ex sindaco di Reggio Calabria, oggi governatore, come a quei consiglieri comunali di Reggio di cui la commissione d`accesso parla approfonditamente o quei consiglieri regionali arrestati e in un caso già condannati in primo grado».
Un gesto forte che vuole lanciare un messaggio ancora più forte: basta con il principio della delega: «Non possiamo pensare di continuare a delegare solo alla magistratura o alle forze di polizia la lotta alla ndrangheta e alla corruzione. La società civile deve mettersi in gioco».
E non fare sconti, strappandosi da occhi, orecchie e bocca quegli stracci che per troppo tempo le hanno impedito di sentire, parlare e intervenire nella vita pubblica. Alla politica spetta il compito di fornire alla società civile gli strumenti migliori per farlo. «Io mi sono battuta e continuerò a farlo – ha detto la Napoli – perché nel ddl anticorruzione fosse inserita una proposta che Ethos fa da tempo: l`istituzione obbligatoria del bilancio partecipato degli enti pubblici. Se ci fosse stato, i cittadini di Reggio Calabria non avrebbero appreso oggi del dissesto».
Altrettanto forte è il richiamo che alla politica fa Marco Minniti, ex sottosegretario del ministero dell`Interno e parlamentare Pd per il quale «è necessaria una grande operazione di trasparenza che riguarda tutto il Paese e tutti i settori del Paese».
A partire da un presupposto: la `ndrangheta non è una mera organizzazione criminale ma trova la sua vera forza nella capacità di infiltrarsi nell`amministrazione e nella politica. «Se si vuole dare il colpo fondamentale alla ndrangheta è necessario spezzare il rapporto fra ndrangheta e politica».
Ma a Reggio, prima città capoluogo sciolta per mafia, la battaglia per la legalità non passa solo per la repressione. In riva allo Stretto, per il parlamentare Pd lo Stato ha un`occasione fondamentale: «Mostrare che la lotta alla ndrangheta equivale a liberarsi dai vincoli, per questo la medesima nettezza utilizzata per lo scioglimento del Comune deve essere utilizzata per evitare al Comune la bancarotta. Il deficit non può ricadere sulle spalle dei reggini».
Parole apprezzate dalla platea, quelle di Minniti e della Napoli, ma è l`intervento del sostituto procuratore Giuseppe Lombardo che chiude la giornata quello che la platea accoglie con un tifo quasi da stadio. Lombardo – che si autodefinisce un «sindacalista della giustizia» – è un uomo che ha scelto. Ha scelto di tornare in Calabria a fare il pm. Ha scelto di fare una vita che implica sacrifici. Quello su cui non può avere scelta è l`obbligatorietà dell`azione penale. «Il palazzo di vetro per eccellenza per i guardiani della legge – spiega il pm che con le sue inchieste ha inferto duri colpi alla `ndrangheta reggina – è la Costituzione e la porta per noi è l`articolo 112 che prevede l`obbligatorietà dell`azione penale». Per i magistrati «pubblici ufficiali in servizio permanente effettivo» questo significa che le indagini vanno fatte tutte. E fino in fondo. «Fare indagini nel rispetto dei principi costituzionali vuol dire anche fare indagini sui politici». E per Lombardo questa non è una facoltà ma un obbligo. Perché questo la Costituzione prevede. Ma anche perché «una verità parziale in Calabria è una verità negata».