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`NDRINE A VENTIMIGLIA | I rapporti tra Marcianò e gli uomini in divisa

«In Liguria, come in genere in tutto il nord Italia, la `ndrangheta pare aver preferito operare in modo apparentemente lecito sviluppando interessi in attività economiche legali (soprattutto nel camp…

Pubblicato il: 03/12/2012 – 20:52
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`NDRINE A VENTIMIGLIA | I rapporti tra Marcianò e gli uomini in divisa

«In Liguria, come in genere in tutto il nord Italia, la `ndrangheta pare aver preferito operare in modo apparentemente lecito sviluppando interessi in attività economiche legali (soprattutto nel campo dell`edilizia, ivi compresi i settori del movimento terra, della guardiania e dello smaltimento dei rifiuti) controllate attraverso una fitta rete di partecipazioni societarie e una spregiudicata pressione usuraria su operatori economici locali, funzionale all`acquisizione dell`esercizio delle imprese in crisi». È quanto scrive il gip di Genova, Massimo Cusatti, nell`ordinanza di custodia cautelare in carcere che stamattina è stata eseguita dai carabinieri a Ventimiglia. In manette sono finiti gli esponenti della famiglia Marcianò legata alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Si tratta del boss Giuseppe Marcianò di 79 anni, il figlio (di 35 anni) e il nipote (di 64 anni) omonimi Vincenzo Marcianò, Omar Allavena, Giuseppe Gallotta, Annunziato Roldi, Federico Paraschiva, Salvatore Trinchera, Giuseppe Cosentino, Filippo Spirlì, Rosario Ambesi, Maurizio e Roberto Pellegrino. È stato concesso, infine, il beneficio degli arresti domiciliari ad Antonino Palamara e Giuseppe Scarfò. «La tesi accusatoria – scrive sempre il gip – è che il fenomeno della `ndrangheta abbia potuto radicarsi subdolamente in Liguria per l`assenza di eclatanti fatti di sangue, in maniera tale da non poter suscitare particolarmente attenzione da parte dei mass media e soprattutto delle forze dell`ordine».
Un intero capitolo dell`ordinanza di custodia cautelare è dedicato ai rapporti tra i Marcianò e gli uomini delle istituzioni. Non solo politici. Ma anche poliziotti e finanzieri. «Da svariate conversazioni – si legge – emergono espliciti riferimenti alla “vicinanza” al gruppo di un appartenente alle forze dell`ordine, tale “Palermo”, con il quale sarebbero avvenuti degli incontri e che avrebbe fornito informazioni sulle indagini in corso. L`uomo è stato identificato nell`ispettore della polizia di stato Salvatore Palermo, in forza alla polizia di frontiera di Ventimiglia». «Guarda che quello si faceva radiare». «Per mio padre si buttava nel fuoco». «Palermo, se è quello di Ventimiglia, si comporta non bene…benissimo…, sempre come si deve nei nostri confronti…». Sono solo alcune delle frasi pronunciate dal nipote del boss, Vincenzo Marcianò, e intercettate dai carabinieri e finite nel fascicolo della Dda di Genova. Ed è proprio il capocosca Giuseppe Marcianò, in una conversazione, a spiegare quanto l`ispettore Palermo è stato disponibile con la sua famiglia: «Se non mi dice, facevo vent`anni (di carcere, ndr), quello… Palermo… mi dice tutto, mi dice tutto!». Ma la famiglia mafiosa, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, aveva agganci anche nella compagnia locale delle fiamme gialle: «Oltre che sull`ispettore Palermo, i Marcianò mostrano di poter contare anche sulla disponibilità di Luigi Nilo, in servizio alla compagnia della guardia di finanza di Ventimiglia: stavolta, però, non per una deprecabile scelta del campo avverso da parte di un rappresentante delle forze dell`ordine, bensì in forza di affectio familiaris, atteso che Nilo è il genero di Marcianò Vincenzo (classe 1948) in quanto ne ha sposato la figlia Francesca».

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