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Processo Fallara, il "modello Reggio" alla sbarra

REGGIO CALABRIA È il pubblico delle grande occasioni quello che affolla l`aula 12 del Cedir, dove questa mattina è entrato nel vivo il processo sul cosiddetto “Caso Fallara”, il procedimento che pren…

Pubblicato il: 17/12/2012 – 18:55
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Processo Fallara, il "modello Reggio" alla sbarra

REGGIO CALABRIA È il pubblico delle grande occasioni quello che affolla l`aula 12 del Cedir, dove questa mattina è entrato nel vivo il processo sul cosiddetto “Caso Fallara”, il procedimento che prende il nome della dirigente del settore Bilancio del Comune di Reggio Calabria morta suicida oltre un anno e mezzo fa, lasciando dietro di sé una voragine nei conti comunali dai contorni ancora non definiti.
E proprio la donna che con la sua morte ha lasciato dietro di sé dubbi, domande e misteri – primo fra tutti quello sulla reale entità del cratere di bilancio, ancora in via di quantificazione – è stata oggi la grande imputata del processo che vede alla sbarra il presidente della Regione Calabria ed ex sindaco di Reggio, Giuseppe Scopelliti, accusato di falso in atto pubblico e abuso d`ufficio, e i tre revisori dei conti, Carmelo Stracuzzi, Domenico D`Amico e Ruggero Alessandro De Medici, cui viene contestato il solo falso.

ALLA SBARRA IL MODELLO REGGIO Ma è lo stesso modello Reggio e l`allegra gestione delle finanze che lo ha per quasi un decennio foraggiato a essere stato inchiodato oggi sul banco degli imputati, passato a raggi x da quei tre periti che – su incarico della Procura – hanno cercato di rintracciare il bandolo della matassa nella giungla amministrativa comunale. Un labirinto intricato da un`infinita gamma di artifici contabili che hanno fatto sì che, fino al 2009, il Comune di Reggio Calabria potesse presentare un bilancio formalmente in positivo, nonostante fossero numerosi i campanelli d`allarme che denunciavano una situazione totalmente diversa.
Le continue anticipazioni di cassa passate dai 27 milioni del 2006 ai 40 del 2010, a fronte di una contestuale diminuzione del pagamento dei fornitori, il mancato versamento dei contributi  previdenziali, il ritardo nei pagamenti di stipendi e spettanze, hanno spiegato oggi i tre ispettori Vito Tatò, Roberto Rizzi e Giovanni Logoteto, avrebbero dovuto far scattare l`allarme. Ma questo non è mai successo.

LA FALLARA NON POTEVA AVERE QUELL`INCARICO Del resto, a capo dell`intero sistema c`era una dirigente, la cui stessa nomina sfugge a qualsiasi principio di governo della pubblica amministrazione. In base all`obbligo di selezione del personale che vuole che la Pa si doti dei migliori professionisti su piazza, per l`incarico avrebbe dovuto esserci un bando pubblico. E invece no. Ad Orsola Fallara il posto di dirigente del settore Bilancio viene assegnato con delibera di giunta del 2001, su indicazione del sindaco Giuseppe Scopelliti. Ma non è l`unica anomalia. Di norma, tali incarichi hanno una durata di cinque anni, vengono “agganciati” dall`organo amministrativo competente – in questo caso la Giunta – alla fine della legislatura. A Reggio Calabria, questo non è successo. Dal 2002 al 2010, Orsola Fallara sarà la detentrice unica delle chiavi delle casse comunali. E l`incarico le verrà rinnovato – sottolineano in aula i tre periti – «per ben undici volte».
E queste non sono le uniche anomalie. Pur ammettendo – e questo sarebbe ancora da accertare – che all`epoca fra il personale del Comune non ci fosse nessuno in grado di assolvere alla funzione di dirigente del settore Bilancio, rendendo dunque necessario ricorrere a un esterno, la Fallara – affermano gli ispettori –  non avrebbe avuto neanche i requisiti per accedere a quell`incarico. Era sì  regolarmente iscritta all`albo dei revisori dei conti, ma non poteva vantare alcuna esperienza di funzioni dirigenziali di un ente pubblico, condizione – genericamente definita “esperienza nel ruolo” – fondamentale nei concorsi pubblici. Ma lei non ha dovuto affrontare alcuna selezione. La sua è stata una miratissima nomina.

«UN BILANCIO PESANTEMENTE ALTERATO» Sono sempre i periti a dare il quadro impietoso di cosa sia successo al Comune di Reggio Calabria quando c`era Orsola Fallara a dirigere il settore bilancio. «Le modalità di alterazione dei bilanci riscontrate non sono state eseguite neanche in maniera professionale – ha detto seccamente uno dei tre periti oggi in aula – Il comportamento del responsabile del settore finanziario non è neanche particolarmente abile, è semplicemente un soggetto che ha operato in totale spregio delle regole contabili». Il meccanismo era a suo modo semplice e si basava su tutta una serie di palesi irregolarità che hanno permesso per anni di spendere e spandere, assumere, contrarre mutui, pagare consulenze e progettazioni. E accumulare debiti su debiti, mascherati aggirando il patto di stabilità.
Anche grazie alla spudorata alterazione dei residui attivi e passivi che insieme al fondo cassa vanno a formare l`avanzo o il disavanzo di bilancio a chiusura d`anno, e che possono essere iscritte come tesoretto per l`anno successivo. In caso contrario, recita la norma ricordata oggi in aula dai commissari, «il bilancio di previsione dell`esercizio successivo deve essere redatto tenendo conto della necessità di ripianare tale disavanzo» con conseguenti impopolari provvedimenti come l`aumento dei tributi o il taglio di finanziamenti e servizi.
A Reggio c`era un modo tutto particolare di “pesare” i residui: per il 2008, hanno riferito oggi i tre periti, manca proprio la determina del settore finanziario che stabilisce quali siano i residui attivi e «già questo – sottolinea Tatò – è un vulnus gravissimo all`intera procedura». Per il 2009 gli atti ci sono, ma al pari dell`anno precedente non c`è alcun documento che indichi per quale motivazione una certa cifra debba essere iscritta come attivo o passivo. E poi ci sono le spudorate alterazioni.
Ad esempio, nel caso della Reges, le somme che la società – partecipata  dal Comune – tratteneva come compenso per il servizio di riscossione tributi, a Palazzo San Giorgio venivano contabilizzate nei conti consuntivi come crediti ancora da riscuotere. O ancora, era in quegli anni procedura standard mettere a bilancio risorse insufficienti per coprire i costi fissi di società come la Multiservizi, la Leonia, Acquereggine, ma anche il Commissario delegato per l`emergenza rifiuti, che puntualmente, molti mesi prima che l`anno contabile scadesse, si ritrovavano senza un euro in cassa per pagare mezzi e maestranze. Quando gli operai inferociti si presentavano sotto Palazzo San Giorgio a manifestare, ci si stringeva nelle spalle e si tentava di racimolare il contentino che permettesse loro di arrivare fino a gennaio.
Anno nuovo, bilancio nuovo. «È impensabile che al Comune non conoscessero i costi di gestione delle proprie partecipate», hanno sottolineato i periti. Erano alterazioni consapevoli. Vere e proprie alchimie contabili che rendevano carta straccia i documenti ufficiali del Comune. Anche se formalmente inappuntabili. E questa era la cosa fondamentale. Perché il bilancio è un documento vincolante, sottoposto – almeno in teoria – al ferreo controllo del consiglio comunale, esclusa quella parte definita “servizi conto terzi”, che formalmente servirebbe a gestire le somme che il Comune riceve da enti terzi e destina ad altri soggetti. È il regno delle partite di giro che grazie anche a norme come l`articolo 40 del regolamento comunale può subire variazioni e rimodulazioni con sola disposizione del sindaco, controfirmata dal responsabile delle finanze e dal segretario comunale.

DA RTL ALLA SACRESTIA Un grimaldello che ha fatto sì che nei “servizi conto terzi” a Reggio Calabria ci finisse di tutto. Dai mandati di pagamento per incarichi e consulenze esterne, di cui la stessa Fallara ha beneficiato per 795mila euro e in alcuni casi avevano anche un preciso codice identificativo – 10.000 – che rimandava a pratiche inesistenti, ai 252mila euro versati a Rtl, passando per le milionarie bollette dell`Enel e i generosi finanziamenti a istituti religiosi di ogni ordine e grado, che passavano dalla scrivania del sindaco Scopelliti a quella della Fallara, quindi alla Ragioneria. «Non sono erogazioni illegittime, ma è illegittimo il modo in cui tali somme sono state erogate», hanno chiarito i periti, che hanno ricostruito a ritroso il tragitto di questi desiderata, planati sulla scrivania di Scopelliti che, stando alla ricostruzione, autorizzava i pagamenti tramite la Fallara. «È stato trovato un faldone relativo al 2006-2007 con richieste di finanziamento da parte di istituti religiosi. In alcuni casi c`è la lettera di trasmissione alla Ragioneria, in altri abbiamo trovato solo degli appunti manoscritti con cifre e la sigla o la firma del sindaco, che autorizzano i pagamenti». E doveva sentirsi generoso in quell`epoca, l`allora primo cittadino, se è vero quanto raccontato oggi in aula dagli ispettori: in alcuni casi la cifra elargita era anche superiore a quanto richiesto.
Ma questi non sono che esempi di quelle ormai famose «22 irregolarità palesi» e altre alterazioni che gli ispettori hanno messo nero su bianco nella relazione che ha iniziato a far scricchiolare il “Modello Reggio” e il suo patron Scopelliti.
Una lunga lista di artifici che vanno dall`omessa contabilizzazione dell`esposizione debitoria verso le società miste cresciuta fino a 41 milioni e 728mila euro al «mancato versamento all`erario dall`anno 2007 fino al 2009 (fenomeno proseguito anche nell`anno 2010 ed accertato solo dopo la sospensione della dirigente Fallara) delle somme trattenute al personale dipendente a titolo di Irpef», all`alterazione «dei residui attivi riportati nei conti consuntivi per la presenza di crediti del tutto fittizi relativi all`Ici ordinaria, a somme già riscosse e trattenute dalla Reges e dai maggiori crediti contabilizzati rispetto a quelli in riscossione tramite la Reges». Ancora, dalla «dolosa omissione della determina di riaccertamento prevista dal regolamento di contabilità allo scopo di occultare un disavanzo di amministrazione e giustificare la previsione di entrate fittizie atte a bilanciare spese previste in bilancio altrimenti insostenibili», alla dissimulazione «dell`abnorme ricorso all`anticipazione di tesoreria che veniva imputata nei consuntivi relativi agli anni 2007, 2008, 2009, anziché al Titolo III della spesa (spesa per rimborso di prestiti) al Titolo IV (spese per conto terzi) allo scopo di far fronte al crescente bisogno di liquidità».
Il risultato, in prospettiva, sono sempre gli ispettori in aula a delinearlo. Quando la pm Sara Ombra, che rappresenta la pubblica accusa, chiede loro quali possano essere le conseguenze di un`eventuale dichiarazione di dissesto, Rizzo, Tatò e Logoteto non possono fare altro che essere spietatamente sinceri: «Quella di dissesto è una procedura molto severa. Quando si accertano i presupposti del dissesto è obbligatorio dichiararlo e questo ha delle conseguenze immediate: automaticamente tutti i tributi vengono portati al massimo e c`è una riduzione verticale del personale della pubblica amministrazione proporzionale al numero di abitanti». E la città – ancora una volta – è chiamata a pagare colpe che non ha commesso.

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