A Reggio spunta un nuovo pentito
REGGIO CALABRIA C`è un nuovo collaboratore – e forse anche una nuova indagine – a Reggio Calabria. Di lui si sa ancora poco o nulla, ma Giacomo Toscano presto potrebbe essere chiamato in udienza a te…

REGGIO CALABRIA C`è un nuovo collaboratore – e forse anche una nuova indagine – a Reggio Calabria. Di lui si sa ancora poco o nulla, ma Giacomo Toscano presto potrebbe essere chiamato in udienza a testimoniare nell`ambito del processo “Agathos” contro la cosca Tegano. È quanto ha chiesto oggi il pm Stefano Musolino, sostituito processuale del titolare del fascicolo, il pm Giuseppe Lombardo, comunicando che da domani i verbali degli interrogatori del nuovo pentito saranno a disposizione delle parti. Le sue dichiarazioni, messe a verbale dagli inquirenti nel corso di tre interrogatori che hanno avuto luogo tra novembre e dicembre, sono confluite in un procedimento iscritto a modello 21, dunque ancora in fase di indagine. Stando alle prime indiscrezioni Toscano, un passato di rapine alle spalle, ma divenuto esponente di rango della zona di Santa Caterina – ai magistrati della Dda reggina avrebbe mostrato anche i 5 punti tatuati che denotano il raggiungimento della carica del “Vangelo” – avrebbe confermato quanto già emerso sulla cosca Tegano, ma – sembra suggerire l`apertura di un nuovo fascicolo – avrebbe aggiunto anche nuovi particolari e dettagli. La richiesta avanzata dal pm Musolino – sulla quale il Tribunale si dovrà pronunciare – è giunta al termine dell`udienza durante la quale è stato sentito per la seconda volta il collaboratore Umberto Munaò. Un`esigenza dovuta – almeno ufficialmente – a problemi tecnici: notificare gli avvertimenti di rito ai collaboratori sentiti come persone informate sui fatto o imputati di reato connesso, ma che non ha sbarrato il passo – nel caso di Munaò oggi e di Consolato Villani, prima di lui – a nuove richieste di precisazioni da parte del Tribunale. In collegamento in videoconferenza da una località protetta, avrebbe dovuto esserci oggi anche Antonino Lo Giudice, ma la lombosciatalgia che ha già fatto saltare un paio di udienze nell`ambito di altri procedimenti, ha costretto – per l`ennesima volta – il collaboratore a dare forfait. Il Tribunale e le parti si sono dovuti “accontentare” della testimonianza di Munaò, feroce ex killer della cosca Rosmini, che dal 2001 collabora con i magistrati. «Eravamo un gruppo di fuoco, su usciva, si sparava, basta così», ha detto il collaboratore, parlando del suo passato criminale e dei suoi rapporti con la cosca Rosmini. Sentito in qualità di imputato di reato connesso, Munaò ha sostanzialmente confermato quanto dichiarato nei mesi scorsi. Dopo la seconda guerra di `ndrangheta, il quartiere di Santa Caterina era diviso a metà. C`erano i Rosmini, ma c`era anche Carmelo Murina, reggente dei Tegano, ma «fino a un certo punto, a una certa cifra, poi venivano quegli altri», quelli più grossi di lui. Una decisione stabilita ai vertici – e a lui sarebbe stata riferita in seguito – che aveva delineato in dettaglio i confini del potere nel quartiere della zona nord di Reggio Calabria. Chi per Munaò non c`era a Santa Caterina erano i Lo Giudice, afferma il pentito che a precisa domanda del presidente risponde: «I Lo Giudice non erano niente». Un niente che per Munaò significa che «sapevamo che non erano con noi e non sparavano contro di noi», il che avrebbe portato il clan Lo Giudice a essere tagliato fuori dalla spartizione seguita alla pax mafiosa dei primi anni 90. Certo, in precedenza c`erano stati problemi – “tragedie” per Munaò – fra i Lo Giudice e i Rosmini per il controllo di Santa Caterina, iniziati prima della guerra di `ndrangheta e tracimati in parte nel conflitto, ma poi «si è scoperto che non era vero niente. Nell`88-89 i Lo Giudice stavano per i fatti loro. E anche dopo la guerra non hanno partecipato a nessuna spartizione».