Processo “Epilogo”, parla Cortese
REGGIO CALABRIA «Avete visto che le cose che ho detto corrispondono a verità, avete visto chi è il collaboratore di giustizia Consolato Villani. Io è per questo che chiedo il confronto con lui e anch…

REGGIO CALABRIA «Avete visto che le cose che ho detto corrispondono a verità, avete visto chi è il collaboratore di giustizia Consolato Villani. Io è per questo che chiedo il confronto con lui e anche se i miei avvocati me lo hanno sconsigliato, chiedo la scarcerazione perché è evidentissimo, è emersa al massimo la verità». È sotto l`occhio della telecamera che i suoi legali hanno chiesto e ottenuto che fosse presente in aula, per documentare l`udienza di oggi, che Maurizio Cortese, imputato al processo Epilogo, chiede e ottiene la parola. Ringalluzzito dalla deposizione di Nino Lo Giudice, che non ha perso occasione per scagliarsi contro il cugino Villani, anche lui pentito, Cortese gioca d`anticipo, precedendo i suoi legali nel chiedere alla Presidente e al collegio di aprirgli le porte del carcere. Un`istanza rimodulata dagli avvocati Giacomo Iaria e Luca Cianferoni – tra le proteste dello stesso Cortese che dalla gabbia gridava la sua innocenza – in una richiesta di prosecuzione della custodia cautelare agli arresti domiciliari, ma sulla quale il pm Giuseppe Lombardo non solo si è riservato di produrre un` “articolata” motivazione, ma ha anche chiesto al Tribunale la sospensione dei termini di custodia cautelare per tutti gli imputati. Tanto meno il pm crede sia necessario ascoltare – contrariamente a quanto sostenuto dalle difese – Antonio Cortese e Luciano Lo Giudice, che il fratello di quest`ultimo Nino, ha chiamato in causa nel corso della sua deposizione.
Ma se Luciano viene ricordato solo per un “favore” chiesto a Maurizio Cortese durante la comune detenzione – “recuperare” un credito presso un fornaio della zona di San Sperato – è per l`attentato alla Procura Generale che Antonio Cortese – accusato da Lo Giudice di esserne uno degli esecutori – viene citato. Un attentato del quale Lo Giudice si è autoaccusato quando ha iniziato la propria collaborazione e che ha rivendicato, al pari delle altre bombe e intimidazioni che hanno terrorizzato Reggio nel suo annus horribis. «Dal primo momento della mia collaborazione – dichiara quasi solenne il nano –. Ho chiarito che con le bombe nessuno c`entrava niente, eravamo solo io, Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri». Eppure quando in una prima fase d`indagine vennero attribuite ai Serraino – afferma il nano – non gli diedero troppa pena. «A me sinceramente è dispiaciuto. Cortese invece era preoccupato, infatti mi propose di andare a mettere bombe al Nord Italia per confondere le acque, ma io gli dissi di lasciare perdere. Si voleva impegnare per distogliere l`attenzione da Reggio». Un`indagine, quella sui Serraino, di cui a Nino Lo Giudice avrebbe raccontato con congruo anticipo il capitano Saverio Spadaro Tracuzzi, che già in passato, dice il collaboratore «mi ha dato in anticipo dettagli sui “blitz” he avrebbero dovuto fare sulla jonica, in città, incluso quello sui Serraino». Ma anche per il clan della montagna l`operazione che li riguardava non avrebbe dovuto essere una novità. Per il Nano infatti, Spadaro Tracuzzi dopo aver avvertito i Lo Giudice sarebbe andato da Mimmo Sconti, affiliato alla cosca Serraino, a riferire la notizia.
Ma è stato soprattutto il cugino, Consolato Villani, il protagonista delle dichiarazioni del Nano. Diviso da quel Maurizio Cortese oggi imputato da vecchi rancori maturati fra le mura del carcere minorile di Catanzaro, ed esplosi in una scazzottata dalla quale fu Villani a uscirne con le ossa rotta, il pentito – racconta oggi Lo Giudice – anche a decenni di distanza non avrebbe abbandonato l`idea di vendicare l`affronto subito. «Mi chiese se poteva fare del male indirettamente a Cortese, sequestrano e uccidendo la sorella». Una proposta che Lo Giudice colloca «prima dell`arresto di mio fratello Luciano» e direttamente mutuata dal medesimo progetto che a suo dire Villani coltivava nei confronti della figlia di Giacomo Latella. «Io non accettai – afferma il Nano – perchè non lo ritenevo una cosa giusta». Del resto, ammette Lo Giudice, all`epoca «non conoscevo Maurizio Cortese ma Villani mi aveva detto che era in un piccolo locale a San Sperato che gestiva per conto di “altri”, dei Libri», mentre dopo Antonio Cortese «mi ha riferito che era dei Serraino». Un`informazione discordante sulla quale le difese promettono battaglia.