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Il comizio di Scopelliti: «Non ci siamo fottuti niente»

REGGIO CALABRIA “Ora parlo io” aveva annunciato su stampa, manifesti, radio e tv il governatore Giuseppe Scopelliti. E ha parlato da solo, senza permettere repliche né domande «perché questa non è un…

Pubblicato il: 17/01/2013 – 23:18
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Il comizio di Scopelliti: «Non ci siamo fottuti niente»

REGGIO CALABRIA “Ora parlo io” aveva annunciato su stampa, manifesti, radio e tv il governatore Giuseppe Scopelliti. E ha parlato da solo, senza permettere repliche né domande «perché questa non è una conferenza stampa, ma una comunicazione alla mia città dopo un anno e mezzo di aggressione». Un atto dovuto a Reggio «che per due anni mi ha reso il sindaco più amato d’Italia» ricorda Scopelliti, dimenticando però nella concitazione del momento di dire che in quelle stesse classifiche è andato via via precipitando. Un crollo casualmente contestuale alle  ispezioni del ministero del Tesoro e della Procura che hanno scoperchiato i reali motivi per cui il tanto decantato modello Reggio  si sia progressivamente accartocciato su se stesso, trasformandosi in un rosario di servizi in esistenti, partecipate commissariate per mafia e con i bilanci in rosso, lavoratori delle società miste, del terzo settore, dipendenti comunali inferociti per innumerevoli stipendi arretrati. Tutte fotografie che non trovano posto nel video di presentazione di quelle opere che il centrodestra reggino decanta come “successi” dell’amministrazione Scopelliti  – piazza Carmine,  tapis roulant (oggi fermo perché antieconomico per costi di gestione), edilizia popolare – e che prelude «all’operazione verità» – o almeno tale la definisce il governatore – che insieme all’ex sindaco Demi Arena avrebbe preparato fin da dicembre. Obiettivo, far comprendere ai reggini che le tempestosissime acque in cui naviga la città, impiccata all’ipotesi di dissesto e con i suoi organi elettivi sciolti per contiguità mafiose, sono il risultato di un’operazione di comunicazione mediata da stampa nemica e mirata a distruggere il modello Reggio. Un modello che in realtà sembrava già quanto meno inciampare su milionari pignoramenti, quintali di decreti ingiuntivi e creditori imbufaliti, tutti dettagli che nel discorso del governatore spariscono. Per Scopelliti i registi dell’operazione – come già chiarito più volte da almeno sei mesi a questa parte – «stanno altrove, ma i fucilieri sono qui come quarant’anni fa», ricorda il governatore strizzando l’occhio a quella destra missina ben radicata nella pancia del Pdl reggino che scatta in piedi ed applaude. Al suo pupillo, cresciuto a pane e Fronte della Gioventù, gli odierni epigoni dei missini di allora hanno dedicato uno striscione – in carattere Fronte (dal Fronte della Gioventù che l’ha coniato) – ma firmato  Fondazione Tradizione e partecipazione che recita «chi è cattivo ha paura di chi è forte e paura non ha».

La forza dei numeri E contro i cattivi, o presunti tali, il governatore sceglie di usare la forza di numeri «inappuntabili perché dati di fatto».  Numeri pesanti come i 679milioni circa di residui passivi che – spiega Scopelliti – «non rappresentano il disavanzo o il buco, ma la cifra necessari a un’amministrazione per il suo funzionamento». E slides alla mano il governatore passa in rassegna i dati che portano alla confezione del conto consuntivo di bilancio che si ottiene sommando i residui attivi (i crediti che un Comune vanta) al saldo di cassa e sottraendo i residui passivi (in sintesi, i debiti per gli impegni assunti). Una disgressione lunga e che – si nota – costa al governatore una certa fatica, ma al termine sintetizza in «noi non ci siamo fottuti i soldi, li abbiamo investiti. Sarà la magistratura a stabilire se la dirigente Fallara (che si è autoliquidata circa un milione di euro, più altri 800mila “devoluti” al suo amante ndr) avesse o non avesse diritto a prendere quei soldi, l’altra persona (l’architetto Labate, ndr) ne ha già restituiti una parte. Noi non ci siamo fottuti i soldi». Ma probabilmente, se avesse assistito al processo Fallara nel quale è imputato per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico, il governatore non avrebbe sorvolato sul fatto che i periti spediti a Palazzo San Giorgio dalla Procura di Reggio Calabria, proprio sul calcolo di quei residui hanno avanzato più di un dubbio e sebbene penda un giudizio civile al riguardo, tre pareri hanno già bollato le autoliquidazioni della Fallara come illegittime. Eppure qualcosa all’orecchio di Peppe deve essere arrivato, perché lui stesso a lasciarsi sfuggire «non abbiamo mai avuto richiami dalla Corte dei Conti, cosa doveva sapere un sindaco dei residui attivi e passivi da eliminare?».

Arena, il bilancio 2010 Sarà in altre sedi che verrà accertato in che misura i magistrati contabili fossero all’epoca in grado di lavorare su documenti  veritieri ed aderenti alla realtà finanziaria dell’Ente – circostanza su cui in udienza i tre periti hanno manifestato più di una riserva – tuttavia è lo stesso bilancio 2010 licenziato dalla Giunta Arena ad affermare che a palazzo San Giorgio c’era un buco di 118 milioni di euro. Una cifra ottenuta sottraendo ai 170 milioni di voragine accertata dal ministero, 30 milioni di residui passivi più altri 22 che la giunta Arena pretendeva dai dipendenti comunali. Una situazione comune a tante altre città, spiega ancora una volta Scopelliti – che sul punto ha insistito nei mesi caldi del pre e post scioglimento – e che il suo delfino Demi Arena avrebbe avuto l’onere e l’onore di affrontare.

Le accuse contro l’amministrazione precedente «Quando sono andato via, non era emerso nulla, è stato Arena a prendersi l`onere di certificare. Arena non è stato indicato da Scopelliti per nascondere qualcosa, Arena è un esperto commercialista, ha gestito attività sotto sequestro, è stato valido amministratore Atam e ha avuto la capacità di individuare con lavoro intenso e fedele alla realtà quello che era il tema legato al bilancio comunale», afferma Scopelliti che dello stato dei conti del Comune avrebbe di recente discusso anche con il prefetto Panico «mi ha detto di avere solo qualche piccola preoccupazione sui debiti fuori bilancio, e di essere tranquillo per il resto. Ma noi di debiti fuori bilancio ne abbiamo fatti pochissimi  e li abbiamo dovuti pagare per colpa di chi ci ha preceduto. Forse i nostri bilanci non erano perfetti – si fa scappare ancora il governatore – ma ricordo che nel 1998, nella stanza del dirigente della ragioneria c`erano decine di faldoni e poi a pochi giorni dalla discussione era scomparso  proprio quello del bilancio. Si disse che era finito nella spazzatura per colpa delle donne delle pulizie. Guarda caso proprio  quello del bilancio». E non sarà questa l’ultima accusa mossa  all’amministrazione che ha preceduto Scopelliti alla guida di Reggio, quella del sindaco della primavera reggina, Italo Falcomatà, mai nominato ma accusato di aver fatto poco o nulla. «Nel 1997 il Comune bandiva 18 gare d`appalto, nel 2007 le gare d`appalto erano 265», rivendica il governatore che in un passaggio successivo tuona «chi fa può sbagliare, ma in questa città alcune persone si sono avvalse della facoltà dello ‘nnacare (modo di dire tipicamente reggino usato per indicare l’indugiare sul da farsi ndr)». E la sua amministrazione avrebbe fatto tanto, ringhia Scopelliti, puntando il dito contro quella campagna stampa orchestrata da comunisti, giornalisti e nemici della città che ne avrebbe oscurato i successi. «Si, c’è la ndrangheta, ma ci sono anche altre mafie – commenta il governatore, che poi si scaglia contro  quelli che ritiene i veri responsabili del complotto ordito contro di lui – I poteri forti in questa città non sono mai entrati, con Scopelliti e Arena sono rimasti fuori dalla porta. Accuse non nuove, ma che il governatore riassume e rielabora in circa un’ora di intervento.

Destinazione Roma? Sarà solo verso la fine che Scopelliti toccherà quello che sembra essere il vero nocciolo dell’incontro, con la campagna elettorale ai nastri di partenza e a meno di ventiquattro ore dall’inizio del giudizio per incandidabilità che dovranno affrontare ben noti esponenti del centrodestra reggino, incluso il coccolatissimo demi Arena.  E sarà forse per cominciare a scaldarsi che il governatore farà partire l’affondo contro Marco Minniti, capolista Pd in Calabria, che lo aveva definito in un recente comizio «leone in Calabria e Pecora a Roma».  Per rispondergli, Peppe rivanga un motto dei “bei tempi del Fronte”-  «Meglio vivere un giorno da leone, che cento anni da comunista, Minniti» – mandando in visibilio la sala che – forse – confusa dagli applausi e dalle dichiarazioni d’amore e di lotta per la Calabria e Reggio città pronunciate in modo commosso dal governatore, si lascia sfuggire una frase.  «L`avrei dovuto dire tra qualche giorno ma lo voglio dire qui nella mia città, voglio continuare a fare il governatore a prescindere se mi costringeranno a candidarmi», confessa il governatore. Un’affermazione subito corretta da un’accorata promessa «la nostra non è una sfida contro nessuno, ma una dichiarazione d’amore verso la città. Vogliamo lottare qui, magari cadremo, ma lo faremo con onore». Dichiarazioni dello stesso tenore di quelle pronunciate da Scopelliti sindaco che alla vigilia delle ultime regionali prometteva di rimanere al timone di Palazzo San Giorgio. Ma poi Berlusconi…

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