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Processo "Bless", la verità del pentito Scopelliti

REGGIO CALABRIA Da una nuova vita, frutto di un taglio netto con il passato garantito anche dal cambiamento definitivo di generalità, alla  detenzione per omicidio: è il rischio che corre oggi Giusep…

Pubblicato il: 28/01/2013 – 19:11
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Processo "Bless", la verità del pentito Scopelliti

REGGIO CALABRIA Da una nuova vita, frutto di un taglio netto con il passato garantito anche dal cambiamento definitivo di generalità, alla  detenzione per omicidio: è il rischio che corre oggi Giuseppe Scopelliti, ex esponente di primo piano degli Imerti, divenuto uno dei primi collaboratori di giustizia, oggi imputato al processo “Bless”. A suo carico c’è l’accusa di aver partecipato all’omicidio di Francesco Polistena, uomo dei Garonfalo, divenuto  potenziale mina vagante per il suo stesso clan e per questo sacrificato sull’altare della tregua imposta dagli Imerti a forza di omicidi. Un conflitto – quello fra gli Imerti e i Garonfalo – incistato nella guerra di Reggio, che proprio nel tentato omicidio di Scopelliti ha la sua origine.
Ricco esponente della borghesia di Villa, figlio «dell’imprenditore che ha costruito mezza città» ha detto oggi in aula il collaboratore, Scopelliti non nasce figlio di `ndrangheta. Ma delle `ndrine ha sempre subito la fascinazione. «Avevo uno sdoppiamento della personalità», ha detto in aula il collaboratore ricordando come da figlio della Villa bene si fosse trasformato rapidamente nel “re delle estorsioni” che sottoponeva tutti – «anche il parroco» – al suo volere. Impossibile, all’epoca, contraddirlo. A testimoniarlo, ci sono i diversi omicidi di cui è stato il mandante e che fin dal principio della sua collaborazione, iniziata nel 1993, ha ammesso di aver ordinato.
Dichiarazioni preziose per gli inquirenti dell’epoca che lo riconosceranno come pentito dalla comprovata attendibilità e lucidità straordinaria.
La medesima lucidità con cui oggi ha ripercorso la sua rapida carriera criminale. Un’ascesa che gli sarà fatale e lo costringerà a un’esistenza blindata. Blindata era la macchina, blindatissima l’abitazione. Ma solo per puro caso Scopelliti scamperà ai colpi dei killer che attendono pazienti che apra la finestra di quella casa impenetrabile ed esca a fumare la consueta sigaretta. I proiettili – ricorda in aula il collaboratore – rimarranno conficcati nel pilastro sovrastante la finestra. Allo stesso modo, si incastreranno nella mente del clan Imerti i propositi di vendetta.
Colpire Scopelliti significava infatti all’epoca colpire al cuore il clan egemone a Villa, che decideva di rispondere immediatamente all’affronto. Sarà l’origine di una lunga scia di sangue che solo serrate trattative – che chiameranno in causa anche i Labate, con cui i Garonfalo erano imparentati e Pasquale Condello, vero capo dello schieramento – riusciranno ad arrestare. Francesco Polistena sarà l’ultima vittima di quella faida consumatasi in meno di un anno. Ma nonostante siano numerosi gli omicidi di cui si è dichiarato responsabile, della morte del giovane picciotto dei Garonfalo, Scopelliti si è sempre proclamato innocente.
Un concetto che oggi ha ripetuto in aula, ribadendo quanto più volte messo a verbale. A chiedere l’omicidio di Polistena sarebbero stati gli stessi Garonfalo, per evitare che la furia del giovane si scatenasse contro di loro che avevano deciso di sacrificare uno dei propri uomini – Guido Maesano, responsabile del tentato omicidio di Scopelliti – a garanzia della pace sancita con le cosche di Villa. A eseguirlo invece, su ordine di Pasquale Condello, sarebbero stati Bruno Trapani e Paolo Iannò, con la regia di Nino Imerti.
Ma sarà proprio Iannò a chiamare in causa Scopelliti, che a suo dire avrebbe avuto un ruolo nella pianificazione dell’omicidio. Ruolo che il diretto interessato oggi non ha perso occasione per smentire, ridimensionando anche la posizione che – almeno fino al 93 – Iannò avrebbe avuto nello schieramento e che non lo avrebbe messo in condizioni di avere accesso alla camera decisionale del clan. Lì dove sarebbe stata decisa la morte del giovane, lì dove Iannò colloca Scopelliti e questi nega di essere mai stato.
Starà al tribunale decidere in merito alla spinosissima questione che oggi vede due collaboratori – entrambi ritenuti solidi e affidabili, entrambi, ma in epoche diverse, ritenuti a capo del medesimo schieramento – raccontare verità distinte e inconciliabili. Verità che forse solo un confronto fra i due potrà suffragare o polverizzare.

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