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I silenzi e le omissioni della "talpa" Zumbo

REGGIO CALABRIA «Zumbo conosceva moltissime persone ma anche parlava molto», dice di lui l’ufficiale Aisi, Corrado D’Antoni. Dello stesso tenore le confidenze che la moglie, Maria Francesca Toscano…

Pubblicato il: 10/02/2013 – 9:20
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I silenzi e le omissioni della "talpa" Zumbo

REGGIO CALABRIA «Zumbo conosceva moltissime persone ma anche parlava molto», dice di lui l’ufficiale Aisi, Corrado D’Antoni. Dello stesso tenore le confidenze che la moglie, Maria Francesca Toscano, si lascia sfuggire intercettata dalle cimici del Ros. Eppure Giovanni Zumbo, ex commercialista e amministratore di beni confiscati, con un passato da assistente alle dipendenze dell’ex assessore al Personale e oggi sottosegretario della giunta regionale Alberto Sarra, finito nei guai perché pizzicato a spifferare i segreti di operazioni in arrivo al boss Peppe Pelle, dopo l’arresto e un primo goffo interrogatorio si è chiuso in assoluto silenzio.
Senza un commento ha assistito alla condanna per intestazione fittizia dei beni ricevuta al processo Archi – Astrea, senza proferire parola ha lasciato scorrere la lunga istruttoria del Processo Piccolo Carro, che lo vede imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. La talpa al servizio dei clan, incastrato dagli investigatori per il ritrovamento di un falso arsenale il giorno della visita del presidente Napolitano a Reggio Calabria è rimasto silente anche quando in aula ha deposto Antonino Laganà, il suo “aiutante di fiducia” che da dietro le sbarre ha scoperto nuovo compagno della moglie.
Ma prima che i suoi legali iniziassero l’arringa in sua difesa, Giovanni Zumbo ha rotto la teca di silenzio che lo avvolgeva. «Sono un organo dello Stato»: questa è la frase con cui, l’ex antenna dei servizi ha rotto i lunghi mesi che lo hanno visto assistere impassibile alle udienze  – a volte scuotendo la testa, altre sorridendo ironicamente – senza mai intervenire o chiedere la parola a lunghi mesi di processi.
Un silenzio rotto da una rivendicazione fatta con voce quasi rotta ed emozionata per affermare che la sua amministrazione del supermercato Idea Sud, sequestrato alla cosca Molè sarebbe stata senza macchia e assolutamente regolare e fedele. Ma soprattutto  che – contrariamente a quanto affermato dall’ufficiale dell`Aisi – la sua collaborazione con i servizi sarebbe stata molto più prolungata – e proficua – di quanto D’Antoni avrebbe dato a intendere. Per Zumbo, quando quella Fiat Marea – tanto carica di armi da sembrare un arsenale – è stata ritrovata, su sua indicazione, sulla strada che il presidente Napolitano avrebbe dovuto percorrere il giorno della sua visita in città, il rapporto con i Servizi era già tornato a intensificarsi. Addirittura per lo spione pizzicato a casa Pelle, i Servizi sarebbero tornati a “corteggiarlo” già dal novembre 2009 e le attenzioni degli apparati di intelligence sarebbero divenute ancor più pressanti dopo l`attentato alla Procura generale, avvenuto il 3 gennaio 2010.
Affermazioni pesanti, ma in un certo senso non nuove. Già in passato – intercettato dalle cimici degli investigatori, durante un colloquio con la moglie nel carcere di Opera – Zumbo si sarebbe lasciato andare ad ammissioni del genere. «Io lavoravo per lo Stato», dice a Maria Francesca Toscano, cui snocciola uno dopo l’altro i nomi di Corrado D’Antoni e dell’allora suo diretto superiore  Marco Mancini, poi arrestato nell`ambito del “caso Abu Omar”, a riprova della sua “appartenenza”. Ma soprattutto Zumbo dice che «sono sempre stato uno che ha lavorato… ha lavorato con loro, gli ha fatto le misure di prevenzione». Ed è per questo, dice l’ex commercialista che «non posso toccare determinati argomenti… perché sennò smuovo pure…». I verbali di quel colloquio sono frammentati e costellati di omissis, lo stesso Zumbo sembra aver timore di pronunciare il nome di un uomo che scrive su un foglietto e mostra alla moglie che si limita a esclamare «Lui!». Personaggi importanti che hanno bisogno di essere tutelati con il silenzio: «Devi capire che se io sono qua dentro è perché pure non voglio mettere in mezzo determinate persone, e tu mi dici (incomprensibile) cioè se no io lo dico (incomprensibile) perchè mi hai portato con questo … allora stai pensando male di me… omissis…».
Zumbo si sente un uomo delle istituzioni e per questo non può e non vuole parlare. Con alcuni personaggi delle istituzioni ha avuto un rapporto – a suo dire – prolungato nel tempo. Ma su quale sia stata la causa – se mai c’è stata – della rottura di tale rapporto, Zumbo mantiene ancora il più stretto riserbo.

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