OPERAZIONE ADA | Porte aperte in via dell`Umiltà
Ci sarebbe anche Giuseppe Bono, uno degli assistenti politici dell’ex ministro Sandro Bondi fra i contatti che il clan Iamonte aveva intenzione di sfruttare per allargare ulteriormente il proprio gir…

Ci sarebbe anche Giuseppe Bono, uno degli assistenti politici dell’ex ministro Sandro Bondi fra i contatti che il clan Iamonte aveva intenzione di sfruttare per allargare ulteriormente il proprio giro d’affari. A fare da testa di ponte, l’azienda Fravesa, formalmente di proprietà dell’imprenditore Giovanni Tripodi, braccio destro e principale interfaccia economica della cosca di Melito Porto Salvo. Per gli inquirenti, la Fra.Ve.Sa. s.r.l. è «al vertice del cartello di imprese che si spartiscono la quasi totalità degli appalti pubblici banditi nel comprensorio del comune di Melito Porto Salvo e di quelli limitrofi», tanto che «anche i privati, che devono edificare o ristrutturare un immobile, debbono necessariamente fare riferimento a Tripodi Giovanni che decide a quale impresa affidare l’incarico, pena il divenire bersaglio di rappresaglie, danneggiamenti, furti in cantiere».
Una condizione di monopolio dovuta secondo gli inquirenti tanto «all’appoggio derivante dall’appartenenza ad una cosca ben radicata sull’intero territorio nazionale, quale è la cosca Iamonte; ma anche dalla spasmodica ricerca e frequentazione di amicizie influenti che Tripodi Giovanni vanta tra esponenti del panorama politico nazionale».
OBIETTIVO ROMA Ed è proprio Tripodi, che dell’impresa ha aperto anche una filiale a Fiumicino, ad arrivare a bussare alla sede del Pdl in via dell’umiltà a Roma. Il calderone nel quale maturano i rapporti che gli consentiranno di entrare insieme a Natale Iamonte nel quartier generale romano del partito di Silvio Berlusconi, maturano nell’Ordine Ecumenico Ospedaliero di San Giovanni Cavalieri di Malta, tra i cui iscritti risultano tanto Tripodi quanto il delegato della Regione Calabria Alberto Pizzichemi. Sarà quest’ultimo, nell’aprile 2008 a procurare a Tripodi e a Natale Iamonte una «riunione romana», come si premurerà di ricordare all’imprenditore via sms: «Mi ha kiamato ora Roma. Appuntamento domani ore 10.30». E, puntuali, il giorno dopo Tripodi e Iamonte sono nella Capitale, dove però per conoscere il luogo in cui si terrà la riunione devono contattare “il principe”, il nobile egiziano Petros Iossif, Gran maestro dell’Ordine Ecumenico Ospedaliero di San Giovanni Cavalieri di Malta. Sarà lui a indicare a Tripodi il nominativo della persona che dovrà incontrare e le indicazioni necessarie a raggiungerlo: Giuseppe Bono, assistente politico dell`onorevole Sandro Bondi. L’indirizzo fornito da Petros Iossif corrisponde al luogo dove risulta ubicata la sede del Pdl, all’epoca dei fatti Forza Italia. Stando alle conversazioni intercettate dagli inquirenti, dopo qualche iniziale difficoltà, la riunione fra i tre ci sarebbe effettivamente stata. È infatti lo stesso principe a chiamare più volte per sincerarsi del buon esito dell’incontro:
TRIPODI GIOVANNI Pronto
IOSSIF PETROS si…Giovanni?
TRIPODI GIOVANNI si…si…
IOSSIF PETROS sta arrivando guarda…sta lì…
TRIPODI GIOVANNI si…si..no, no…siamo qua insieme..siamo qua insieme…
IOSSIF PETROS ok…grazie…
Tripodi e Iamonte sono soddisfatti, stando a quanto l’imprenditore riferisce a Iossif, Giuseppe Bono avrebbe fornito indicazioni precise su chi contattare una volta tornati in Calabria, «…è andata abbastanza bene… ha dato il riferimento giù… voglio dire… adesso dobbiamo contattare una persona giù…». Meno soddisfatto è proprio il principe, che – stando a quanto si legge nelle intercettazioni – sarebbe stato contattato dallo zio di Tripodi, Alberto, per verificare le condizioni di un non meglio specificato affare in Romania, ma costretto «ad aspettare il proprio turno». E il proprio diretto referente.
I CONSIGLI DI BONO Una volta tornato in Calabria, sarà lo stesso Tripodi a riferire l’esito degli incontri tanto a Pizzichemi, per gli inquirenti «inserito a pieno titolo nella consorteria oggetto delle indagini», ma anche a Giuseppe Guerrera, altra interfaccia economica del clan. Ed è proprio dalle confidenze fatte a quest’ultimo che si evince che Giuseppe Bono è stato prodigo di molti buoni consigli e che abbia indicato a Giovanni Tripodi un referente locale, della sua medesima corrente politica, cui rivolgersi nonostante i poco edificanti commenti sulle qualità della classe politica locale. «Là – dice – non funziona niente… non funzionano le istituzioni… non funziona niente… non funzionano i politici… non funziona niente… i politici di giù – dice – pensano solo per la pagnotta… e se ne fottono», ricorda Tripodi, riferendo le parole del politico che sa perfettamente con chi sta parlando.
Non solo è pienamente consapevole che Tripodi non è un semplice imprenditore, ma dimostra di conoscere bene la rete di interessi e affari del clan di Melito Porto Salvo e all’uomo dei clan saprà indicare anche come inserirsi nello scenario romano. Un contesto difficile a detta di Bono, a causa del predominio di un cartello di imprenditori che risultano suddividersi la fetta maggiore dei lavori pubblici: «Roma è chiuso… è chiuso così forte che tu non hai manco l`idea… a livello di lavoro… girano sempre in quelle quindici, venti persone grosse».
Ma Bono non è “utile” alla cosca solo a livello romano. È lo stesso Tripodi a raccontare – quasi sorpreso – come una telefonata del politico gli abbia consentito di risolvere immediatamente alcuni problemi, presumibilmente riconducibili a ritardati pagamenti, presso quegli enti locali amministrati dal centrodestra: «Gli ho detto io – riferisce l’imprenditore del clan Iamonte, ascoltato dalle cimici del Ros – “al comune di Reggio…” ha chiamato subito, voglio dire, di là, dalla segreteria… così e così e pippete e pappete….gli ho detto io “ho un problema al comune di Gioia Tauro”, “no – ha detto – il comune di Gioia Tauro è sinistra… niente!… non posso”».
DUE NOCCIOLINE PER LA TANGENZIALE Ma il clan a Roma non può contare esclusivamente su entrature nel Pdl. Mentre la Fravesa inizia a macinare subappalti come quello per lo sgombero di inerti in un lotto della costruenda Metro C, l’obiettivo rimangono le grandi opere pubbliche come la nuova tangenziale di Roma. Ed a questo – nei piani del titolare della Fravesa – devono servire i contatti con personaggi politici del panorama nazionale e locale come Fortunato Mangiola, già assessore municipale presso il XV Municipio di Roma e inserito nel direttivo del Partito Democratico di Roma. E Mangiola – segnalano gli inquirenti – «si attiva immediatamente per individuare un canale idoneo ed utile all’inserimento dell’impresa del Tripodi nei lavori di costruzione della nuova tangenziale di Roma: in quest’ottica si colloca infatti la conversazione telefonica nel corso della quale Tripodi Giovanni e Mangiola Fortunato concordano la data del loro prossimo appuntamento che si terrà presso l’Anas con una terza persona non meglio identificata appartenente alla prefata azienda». Un interessamento non gratuito stando a quanto lo stesso Tripodi riferisce a Natale Iamonte: «…diciamo che se lui, voglio dire, riesce a farmi lavorare, a fare qualche cosa, qualche due noccioline le vuole, ah… non è a dire che non le vuole».
LA RETE DEI PREFETTI Ma sono tanti i politici con cui – scrive il gip Barillà – Tripodi avrà o tenterà di avere un approccio. «Tra il mese di dicembre 2008 ed il mese di febbraio 2009 – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – si registrano almeno due casi in cui Tripodi Giovanni parteciperà a Roma a cene tra i cui commensali figurano esponenti del panorama politico nazionale». Ma un personaggio chiave nella progressiva affermazione dell’imprenditore del clan Iamonte sullo scenario dei lavori pubblici romani è il commissario prefettizio presso il Comune di Gioia Tauro, Rocco Domenico Galati. Il prefetto – che Tripodi aggancia grazie a Giuseppe Ranieri, vice Prefetto in servizio presso l’Ufficio Territoriale del Governo di Vibo Valent
ia, – non solo consentirà alla Fravesa di aggiudicarsi sostanziosi appalti pubblici nella città che avrebbe dovuto preservare dall’infiltrazione dei clan ma, scrive il gip, si dimostra anche «utile affinché Tripodi Giovanni potesse tessere rapporti con quei personaggi chiave del panorama politico che gli consentiranno di attingere alle ingenti quantità di denaro pubblico stanziati per la realizzazione di una delle più grandi opere pubbliche in corso d’opera in Italia, ovvero la linea C della metropolitana di Roma. Nel prosieguo dell’attività tecnica sono, infatti, emersi elementi da cui desumere che Tripodi Giovanni sia effettivamente riuscito ad ottenere ciò che voleva, ovvero assicurarsi la partecipazione ai lavori di costruzione della tangenziale e della linea C della Metropolitana di Roma”. Sarà infatti Galati a procurare a Tripodi un incontro con l’allora assessore alla Mobilità del Lazio, Francesco Dalia.
Dalle conversazioni intercettate è impossibile conoscere l’esito dell’incontro, ma Tripodi sembra fiducioso: «Se non mi arrestano per là sotto (ndr a Melito)… inc… e vado avanti con questi quà… oggi erano… allora ieri sera … inc… un prefetto… un procuratore e…inc». Quello che risulta strano ed inquietante è invece – sottolinea il gip – l’atteggiamento del commissario Galati che «dimostra un ingiustificato interesse per il buon esito dell’attività imprenditoriale del Tripodi». E paradossalmente è Tripodi a preoccuparsi per i guai giudiziari di Galati, coinvolto in un’indagine per violenza sessuale. Il commissario prefettizio no. «Egli, appreso della vicinanza alla cosca Iamonte del fratello dell’interlocutore – annota il gip – suggerisce quale possa essere la prima cosa da fare per fronteggiare il problema ovvero verificare se il telefono possa essere sotto controllo».