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Sconto di pena per Santi Zappalà

REGGIO CALABRIA Due anni e otto mesi di reclusione e revoca dell’interdizione dai pubblici uffici: non esce dal carcere ma beneficia di un sostanzioso sconto di pena l`ex consigliere regionale e sind…

Pubblicato il: 26/02/2013 – 20:10
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Sconto di pena per Santi Zappalà

REGGIO CALABRIA Due anni e otto mesi di reclusione e revoca dell’interdizione dai pubblici uffici: non esce dal carcere ma beneficia di un sostanzioso sconto di pena l`ex consigliere regionale e sindaco di Bagnara, Santi Zappalà, condannato in primo grado a quattro anni di carcere per corruzione elettorale nel processo Reale 3. Zappalà non potrà comunque tornare a occupare uno scranno a Palazzo Campanella, perché subito dopo l`arresto aveva rassegnato le dimissioni. Hanno tutti i motivi per sorridere Mario Versaci e Pietro Antonio Nucera (condannato in primo grado a otto anni), assolti per non aver commesso il fatto, così come viene assolta perché il fatto non sussiste Liliana Aiello, condannata in  primo grado aveva rimediato due anni e due mesi di reclusione.
Un verdetto emesso dalla Corte d`Appello di Reggio Calabria presieduta dal giudice Ornella Pastore, con a latere Carmelo Blatti e Massimo Gullino, che accoglie e in parte supera le richieste del pg Ezio Arcadi che in mattinata aveva chiesto l`esclusione della recidiva per Zappalà e il riconoscimento delle attenuanti generiche per Aiello, Versaci e Nucera, oltre che per Francesco Iaria, Filippo Iaria, Costantino Billari, Sebastiano Carbone, Giuseppe Francone e Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva.
Pur confermando l`impianto accusatorio che in primo grado è stato sanzionato dal gup Daniela Oliva con oltre 200 anni di carcere, la Corte ha accordato sostanziali riduzioni agli imputati, inclusi quelli ritenuti dal giudice di primo grado elementi di rilievo cosche Pelle e Morabito che da anni imperversano nel mandamento jonico.
Passa da vent’anni a 11 anni e 9 mesi la condanna inflitta al boss Giuseppe Pelle, mentre ancor più significativo è lo sconto di cui beneficia Rocco Morabito, condannato a vent`anni in primo grado e a “soli” dieci e otto mesi in appello.
Dodici anni e otto mesi – rispetto ai diciotto inflitti in primo grado – vanno ad Antonino Latella, mentre per Giovanni Ficara, anche lui condannato a diciotto anni in prima istanza, la Corte ha stabilito una pena pari a 12 anni e sei mesi di reclusione.
Otto anni di carcere dovrà invece scontare Domenico Pelle (12 anni in primo grado), mentre è quasi dimezzata la pena comminata ad Antonio Pelle cl 87, condannato in primo grado a dieci e otto mesi e a 5 anni e 8 mesi in appello.
Per Giuseppe Mesiani Mazzacuva la pena inflitta passa invece dagli 8 anni ed 8 mesi del primo grado ai quattro anni e quattro mesi stabiliti dai giudici di secondo grado. Dovrà scontare invece “solo” sei anni Costantino Carmelo Billari (8 anni in primo grado), mentre è di quattro anni e otto mesi la condanna inflitta a Filippo Iaria (8 anni in prima istanza). Con due anni e dieci mesi di reclusione ciascuno la Corte ha invece voluto punire Antonino Pelle (1986), Sebastiano Carbone e Giuseppe Francone, tutti condannati in primo grado a quattro anni. Per tutti e tre, il giudice ha inoltre disposto che si aprano immediatamente le porte del carcere se non detenuti per altra causa. Insieme a loro, saranno scarcerati Mario Versaci e Pietro Nucera,
Lieve riduzione di pena per Francesco Iaria, che passa dai due anni e otto mesi inflitti in primo grado ai due anni e sei mesi di reclusione, comminati in appello, mentre per Giorgio Macrì la pena passa dai 6 anni del primo grado ai tre anni e quattro mesi di reclusione, più cinquecento euro di multa inflitti in secondo.
Una riduzione di condanna è arrivata anche per Sebastiano Pelle, che non più tardi di questa mattina aveva chiesto e ottenuto la parola dal presidente Pastore, per proclamare la propria innocenza. «Io non chiedo clemenza, ma giustizia – aveva detto questa mattina Pelle –. Non è possibile che io debba pagare tutta la vita perché sono il figlio di Antonio Pelle. Io non giudico quello che ha fatto mio padre, i suoi errori di gioventù, ma anche io sono padre e ho diritto a prendermi cura dei miei quattro figli». Per lui, condannato in primo grado a dieci anni di reclusione, la Corte ha stabilito una condanna a cinque anni e otto mesi.
Regge dunque, nonostante le riduzioni di pena, l’impianto accusatorio sostenuto in primo grado dal pm Giovanni Musarò, che anche grazie alle conversazioni registrate a casa del boss Giuseppe Pelle era riuscito ad incastrare boss e gregari dei clan, così come chi di loro si voleva servire per agevolare la propria carriera politica. Ed è proprio questa – corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose – l’accusa formulata a carico di Zappalà, pizzicato a casa Pelle durante la campagna elettorale per le regionali del 2010. Inizialmente il consigliere regionale era stato arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio; poi, il Tribunale della Libertà, pur confermando la detenzione, aveva ridimensionato l’impianto accusatorio nei suoi confronti, ipotizzando il reato di corruzione elettorale per il quale è stato in seguito condannato.
Un reato che la Procura è riuscita a provare anche grazie ad esplicite conversazioni ascoltate e registrate dagli investigatori. «Da parte nostra, dottore, ci sarà il massimo impegno», assicurava – ascoltato dagli investigatori – all’ex sindaco di Bagnara, Giuseppe Pelle, il figlio del patriarca ‘Ntoni Gambazza. Un impegno tutt’altro che  gratuito e disinteressato. A spiegare le condizioni del “patto elettorale” sarà l’imprenditore, Giuseppe Antonio Mesiani, presente all’incontro tra il mafioso e il politico: «Quando sposo una causa e quindi io e gli amici miei diamo il massimo, nello stesso tempo noi desidereremmo avere quell’attenzione per come poi ce la accattiviamo, per simpatia ma per amicizia prima di tutto». Un messaggio chiaro: a quello che prima di essere arrestato diventerà il quarto degli eletti per numero di preferenze, i clan assicurano una vittoria sicura, ma in cambio pretendono una contropartitata pesata in appalti e favori.
L’ex sindaco di Bagnara Santi Zappalà non era il solo ad aspirare al pacchetto di voti di Peppe Pelle. L’abitazione del mammasantissima di San Luca era diventata un luogo di pellegrinaggio per i candidati a Palazzo Campanella. Stando a una conversazione intercettata proprio a casa del boss, potrebbero essere almeno sei i consiglieri regionali che hanno goduto dei favori del clan.

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