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Processo Meta, i "silenzi" di Franco Labate

REGGIO CALABRIA Subiscono estorsioni, ma non si preoccupano neanche di sapere da parte di chi o perché. Intercettati parlano in dettaglio di mazzette, prebende e potentati politici e mafiosi che domi…

Pubblicato il: 19/04/2013 – 17:22
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Processo Meta, i "silenzi" di Franco Labate

REGGIO CALABRIA Subiscono estorsioni, ma non si preoccupano neanche di sapere da parte di chi o perché. Intercettati parlano in dettaglio di mazzette, prebende e potentati politici e mafiosi che dominano gli appalti, ma interrogati dal pm non sanno, non ricordano con precisione, o comunque – al massimo – parlano «per sentito dire» o riferiscono quanto letto sui giornali. È un quadro sconfortante  dell’imprenditoria reggina quello che emerge dalle deposizioni dei signori del mattone, chiamati oggi a deporre al processo Meta. Evasivi – se non omissivi – tentano di dribblare le domande del pm Giuseppe Lombardo anche quando a inchiodarli ci sono conversazioni su conversazioni, intercettate e registrate dagli investigatori. Parole che quando non possono negare, cercano quanto meno di ridimensionare.
È quello che sembra aver tentato di fare l’imprenditore Franco Labate. Un personaggio già noto agli inquirenti perché suocero dell’appuntato Roccella, il militare che in più occasioni è stato in contatto con la talpa Giovanni Zumbo, nonché proprietario della casa dove alloggiava il boss Cosimo Alvaro, unico irreperibile nel giorno dell’esecuzione dell’operazione Meta, ma soprattutto perché – più volte intercettato – è lui che, chiacchierando con Domenico Barbieri, già condannato nel processo “Meta” a 10 anni e 4 mesi di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, svela il circuito illecito dell’appalto pubblico a Reggio città.

IL CIRCUITO DEGLI APPALTI E I DIRIGENTI COMUNALI
Un circuito che – almeno stando a quanto gli inquirenti ascoltano – Labate per sua stessa ammissione, fino al ’92, ras di un impresa «dal fatturato di 7 miliardi l’anno e il cui principale committente era il Comune di Reggio Calabria», dovrebbe conoscere. «La mia era l’impresa che in 53 giorni ha tirato su il Botteghelle e ha costruito il primo sistema fognario a Gallico», dice l’imprenditore. Una storia di successo che – a suo dire – si ferma quando, in base alla nuova legislazione sugli appalti pubblici, le aste aperte si sostituiscono alle gare a invito che avevano regolato le assegnazioni dei lavori fino ai primi anni Novanta. La concorrenza cresce, insieme ai ribassi necessari per vincere un appalto – spiega l’imprenditore – che l’avrebbero progressivamente tagliato fuori dal mercato reggino.
Una situazione di difficoltà – dice Labate – «di cui mi sono lamentato con gli imprenditori reggini, ma anche con i dirigenti del Comune, Marcello Cammera e Pasquale Crucitti, ma loro mi rispondevano che c’erano ditte che con quei ribassi riuscivano a lavorare bene comunque». E se per i due dirigenti comunali, in particolare quel Marcello Cammera «che si dice architetto, ma non l’ha mai fatto, ha vinto un concorso di cui era l’unico partecipante», Labate non risparmia parole di fiele, quando è chiamato a chiarire se davvero gli appalti al Comune fossero pilotati, tergiversa. Non ricorda. Se lo ha detto non sa per quale motivo o chi gliel’abbia riferito.

ALL`OMBRA DI TINO
Eppure, nelle conversazioni con Barbieri era stato molto, molto più preciso. «Stanno dando i lavori solo dove vogliono… dove… per non fare niente … omissis… fino a che tenevano, tenevano il discorso equilibrato, dice una tu, una tu; no qua è focalizzato, il discorso è focalizzato». Una frase pronunciata da Barbieri, che a Labate – in quell’ormai lontano 2007 – raccontava dell’intraprendenza della ditta Edilma (di Santo Marcianò, ndr), vincitrice di alcune gare d’appalto. Ma – stando a quanto dicono i due – non per merito.
BARBIERI D.: …incomp… aggiustare i lavori , L`hai visto EDILMA …incomp… (EDIL MA ndr) come cazzo ha fatto ad entrare?
LABATE F.: Io non sono riuscito a sapere con chi …incomp…
BARBIERI D.: Con il fratello del sindaco!
LABATE F.: Con Crucitti proprio?
BARBIERI D.: Con il fratello del sindaco è lui. I soldi se li sta prendendo il fratello del sindaco!
LABATE F.: Edilma (Edilma, ndr)
BARBIERI D.: Di tutti! Quello che si è riempito la mazzetta, quello che si è preso la pila
Parole che il pm Lombardo oggi ha riletto in aula, per sollecitare la memoria di Labate che curiosamente sull’argomento inizia a fare cilecca. Il pm legge e Labate impallidisce. Il pm chiede lumi e Labate non può fare altro che trincerarsi dietro un misero «erano cose che diceva Barbieri», per poi con difficoltà dare a intendere che forse qualcosa di strano nell’assegnazione degli appalti pubblici a Reggio Calabria c’era. «Chi fa l’elenco delle imprese, ha il potere di indirizzare l’appalto. Sono i funzionari che gestiscono tutto». Parole che si incastrano perfettamente con l’ipotesi investigativa secondo cui il fratello dell’allora sindaco Scopelliti avrebbe avuto un’influenza nell’assegnazione degli appalti. Circostanze già raccontate in dettaglio dal colonnello Valerio Giardina, che mesi fa aveva spiegato in aula l’interpretazione data dal Ros a tali conversazioni: «Al Comune di Reggio Calabria gli appalti venivano affidati sempre alle stesse persone e ciò derivava da un accordo intercorso tra lo stesso Crucitti ed il fratello del sindaco».
Una situazione di cui Barbieri racconta di aver parlato con Manlio Flesca, all’epoca assessore comunale a Reggio Calabria. «Mi voleva mandare a parlare con il sindaco ma mi sono rifiutato dicendo che il responsabile era lui. Io mazzette personalmente non ne ho mai date, forse per questo non ho più lavorato», afferma Labate senza fornire più dettagli su quella conversazione.

L`AEROPORTO, I LAVORI E GLI AMICI DELLA FAMIGLIA GIGLIO
Ma sono tante le conversazioni fra Barbieri e Labate su cui il pm pretende una spiegazione. E dove la memoria dell’imprenditore si inceppa, Lombardo non esita a riproporre quelle conversazioni intercettate di cui Labate è stato protagonista ma oggi sembra non ricordare. Conversazioni come quella in cui i due disquisiscono del nuovo appalto per l’ampliamento della pista dell’aeroporto. Un lavoro da 14 miliardi di lire cui erano interessati la ditta Gironda, lo stesso Barbieri e Santo Scarpelli, ma sul quale  – stando a quanto Barbieri afferma in quella conversazione – ci sarebbe stata un’ingerenza da parte del politico Pietro Fuda, nominato nell’agosto del 2005 amministratore unico della Sogas spa, società di gestione dell’Aeroporto dello Stretto. O ancora quella riguardante l’escalation imprenditoriale della ditta “Minghetti”, di proprietà di Bruno Minghetti, cognato e socio dei fratelli Giglio.
Una famiglia che Labate conosce – «di Mario e Enzo ero socio nei supermercati» ammette – e che sarebbe stata sempre presente nelle istituzioni cittadine. E proprio a questo – lascia intendere l’imprenditore – deve la propria influenza. «Minghetti ha sempre fatto edilizia privata, ma dal 2007 è stato chiamato a fare lavori per il Comune. In quel periodo Carlo Giglio era consigliere comunale», ammette Labate, ribadendo quanto spiegato – molto più in dettaglio – nella conversazione intercettata con Barbieri, quando quest’ultimo avrebbe detto chiaramente che sarebbe stato proprio per intercessione dell’ingegnere Crucitti che Minghetti avrebbe ottenuto determinati lavori.

IL SOVRINTENDENTE FIUME E IL SINDACO SCOPELLITI
Ma se su appalti e affari Labate cede e si sbilancia, è quando il pm gli ricorda la chiacchierata durante la quale – insieme a Barbieri – disquisiva sul ruolo che il pentito Nino Fiume avrebbe avuto a Reggio – e la relativa influenza sul sindaco Scopelliti – che all’imprenditore sembra seccarsi la gola. In quella conversazione – registrata dagli inquirenti anni fa – i due dicevano chiaramente: «Ma sopra… ma sopra il sindaco c`è stato Fiume… che gli ha detto che Nino… eh!». Parole che Labate ha all’epoca pronunciato ma oggi giustifica asserendo di averle lette sui giornali, eppure quel 25 luglio del 2007, nell’ufficio di Barbi eri, lo stesso imprenditore sembrava essere molto più sicuro e avere la lingua molto più sciolta. È in quell’occasione che Labate afferma infatti che Fiume – lo stesso personaggio che oggi in aula asserisce di non conoscere – era l’uomo mandato dai De Stefano a sovraintendere sull’operato dell’allora sindaco, Giuseppe Scopelliti. Una circostanza confermata – spiegava all’epoca Labate –  dall’impegno elettorale del titolare dell’Oasi Village, Pino Scaramuzzino,  chiamato – afferma oggi in aula – «dentro una commissione. So che dentro c’era Giovanni Bilardi, è stato estromesso e hanno messo dentro Scaramuzzino». Forse non a caso, perché l’Oasi – commentava all’epoca e ha confermato oggi in aula – «sulla carta è di Scaramuzzino, ma in realtà è dei De Stefano. Scaramuzzino è venuto con tre miliardi, ma io non so se erano suoi o di Peppe De Stefano».

DE STEFANO, UN COGNOME CHE FA PAURA
Un cognome che Labate sembra pronunciare a fatica e con paura. E – casualmente – proprio su uno degli esponenti di De Stefano, l’avvocato Giorgio, e sul suo storico braccio destro e amico, Paolo Romeo, entrambi condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, Labate sembra cambiare radicalmente versione rispetto alla conversazione intercettata dagli investigatori.
In quella circostanza – come riportato dall`informativa del Ros – Labate si lamentava del consigliere Flesca, all’epoca titolare della delega per la manutenzione ordinaria e straordinaria nel settore Lavori pubblici, perché i sedici miliardi stanziati per alcuni lavori pubblici sarebbero andati alla ditta “Franco di Roccella”, ma soprattutto perché otto miliardi, per il rifacimento dell’asfalto delle strade, sarebbero andati a Giorgio De Stefano e Paolo Romeo. «Si sono mangiati sopra a dodici miliardi di strade che dovevano bitumare, penso che se ne sono mangiati eh!!! non dico dieci, ma una ottina di miliardi se li sono mangiati, se li sono divisi…. ed ora uscirà fuori sempre che le menti sono Paolo e Giorgio!… uscirà fuori. Paolo Romeo e Giorgio De Stefano», affermava chiaramente Labate all’epoca. Personaggi che oggi in aula sono divenuti “capri espiatori” di un sistema di cui «i responsabili sono negli uffici tecnici».

IL CORO DELLE BOCCHE CHIUSE
Non più loquaci o illuminanti sono stati gli altri due imprenditori chiamati oggi a testimoniare. Se Emilio Frascati, titolare dell’appalto per la ristrutturazione del negozio di Ugo Marino – noto titolare di un negozio di alta moda in città – dopo aver ricevuto una richiesta estorsiva, si sarebbe limitato a “girarla” al titolare, senza occuparsi ulteriormente alla cosa, non meno disinteressato alla realtà circostante sembra essere stato Giuseppe Gigliotta, imprenditore edile di Villa San Giovanni, che si sarebbe limitato a prendere atto della mano nera che alcuni sconosciuti avevano apposto come simbolo distintivo di un suo cantiere. Una mano nera che – stando a quanto riferito dal pentito Nino Fiume – sarebbe stata per alcuni anni il simbolo del “nuovo corso” nella gestione degli appalti, accreditando l`esistenza di una nuova organizzazione che dettava le regole a Reggio città. E la nuova organizzazione era proprio quella del nuovo “direttorio” tra cosche che, fino a pochi anni prima si erano date battaglia per le strade cittadine in una mattanza che lasciò sul selciato circa settecento vittime. (0040)

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