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La versione di Furchì: se Musy potesse mi scagionerebbe

LAMEZIA TERME La “verità” di Francesco Furchì. Il faccendiere calabrese, accusato del tentato omicidio del consigliere comunale di Torino Alberto Musy – ancora in coma –, racconta la sua versione d…

Pubblicato il: 13/06/2013 – 11:37
La versione di Furchì: se Musy potesse mi scagionerebbe

LAMEZIA TERME La “verità” di Francesco Furchì. Il faccendiere calabrese, accusato del tentato omicidio del consigliere comunale di Torino Alberto Musy – ancora in coma –, racconta la sua versione dei fatti in un`intervista concessa al giornalista de La Repubblica Meo Ponte. L`inviato del quotidiano diretto da Ezio Mauro gli ha fatto arrivare le domande in carcere, alle quali adesso risponde «con una penna blu e con una calligrafia fitta, ordinata, un linguaggio preciso. E comincia senza mezze misure, accusando chi vuole giudicarlo colpevole prima che si sia concluso il processo per il tentato omicidio del consigliere comunale Alberto Musy».
Eccola, la versione di Furchì: «Della mia immagine e della mia persona hanno fatto strame. Tutti, non solo coloro che, in forza di spaventose suggestioni, si sono immediatamente schierati sul versante dei colpevolisti, ma anche quanti ben conoscendomi, per invidia, hanno preferito tenersi alla larga temendo di essere infettati dall`assiduità delle frequentazioni e dagli scambi amicali costanti nel tempo. Sono una persona assolutamente normale».
Il processo a suo carico, è iniziato la scorsa settimana nel Tribunale di Torino. Il pubblico ministero, Roberto Furlan, ha esordito citando le cartelle cliniche delle visite psichiatriche alle quali Furchì é stato sottoposto in prigione. «Il medico – ha spiegato – parla di struttura di tipo narcisistico. Quando perde il controllo Furchì si infervora al punto da parlare in dialetto calabrese e in modo sgrammaticato. Ha reazioni incontrollate». Secondo l`accusa, il movente sarebbe la vendetta: l`imputato era arrabbiato perché Musy non assecondava i suoi tentativi di fare carriera, sia in politica che in altri ambiti».  
Furchì prova invece a ribaltare agli occhi dell`opinione pubblica il profilo che di lui sta emergendo dal processo: «Non bevo, non fumo, non gioco. Incensurato con un rispetto “vero” delle istituzioni. Ho debolezze e asperità, ma nulla di più. Sono nato nella mia amata Calabria. A soli tre anni sono venuto a Torino. Ho tentato come presidente di Magna Grecia di unire realtà diverse, nord-sud, partendo dalla cultura per aggregare regionali lontane geograficamente ma vicine culturalmente. E di produrre qualcosa di positivo come ha fatto battendomi dieci anni fa per ottenere un volo diretto Torino-Lamezia Terme. A Torino non sono stato certo fortunato, ma ho la coscienza a posto».
Incalzato dalle domande di Ponte, il presunto aggressore di Musy tenta di ricostruire gli spostamenti di quel fatidico giorno: «Comprendo che è difficile da credere ma non ricordo di quel giorno. D`altra parte le domande sui miei spostamenti di quella maledetta mattina mi sono state poste a distanza di undici mesi! Sfido chiunque a ricostruire una giornata frenetica per me come le altre. Ciò che ricordo sono i momenti successi alla notizia dell`attentato a Musy. Ricordo di aver aperto l`ufficio di via Garibaldi ai traslocatori, ma non ho memoria precisa ad oggi di come abbia raggiunto quel luogo: se in auto o in autobus. Se lo ricordassi lo avrei detto immediatamente. E se avessi paradossalmente programmato un delitto tanto orrendo non avrei certo trascurato circostanze così rilevanti. Mi sarei creato un alibi credibile».
Furchì ribadisce i rapporti «di assoluta cordialità» con Musy, rivendicando la sua stima, passata e presente, per il consigliere comunale: «Gli ero e gli sono amico. Credevo nel suo progetto politico. Sono stato, lo dico al passato ormai, amico di molti politici che mi hanno sfruttato per lucrare visibilità attraverso la mia associazione ma mi hanno poi deluso politicamente e culturalmente. Non per questo ho mai pensato di sparare a qualcuno. Se si dovesse attentare alla vita di tutti quelli che ci deludono saremmo tutti dei potenziali assassini!».
«Come è entrato in contatto con personaggi come Michele Cucuzza, Biagio Andò, ecc?», chiede il giornalista di Repubblica. «Forse – spiega Furchì – per il mio spirito aggregativo e la voglia di spezzare l`isolamento calabrese rispetto al resto d`Italia. Cercando di unire e mai di dividere. Potrei citare tra le mie conoscenze nomi di fama internazionale. Ho presentato i libri di Cucuzza alla Fondazione Sandretto, l`anno scorso al Salone del libro. Ho fatto lo stesso con Andò, Pino Arlacchi, Carmen Lasorella, Andrea Pamparana. Ho organizzato l`incontro sul federalismo con i presidenti della Regione Sicilia (Lombardo) Piemonte (Bresso) e Calabria (Loiero). Senza mai millantare nulla».
L`unico imputato per il tentato omicidio del consigliere torinese risulta nullatenente. Chi pagherà le spese vive del processo? «La mia famiglia. Mia sorella, ma anche mia madre, nonostante l`età, mi sostengono. Agli avvocati Pittelli e Ferrara va la mia immensa gratitudine per essersi offerti di difendermi gratuitamente. Sarà chiaramente da “uomo” e persona seria quale mi reputo sdebitarmi con quanti mi sono accanto in questo terribile momento».
«Se potesse parlare con Musy cosa gli direbbe?», chiede ancora Ponte. «Che ho sofferto e soffro per la sua condizione. Che non sono io l`autore di quel gesto criminale. Musy sa che non sono l`uomo che gli sparato sottraendolo alla vita e agli affetti. Sono certo che se Musy uscisse dalla stato in cui è oggi sarebbe il primo a riconoscere la mia totale estraneità».
Il processo farà chiarezza. Nel frattempo, Furchì resta in carcere, «in isolamento, ma con la serenità di una persona innocente che può guardare tutti negli occhi. Leggo, guardo la tv, soprattutto penso che la giustizia non si possa fare cercando un possibile colpevole ma il colpevole vero. Cosa che io non sono. Mi auguro che il mio arresto non abbia messo fine alla indagine e che chi sa qualcosa trovi di coraggio infine di dire la verità». (0040)

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