REGGIO CALABRIA È stato sentito per oltre un’ora e mezza il consigliere regionale del gruppo “Insieme per la Calabria”, Giulio Serra, interrogato oggi in qualità di indagato dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e dal pm Matteo Centini nell’ambito dell’inchiesta “Rimborsopoli”. Bocca cucita, volto serio, all’uscita della stanza del procuratore aggiunto Sferlazza, Serra non si lascia sfuggire verbo. Tocca al suo legale appellarsi al «rispetto del segreto istruttorio» e dribblare qualsivoglia domanda, limitandosi a commentare: «Abbiamo chiarito tutto, ma non possiamo rivelare nulla per rispetto del lavoro degli inquirenti».
Un commento ormai standard per i consiglieri costretti a sottoporsi alle domande di Sferlazza e Centini, che da mesi stanno passando ai raggi X i bilanci presentati nel corso degli anni dai partiti che si sono avvicendati in consiglio regionale. A Serra – in precedenza sentito dal pg Scuderi come persona informata sui fatti anche nell’ambito dell’inchiesta per peculato che riguarda, Antonio Rappoccio, arrestato lo scorso agosto e attualmente ai domiciliari – gli inquirenti hanno chiesto conto delle spese del gruppo consiliare di cui Serra era a capo, dunque formalmente responsabile. In quell`occasione – stando ai verbali – il consigliere avrebbe affermato di non aver mai effettuato una «verifica di congruità» sulle note spese presentate da Rappoccio. Una questione su cui è facile immaginare che abbiano chiesto lumi anche i procuratori Sferlazza e Centini, nonostante Serra non si sia lasciato sfuggire alcun particolare al riguardo.
Serra è il sesto politico – dopo il neosenatore Giovanni Bilardi (Scopelliti presidente), il capogruppo Pd, Sandro Principe, il consigliere Nino De Gaetano, oggi nel Pd dopo l’esordio in consiglio regionale con la Fds, il capogruppo del Pdl, Giampaolo Chiappetta e l’assessore regionale, Fedele – chiamato a rendere conto dei bilanci presentati dal suo gruppo di appartenenza. Nelle prossime settimane invece di fronte ai pm, dovranno sfilare gli assessori regionali Alfonso Dattolo (Udc) e Pino Gentile (Pdl), il sottosegretario Alberto Sarra (Pdl) e i consiglieri Agazio Loiero (Autonomia e diritti), Giuseppe Bova (misto), Emilio De Masi (Idv) e Vincenzo Antonio Ciconte (ex Progetto democratico) che nelle scorse settimane sono stati tutti raggiunti da avviso di garanzia. Ai magistrati, i tredici politici – oggi indagati per peculato – dovranno spiegare come mai nei bilanci dei gruppi del consiglio regionale della Calabria – lautamente rimborsati dall’Ente – sarebbe finito di tutto: dai detersivi ai “Gratta e vinci”, dalle cartelle esattoriali ai viaggi all’estero e ai tablet. Una tornata di interrogatori che, stando ai calcoli della Procura, dovrebbe terminare a luglio, quando agli inquirenti toccherà elaborare gli elementi – estremamente utili, secondo indiscrezioni – raccolti nel corso dell’istruttoria e valutare la possibilità di allargare il campo delle contestazioni, come il numero degli indagati.
A settembre – suggeriscono fonti vicine alle indagini – l’inchiesta si potrebbe infatti allargare anche ai singoli consiglieri che avrebbero fatto confluire le proprie spese – assolutamente private – nei conti dei gruppi regionali. Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza infatti, i soldi pubblici, ufficialmente destinati a finanziare le spese istituzionali delle singole formazioni politiche, dal 2010 a oggi sarebbero serviti per pagare consumazioni al bar (è stato chiesto il rimborso anche di un singolo caffè), cene conviviali, telefoni cellulari, tablet, gite alle terme e soggiorni in albergo di persone che con Palazzo Campanella nulla hanno a che fare. Un giro vorticoso di fatture che però non arriverebbe a spiegare dove sia finito il mezzo milione di euro di fondi regolarmente iniettato nelle casse delle formazioni politiche, di cui oggi non c`è più traccia e di cui nessun documento contabile certifica l’uscita. «È un quadro squallido e sconfortante, la rappresentazione plastica di come la res publica diventa quasi res privata», commentano dalla Finanza, i cui uomini da tempo hanno palazzo Campanella nel mirino. Il primo blitz – che ha messo in subbuglio le stanze del consiglio regionale e ha fatto salire la tensione alle stelle a più di uno – risale al 5 dicembre scorso. Da allora i militari della Gdf, hanno acquisito i rendiconti dei gruppi per incrociare dati, spese, fatture e scontrini. (0050)
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