REGGIO CALABRIA «Il memoriale accentua di molto quelle che erano le mie perplessità iniziali e conferma quello che ho sempre detto: dietro Nino Lo Giudice c’è un burattinaio». Non ha esitato a mettere nero su bianco tutte le perplessità – già in passato più volte esternate – sull’attendibilità delle “rivelazioni” del collaboratore Nino Lo Giudice, il procuratore Salvatore Di Landro, che nei giorni scorsi ha scritto una durissima relazione sulla situazione che vive oggi la sua Procura.
Trenta pagine di fuoco, indirizzate al Consiglio superiore della magistratura, alla Procura generale presso la Corte di cassazione ed al ministero della Giustizia, con cui il procuratore generale ha «esposto in modo dettagliato e preoccupato i fatti succedutisi dal 3 gennaio 2010, perché chi di competenza sia al corrente di quanto sta succedendo a Reggio Calabria». Una successione di eventi che parte da quelle bombe che a Reggio hanno inaugurato quella stagione di attentati e intimidazioni di cui Nino Lo Giudice, detto il Nano, si è autoaccusato all’inizio della sua collaborazione e arriva fino al memoriale che il collaboratore – dopo essersi reso irreperibile – ha fatto recapitare a Reggio Calabria.
Un documento scottante e scioccante con cui non solo accusa alcuni magistrati di averne drogato la collaborazione, ma soprattutto ritratta tutte le sue precedenti dichiarazioni. Prime fra tutte, quelle sulle bombe del 2010 di cui si era accusato di essere responsabile. Dichiarazioni che fin dal principio non hanno convinto il pg Di Landro – colpito personalmente da uno di quegli attentati del 2010 che Lo Giudice ha rivendicato – che anche in pubblica udienza a Catanzaro, si è mostrato scettico sulla ricostruzione che vuole il Nano responsabile di quella stagione di terrore. «Certamente nella relazione ho ribadito le perplessità che ho sempre espresso al riguardo, e non da solo. Ricordo che anche un giudice terzo, il gip di Catanzaro, ha sempre espresso forti riserve sulla figura di Lo Giudice a causa della sua incapacità di indicare un movente chiaro e credibile per gli attentati».
Tutti elementi che adesso toccherà a Roma valutare, in vista di eventuali provvedimenti che il procuratore generale – specifica – non ha chiesto. «Non ho sollecitato un’ispezione – dice Di Landro – né è in mio potere farlo ma credo che gli organi competenti debbano essere messi al corrente di quanto sta succedendo a Reggio Calabria». Una situazione che in riva allo Stretto si è andata complicando di mese in mese, con un progressivo imbarbarimento del clima, reso sempre più pensante da minacce più o meno velate, omissioni e veleni. (0080)
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