Alta tensione 2, a Reggio il processo entra nel vivo
REGGIO CALABRIA È con la testimonianza del vicequestore aggiunto Francesco Giordano, il funzionario della squadra mobile della Questura che ha coordinato le indagini, che entra nel vivo il processo “…

REGGIO CALABRIA È con la testimonianza del vicequestore aggiunto Francesco Giordano, il funzionario della squadra mobile della Questura che ha coordinato le indagini, che entra nel vivo il processo “Alta tensione 2”, che vede alla sbarra anche l’ex consigliere comunale del Pdl Giuseppe Plutino, finito in carcere con l’accusa di essere il referente istituzionale del clan Caridi, federato agli ancor più potenti Libri. E sono state proprio le `ndrine che controllano i quartieri San Giorgio Extra, Boschicello, via Pio XI, Modena e Ciccarello – ha spiegato Giordano in punta di intercettazioni – a prodigarsi per la rielezione di Plutino, ricatapultato a Palazzo San Giorgio nel 2011, con un’ondata di consensi, che lo hanno trasformato da semisconosciuto consigliere di periferia, transitato dall`Udc al Pdl, a campione delle preferenze, proiettato nell`Olimpo dei primi cinque eletti in città. Una vittoria che il clan – testimoniano le risultanze investigative – ha costruito facendo convergere sul politico non solo le preferenze degli affiliati, ma anche di quanti fossero sotto il loro controllo. Come la comunità rom, insediata da decenni in uno dei quartieri in mano alla cosca e sulla quale i Caridi-Borghetto-Zindato esercitano un ferreo controllo.
Un risultato per il quale hanno poi presentato il conto. In cambio dell`appoggio, la cosca pretendeva affari, appalti e favori. Come l`assunzione in qualità di collaboratore temporaneo della struttura del gruppo consiliare del Pdl in consiglio regionale, Maria Cuzzola, nipote di Eugenio Borghetto. Per ottenerla, secondo i magistrati, Plutino sarebbe arrivato a minacciare il consigliere regionale Giovanni Nucera, originario del medesimo quartiere e con il quale il consigliere comunale ha condiviso il proprio percorso politico. E Nucera, ha pagato il suo “no” alle blandizie del clan con un`intimidazione. Ad occuparsene – hanno ricostruito le indagini – sarebbe stato Domenico Condemi – uomo forte del rione che aveva caldeggiato l`assunzione della ragazza –, che il 9 marzo 2011 avrebbe lasciato una tanica piena di benzina sul cofano della propria autovettura. Un`intimidazione in piena regola necessaria per far capire – senza possibilità di errore – il messaggio del clan. Una mossa che gli si ritorcerà contro. È proprio dalla denuncia di Nucera infatti – spiega Giordano – che sono partiti i nuovi approfondimenti sui Caridi, già dall’operazione che del 29 ottobre del 2010 che aveva portato a decine di arresti di affiliati dei medesimi clan. Indagini – ricordate oggi in aula dal vicequestore – che hanno dimostrato come la cosca fosse ancora attiva e in grado di pianificare le attività da infiltrare e quelle da taglieggiare, come l’ammontare delle somme di denaro da riscuotere, ma soprattutto, come meglio utilizzare quel «compare Pino» che ragazzi e picciotti di San Giorgio Extra, il giorno del suo arresto salutavano con calore mentre in manette scendeva le scale della Questura.