«Rechichi era sempre a disposizione»
REGGIO CALABRIA Per i più, Pino Rechichi, ex direttore operativo della Multiservizi, è l’uomo che i Tegano avevano delegato alla gestione della più grande municipalizzata della città. O almeno questo…

REGGIO CALABRIA Per i più, Pino Rechichi, ex direttore operativo della Multiservizi, è l’uomo che i Tegano avevano delegato alla gestione della più grande municipalizzata della città. O almeno questo è il ruolo che – stando alle carte dell’inchiesta Archi Astrea – Rechichi avrebbe svolto fin dalla sua costituzione. Ma per il pentito Giovan Battista Fracapane, uno dei killer più spietati dello schieramento De Stefano – Condello ai tempi della guerra di `ndrangheta, a lui sarebbe toccato anche il compito di raccogliere i soldi delle estorsioni . «Tra il 1987 e il 1989, lui portava i soldi ai Tegano, che li davano a Totò Polimeni, U Troiu, che li portava alle famiglie dei latitanti. Non so se Polimeni avesse un incarico, all’epoca era molto giovane, non aveva più di 16-17 anni. Chi lo vedeva però, vedeva il nipote dei Tegano».
È con gli occhi e i ricordi di un killer più interessato e al corrente della struttura militare per cui lavora, piuttosto che degli affari e dei rapporti che permettono a quella struttura di funzionare, che il collaboratore di giustizia – incalzato dalle domande del pm Giuseppe Lombardo – ha spiegato ruoli e peso degli uomini della cosca Tegano oggi alla sbarra nel procedimento Archi Astrea. Uomini che incrociava a casa degli arcoti dove quotidianamente – dice – andava a prendere ordini sugli «obiettivi» dello schieramento condelliano da individuare ed eliminare e che con lui partecipavano a quelle riunioni, che erano coordinate da Domenico Tegano. Ma anche insospettabili, come Pino Rechichi – formalmente titolare della Comedil, che «dal 2001 – dice il collaboratore – è passata ai Tegano» – ma che non si sarebbe sottratto quando è stato necessario dare rifugio al gruppo di fuoco – «formato dallo stesso Fracapane, insieme a Roberto Moio e Giorgio Benestare» – reduce dal fallito attentato al boss di Fiumara, Nino Imerti. Uomo di Carmelo Barbaro, Rechichi – racconta Fracapane – era «uno sempre a disposizione».
Il pentito non sa dire da chi prendesse i soldi, né chi fossero gli imprenditori taglieggiati perché – afferma, rispondendo alle domande degli avvocati – «il nostro compito era solo quello di ammazzare la gente, non ci occupavamo di altro». Eppure sono tanti gli uomini del clan Tegano – i fratelli Rechichi, Alberto Rito, i gemelli Lavilla, Giorgio e Angelo Benestare, Carmelo Murina, Pasquale Utano – che, nel corso delle ultime due udienze, Fracapane riesce quanto meno a identificare e collocare in un contesto preciso. Di molti di loro, sostiene in modo più prudente rispetto al passato quando senza esitare li aveva definiti – gli ricorda il pm Lombardo – accoscati al clan Tegano, non può dire «che fossero affiliati perché io non ho assistito a rituali, né ho visto quando gli hanno dato fiori o cariche. Per me sono molto vicini ai Tegano e con questo intendo che se dovevano bruciare una macchina la bruciavano, se si doveva rubare la rubavano, se c’era una cosa da fare, la facevano. In questo senso per me erano vicini ai Tegano». Una definizione che vale anche per Rechichi, definito come «uomo molto vicino a Melo Barbaro». Un personaggio che avrebbe avuto un ruolo non di poco conto nella galassia del clan di Archi: «Durante la guerra, se uno come Rechichi accompagna Barbaro a una riunione in cui non si parla di sport o di calcio, ma di organizzare omicidi, se lo accompagna all’incontro con i latitanti, è più di un affiliato, ma una persona di estrema fiducia». Una persona che sarebbe stata destinata a curare gli interessi del clan in ben specifici settori in città, ma soprattutto l’uomo che il clan avrebbe scelto per la gestione di Multiservizi.