Gratteri: «Spero che Pannunzi collabori»
«Spero che Roberto Pannunzi inizi a collaborare con la giustizia, ma è molto difficile che questo accada perché ha troppi soldi a disposizione e troppi parenti». Lo ha detto Nicola Gratteri, procurat…

«Spero che Roberto Pannunzi inizi a collaborare con la giustizia, ma è molto difficile che questo accada perché ha troppi soldi a disposizione e troppi parenti». Lo ha detto Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, intervistato da Duilio Giammaria e Benedetta Rinaldi a Unomattina, commentando il recente arresto a Bogotà del narcotrafficante. «In questo momento il boss è rinchiuso provvisoriamente a Rebibbia – ha aggiunto il magistrato – ma pensiamo ad un carcere più sicuro, Rebibbia è troppo frequentato, troppa gente che va e che viene. Io stesso ho scritto per lui la richiesta di 41 bis. E` necessario innanzitutto, che vengano aperti i due penitenziari sardi pensati proprio per il 41 bis – ha continuato Gratteri – sono già completati, ma mai messi in funzione a causa di contrasti politici. Bisogna, inoltre, riaprire Gorgona e l `Asinara, stipulare trattati bilaterali con Albania, Romania, Tunisia affinché gli stranieri scontino la pena nei loro Stati di origine. Occorre – ha concluso il magistrato reggino – risolvere il problema dei tossicodipendenti detenuti facendo in modo che vengano disintossicati fuori dagli istituti penitenziari perché è inutile tenere in carcere gente che ha rubato una macchina per comprare una dose di droga. Solo se si affrontano questi punti si risolverà il problema del sovraffollamento». Quanto al contrasto internazionale al narcotraffico, Gratteri ha rilevato come «le politiche dell` Onu in Sudamerica siano fallite. perché è stata fatta da un trentesimo piano di New York, mentre, invece, bisognava sporcarsi i piedi, andare con i Caschi blu in Colombia, Bolivia, Uruguay e Perù per fare accordi diretti con i `Cocaleros`. La droga muove troppi soldi e, per esempio, gli avvelenamenti dei campi di coca con gli aerei sono falliti perché i grandi narcotrafficanti pagavano i piloti, che, anziché spruzzare veleno, buttavano acqua sulle colture».