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«Contro di me torture fisiche e mentali»

REGGIO CALABRIA «Sono stato torturato mentalmente e fisicamente »: non sono durate più di venti minuti le spontanee dichiarazioni con cui Luciano Lo Giudice ha fornito la sua versione sulle accuse ch…

Pubblicato il: 09/07/2013 – 12:07
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«Contro di me torture fisiche e mentali»

REGGIO CALABRIA «Sono stato torturato mentalmente e fisicamente »: non sono durate più di venti minuti le spontanee dichiarazioni con cui Luciano Lo Giudice ha fornito la sua versione sulle accuse che gli vengono mosse nel processo “Do ut des”, che lo vede alla sbarra insieme a fratelli e cugini. Contro di loro, a pesare sono state anche le dichiarazioni del fratello Nino, il collaboratore di giustizia scomparso da oltre un mese, che dopo aver fatto perdere le sue tracce con uno scottante memoriale ha smentito tutte le dichiarazioni fatte in precedenza.
Contrariamente a quanto successo in passato, Luciano – che ha sempre attaccato duramente il fratello – non accenna al memoriale, tanto meno alle pesantissime accuse di Nino contro i magistrati reggini – l`ex procuratore capo Giuseppe Pignatone, il suo aggiunto Michele Prestipino e la sostituto Beatrice Ronchi, che sostiene l`accusa contro il clan Lo Giudice – che a detta del pentito ne avrebbero drogato la collaborazione. Tuttavia – lascia intendere Luciano – in altra sede potrebbe averlo fatto.
«Il 16 febbraio 2012 sono stato sentito dalla procura di Perugia. In quella sede ho chiarito i miei rapporti con il dottore Cisterna, così come gli abusi e le pressioni che ho ricevuto dalla Questura di Reggio Calabria. Ho chiarito tutto e sono disponibile a chiarirlo ancora». Un interrogatorio di cui curiosamente il legale di Luciano, l`avvocato Caccamo, sembra non essere a conoscenza.
É lo stesso avvocato ad ammetterlo quando il pm Ronchi chiede l`acquisizione di quel verbale di interrogatorio. Un’istanza che il legale non può avallare perché – dice – «non  sono a conoscenza dei contenuti di quel colloquio». Luciano sarebbe stato sentito nell`ambito del procedimento per calunnia che vedeva il fratello Nino indagato in seguito alla querela presentata dall`ex numero due della Dna Alberto Cisterna, accusato dal pentito di aver intrattenuto rapporti fin troppo cordiali con il fratello Luciano. Accuse sempre respinte al mittente tanto dall`alto magistrato, come dal fratello del collaboratore, ma soprattutto recentemente smentite dallo stesso Nino Lo Giudice che nel suo memoriale ha sostenuto di essere stato indotto ad accusare Cisterna.
Luciano ha detto oggi di avere sempre avuto rapporti chiari e più che leciti con magistrati e uomini delle forze dell`ordine. Respingendo infatti l`accusa di aver acquistato armi, quello che viene considerato la mente imprenditoriale del clan Lo Giudice ha affermato: «Dopo essere stato scarcerato io avevo paura anche di parlare con persone che non conoscevo perché temevo che fossero pregiudicati. Di sicuro non ho cercato di procurarmi armi. A me non servivano le armi, perché in caso di problemi mi bastava alzare il telefono e chiamare Mollace, la Dda, il capitano Spadaro Tracuzzi o Ferlito». (0040)

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