REGGIO CALABRIA È appena iniziato il confronto diretto tra l`ex vicecapo della squadra mobile di Reggio Calabria, Luigi Silipo e il magistrato Roberto Pennisi, in forza alla Procura nazionale antimafia. Il primo ha redatto un`informativa a carico di Alberto Cisterna, all`epoca numero due della Procura nazionale, che il magistrato ha subito denunciato come artefatta. Il secondo ha raccolto dal dottor Silipo la “confessione” che quell`informativa sarebbe stata frutto di pressioni esercitate su di lui. Cinque ore fitte di interrogatorio non sono bastate al gup di Reggio Calabria, Cinzia Barilà, per capire bene come sono andate le cose attorno alla contestata informativa redatta dal dottor Silipo. Così, dopo una breve pausa in camera di consiglio, il gup ha riconvocato i due testimoni disponendo il confronto davanti a lei. In precedenza il gup aveva ascoltato per quasi tre ore Silipo e, subito dopo, Pennisi chiamati entrambi a testimoniare nel procedimento – oggi in fase di udienza preliminare – che vede Alberto Cisterna accusato di calunnia per aver denunciato l`alterazione dell`informativa che a suo carico proprio Silipo aveva redatto. Un documento che stando a quanto denunciato oltre due anni fa dal magistrato della Dna, Silipo sarebbe stato costretto ad alterare. Le versioni sull`accaduto devono essere state radicalmente differenti se il gup Cinzia Barilà alla fine ha disposto per oggi stesso un confronto diretto fra i due, il che carica di toni drammatici una giornata già caratterizzata da palpabile tensione, posta la delicatezza delle cose trattate. Si tratta dell`ennesimo capitolo di una vicenda quasi paradossale che si innesta nel grande calderone di veleni nato dalle rivelazioni che Nino Lo Giudice – il pentito di cui da oltre un mese si sono perse le tracce – aveva affidato a un memoriale redatto dopo i 180 giorni durante i quali i pentiti sono obbligati a mettere nero su bianco tutto quello che è a loro conoscenza. All’ex numero due della Dna, quelle parole sono costate un procedimento poi archiviato – su richiesta della stessa Procura che lo aveva istruito – per mancanza di elementi validi per sostenere l’accusa, ma soprattutto due anni di gogna e una carriera fisiologicamente proiettata alla poltrona di capo della Procura di Reggio Calabria. Ad alimentare quel procedimento c’è stata anche un’informativa redatta da Silipo dalla quale è scomparsa un’intercettazione che avrebbe immediatamente scagionato il vice di Grasso. Irregolarità denunciate da Cisterna e riscontrate dalla Procura che però, ritenendole «attinenti ad aspetti marginali e prive di dolo», ha chiesto l’archiviazione dell’esposto e contestualmente il rinvio a giudizio per calunnia di Cisterna. Una vicenda complessa, su cui però Roberto Pennisi da anni ha qualcosa da dire e che nessuno – a quanto pare – ha mai voluto ascoltare. In un dettagliato memoriale, l’alto magistrato della Dna ha raccontato infatti di aver appreso, in occasione di un casuale incontro con Silipo all’aeroporto di Roma, delle pressioni ricevute dal funzionario nel corso delle indagini su Cisterna. Pressioni che Silipo ha solo di recente sentito la necessità di smentire. (0050)
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