SANGUE INFETTO | Sette indagati all`Azienda ospedaliera di Cosenza
COSENZA I filoni dell`inchiesta sono due. Gli indagati, invece, sette. Tutti medici e dirigenti dell`Azienda ospedaliera, che la Procura di Cosenza sentirà – alcuni sono già stati ospiti degli uffici…

COSENZA I filoni dell`inchiesta sono due. Gli indagati, invece, sette. Tutti medici e dirigenti dell`Azienda ospedaliera, che la Procura di Cosenza sentirà – alcuni sono già stati ospiti degli uffici giudiziari bruzi – per ricostruire il tragico viaggio di Cesare Ruffolo nei corridoi e nelle stanze dell`ospedale dell`Annunziata. Il 75enne è morto dopo una trasfusione di sangue contaminato da germi. E le denunce dei familiari hanno acceso i riflettori sulle procedure che hanno portato la sacca di sangue infetto fino al capezzale del paziente e sulle comunicazioni farraginose tra i vertici dell`Ao e gli uffici giudiziari, che sono venuti a conoscenza – secondo i legali della famiglia – con un certo ritardo delle cause della tragedia.
Sul registro degli indagati sono finiti i vertici aziendale e sanitario dell`Azienda ospedaliera, Paolo Gangemi e Francesco De Rosa, e poi Marcello Bossio, direttore del Centro trasfusionale dell`Ao di Cosenza, Osvaldo Perfetti, direttore sanitario del presidio ospedaliero unico dell`Annunziata, Luigi Rizzuto, specialista di medicina interna di San Giovanni in Fiore, Maria Addolorata Vantaggiato, responsabile della struttura di Rischio clinico, e Pietro Leo, componente della stessa struttura.
Si tratta dei primi passi di un`inchiesta che si annuncia complessa. I vertici dell`azienda sarebbero indagati per omissione di atti d`ufficio: nell`ottobre 2012, infatti, la struttura commissariale della Regione Calabria, avrebbe segnalato criticità riguardanti il servizio trasfusionale dell`Ao di Cosenza e gli inquirenti vogliono capire quali provvedimenti siano stati attuati per superarle.
Bisognerà, poi, ricostruire il viaggio della sacca di sangue contaminata attraverso le strutture ospedaliere e verificare se vi siano state omissioni nel comportamento di medici e manager. Nei giorni successivi alla tragedia era stato proprio il direttore generale Gangemi a spiegare che quella sacca, partita da San Giovanni in Fiore, era passata da Cosenza, per poi essere dirottata ad Acri e nuovamente recapitata nel capoluogo bruzio. Una road map letale, che avrebbe potuto essere interrotta se solo qualcuno avesse controllato il codice identificativo, risalendo alla provenienza. Nei giorni precedenti al decesso di Cesare Ruffolo, infatti, in ospedale era stato lanciato un allarme analogo: un`altra contaminazione, per fortuna finita senza vittime, ancora in una sacca proveniente dal centro silano. Nonostante l`allerta, però, nessuno aveva bloccato la corsa del sangue infetto. Le indagini sono chiamate a fare luce anche su un altro aspetto, denunciato ieri dai legali dei familiari (Massimiliano Coppa, Chiara Penna, Paolo Coppa e Luigi Forciniti), per i quali «le dichiarazioni dell`Azienda ospedaliera, secondo cui “ci si è mossi ben prima della Procura e tutto si è scoperto grazie all`Azienda ospedaliera, che ha individuato il germe nelle sacche”» confermerebbero «la responsabilità omissiva di chi doveva e aveva l`obbligo di comunicare immediatamente all`autorità giudiziaria quanto stesse accadendo».
Il prossimo passo formale dell`inchiesta è atteso per lunedì, quando avverrà il conferimento degli incarichi ai consulenti tecnici di pm e parte civile. (0020)