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SANGUE INFETTO | La sanità assolve la politica (e viceversa)

COSENZA Se è vero che la notizia sta nell’incipit, allora la conferenza stampa convocata (e poi rinviata e riconvocata) ieri da Paolo Gangemi aveva uno scopo preciso: spiegare che Giuseppe Scopelliti…

Pubblicato il: 12/08/2013 – 23:01
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SANGUE INFETTO | La sanità assolve la politica (e viceversa)

COSENZA Se è vero che la notizia sta nell’incipit, allora la conferenza stampa convocata (e poi rinviata e riconvocata) ieri da Paolo Gangemi aveva uno scopo preciso: spiegare che Giuseppe Scopelliti non c’entra niente con i problemi del centro trasfusionale dell’Annunziata. Nel senso che non c’è nessuna responsabilità da parte della Regione e, ovviamente, del governatore e commissario per l’attuazione del Piano di rientro. Nonché sponsor politico del direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza. Il manager nominato da Scopelliti ha “assolto” – proprio mentre accusava la stampa di fare il lavoro della magistratura – il presidente della giunta regionale. E, tanto per far capire che non sono previsti gesti eclatanti, ha sottolineato che resterà al suo posto, “finché avrò la fiducia del presidente e finché lui non mi chiederà, per qualunque motivo, le dimissioni”. Una professione di fede così profonda, da parte di un manager, non si era mai sentita. Ma in quest’atmosfera di totale sovrapposizione tra sanità e politica ci sta pure questo: che il dg difenda a spada tratta il “suo” presidente che, a sua volta, si spenderà per fare scudo a quel dg.
Arriveranno ore di roventi contatti tra Regione e ministero della Salute: il documento più atteso ha iniziato a prendere forma ieri, con la terza visita ispettiva in dieci mesi nel Centro trasfusioni di Cosenza. I risultati finiranno nelle mani del ministro Beatrice Lorenzin nelle prossime 24 ore. E lo scarto tra politica e sanità, in questi giorni, sarà molto sottile, come al solito.
Gangemi, in conferenza stampa, ha detto che Giampaolo Grazzini, dg del Centro nazionale sangue, “ha apprezzato lo sforzo profuso (dal management, ndr) in termini di riunioni e direttive”. E poi si è difeso sui principi: “Oggi non abbiamo prove della ragione che ha causato la morte di Cesare Ruffolo (l’anziano che ha ricevuto la trasfusione contaminata, ndr)”, spingendosi un po’ più in là: “Non cè nessun nesso tra la situazione del centro trasfusionale e quella morte”. Ma anche questo dovrà chiarirlo l’inchiesta della Procura di Cosenza. L’Ao, secondo il suo vertice, in questa storia si sarebbe presa pure dei complimenti, quelli indirizzati dal ministero al responsabile del Rischio clinico, “per la relazione che è servita a individuare da dove arrivasse il sangue”. Insomma, il dg dell’Annunziata ci ha tenuto a spiegare che è stato fatto tutto il possibile e le procedure sono state seguite alla lettera. Non vuole sminuire la tragedia, ma neppure condividere responsabilità.
Anche sulla questione della Procura mai avvisata dopo la morte del paziente, Gangemi spiega che le segnalazioni ci sono state. Anche se non centrano con la storiaccia della sacca killer: “Il 13 (si suppone di luglio, ndr) ho trasmesso una nota alla Procura della Repubblica sottolineando che abbiamo strutture al di sotto dei requisiti minimi organizzativi. Credo che sia una situazione correlata a quello che è successo al centro trasfusionale”. L’Annunziata cade a pezzi (il direttore sanitario del presidio ospedaliero, Osvaldo Perfetti, spiegherà che era una tesi sostenuta già nel 1973) e non ha un organico sufficiente. Colpa dei vincoli che arrivano dal Piano di rientro? Sì, ma non solo, visto che “non corre buon sangue tra il ministero della Salute e quello dell’Economia”.
Anche sulla situazione del centro sangue cosentino Gangemi ha un’opinione che tende a escludere corresponsabilità dei vertici aziendali: “L’80 del vulnus dipendeva dal direttore di quella struttura, serve avere un direttore di struttura complessa”. Le colpe della relazione shock, con 65 rilievi pesantissimi, cominciano a emergere nel discorso del dg. Scopelliti non c’entra e i manager nemmeno, ma forse qualche medico sì.
I meriti sono di chi “ha aperto il Dea, che non è stata un’operazione elettorale, ma è un reparto che funziona”. Le colpe pesano su chi “non ha voluto dare un nuovo ospedale a Cosenza”, cioè Doris Lo Moro, cioè il centrosinistra. Tanto per chiarire – a ogni frase un po’ di più – quale sia la distanza tra sanità e politica.
Così vicine da non poterle distinguere. A un certo punto ci si ricorda pure dei pazienti. Che Gangemi vuole rassicurare: “Il sangue che c’è all’Annunziata è assolutamente sicuro, tra l’altro le sacche oggi arrivano da altre regioni”. E, chissà perché, non suona proprio come un trionfo del sistema sanitario calabrese: quello in cui le responsabilità ci sono, ma i vertici non c’entrano nulla. (0020)

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