IN EDICOLA | Benedetti quattrini
La storia inizia nel 2006, a dicembre. A San Giovanni in Fiore – nella parrocchia che ha nella sua “giurisdizione” anche l`Abbazia florense – arriva un nuovo parroco, Santo Canonaco. Trova conti svuo…

La storia inizia nel 2006, a dicembre. A San Giovanni in Fiore – nella parrocchia che ha nella sua “giurisdizione” anche l`Abbazia florense – arriva un nuovo parroco, Santo Canonaco. Trova conti svuotati e molte fatture da pagare. Il 7 dicembre di quell`anno scrive una lettera al suo predecessore, Francesco Spadafora. È un elenco di bollette e debiti, ai quali si aggiungono diversi beni di proprietà della Curia: sono “evaporati”. Don Santo “resiste” per otto mesi, poi va via e il suo posto viene preso da don Germano Anastasio. Le liturgie domenicali si sommano a quelle per la ricerca dei beni spariti. Fino a quando i carabinieri non raccolgono la denuncia del nuovo paroco. Parte l`inchiesta della Procura di Cosenza, che cerca di far luce sulla vendita di 50 loculi, ceduti con contratti considerati «assolutamente nulli» dall`accusa. E poi sulla scomparsa di cornici, confessionali, crocefissi, calici, candelieri. E pure di un inginocchiatoio. C`è anche un capitolo che riguarda la vendita di alcuni terreni a Rocca di Neto: la Curia aveva autorizzato la transazione per 35mila euro; pare che ne siano passati di mano più del doppio.
Don Spadafora patteggia la pena di un anno, ma il procedimento va avanti e sfiora un nome eccellente. È il vescovo di San Marco Argentano-Scalea, Leonardo Bonanno, indagato perché avrebbe rivelato notizie coperte dal segreto proprio a don Francesco.
Dei soldi scomparsi – alcune stime parlano di due milioni di euro – non c`è traccia.
Ma la storia si arricchisce di un nuovo particolare, che non finisce nell`inchiesta ma fa discutere molto tra i monti della Sila. L`ospizio “San Vincenzo de` Paoli”, che si trova al piano terra e al primo piano dell`abbazia, viene ceduto a titolo gratuito a una società. Che si chiama proprio “San Vincenzo de` Paoli srl”. La parrocchia, si legge nell`atto di cessione, era «proprietaria e titolare dell`attività di assistenza agli anziani, svolta da oltre 50 anni». Attività ceduta, il 3 maggio del 2006, alla srl che si era costituita quello stesso giorno. Per un dirigente del Comune, quella srl «esercita l`attività ricettiva di assistenza agli anziani fin dal 1946 ed è l`unica struttura operante sul territorio di San Giovanni in Fiore». Parere necessario per ottenere l`accreditamento. I livelli politici del Comune disconoscono l`atto e reclamano i locali della casa di cura. Ma, a sette di distanza, nulla è cambiato.
È un caso, quello della parrocchia di San Giovanni in Fiore, che si somma ad altri nei quali le procure hanno messo nel mirino la gestione dei denari da parte della Chiesa. A Paola i soldi delle offerte ai frati Minimi sarebbero scomparsi e poi riapparsi su conti privati e in speculazioni di Borsa. A San Pietro in Amantea, invece, un parroco avrebbe fatto carte false pur di dare il via all`apertura di un museo dei cimeli tecnologici. Mentre, a pochi chilometri di distanza, a Serra d`Aiello, quel che resta dell`Istituto Papa Giovanni ricorda il caso più doloroso di utilizzo deviato dei fondi (pubblici) destinati a un`attività legata alla Curia di Cosenza: mentre i pazienti della struttura vivevano in condizioni assai poco dignitose, don Alfredo Luberto, responsabile delle finanze dell`Ipg, acquistava per sé dipinti di pregio e attrezzi per tenersi in forma. (0020)
La storia di copertina “Benedetti quattrini”, con i servizi di Roberto De Santo e Pablo Petrasso, è sul numero 115 del Corriere della Calabria, in edicola fino al 5 settembre.