Annamaria, un calvario lungo 10 anni
REGGIO CALABRIA Il branco che ha violentato Annamaria Scarfò, all’epoca poco più che tredicenne, deve pagare per il crimine commesso come disposto dai giudici del primo grado. Non ha dubbi il pg Cian…

REGGIO CALABRIA Il branco che ha violentato Annamaria Scarfò, all’epoca poco più che tredicenne, deve pagare per il crimine commesso come disposto dai giudici del primo grado. Non ha dubbi il pg Cianfarini, che nella sua breve ma dura requisitoria ha chiesto la conferma delle pene per Antonio Cutrupi, Maurizio Hanaman, Giuseppe Chirico, Antonio Cianci, condannati in primo grado a otto anni, e Fabio Piccolo, che di anni di galera ne dovrà scontare nove.
«Da dieci anni, si continuano a fare contestazioni che sono estranee alla fattispecie contestata», tuona il pg durante la requisitoria, attaccando frontalmente la linea delle difese, che fin dal principio hanno tentato di mettere in discussione il racconto della Scarfò, e anche oggi – prima della requisitoria – hanno nuovamente chiesto una riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia psicologica e ginecologica per la ragazza che ormai oltre dieci anni fa è stata vittima di abusi. «Questo e solo questo è quanto è stato fatto per dieci anni nei confronti di questa ragazza» .
Tanti sono stati infatti gli anni necessari perché il processo a carico degli aguzzini di Annamaria – che dopo averla stuprata per la prima volta in un casolare di campagna, l`hanno poi usata per tre anni – arrivasse in Appello. Complici le innumerevoli richieste di sospensiva con cui le difese hanno tentato di dilatare i tempi di giudizio, i mesi sono passati fino a diventare anni, in cui la ragazzina divenuta nel frattempo donna e costretta a vivere sotto protezione per le minacce subite da amici e familiari degli imputati, è stata più volta costretta a rivivere quegli anni di violenza. Ma ha sempre voluto affrontare in prima persona il processo, guardando in faccia i propri aguzzini. Anche quando, in dettaglio, ha descritto l’incubo vissuto e il ruolo preciso dei vari membri del gruppo. «Il suo racconto – ha sottolineato oggi il pg – è coerente e credibile e lo testimonia il fatto che non abbia fatto descrizioni generalizzate, ma abbia indicato in dettaglio chi l’ha picchiata, chi l’ha abusata, chi ha solo assistito». Per il pg Cianfarini può dunque solo qualificarsi come un «accanimento», il nuovo tentativo delle difese di derubricare il reato da violenza carnale di gruppo a violenza semplice.
Abusi che per l’avvocato di parte civile Rosalba Sciarrone sono espressione della «cultura maschilista della nostra terra. E questo è un dato sociologico, non una considerazione di merito». Una terra in cui «una donna merita rispetto non in quanto tale, ma come moglie, madre o sorella», in virtù di consuetudini che per alcuni sembrano più significative dei diritti costituzionali. Per questo – aggiunge – «nel momento in cui una donna non è più moglie e madre può essere trattata come merce di scambio o di favori». E Annamaria– cresciuta a San Martino di Taurianova, paesino dell’entroterra della Piana di Gioia Tauro – per il suo legale avrebbe pagato proprio per il suo essere libera, in una terra in cui l’essere spontanea diventa sinonimo di «essere a disposizione». Di chi ne ha voglia. O di chi vede in quella libertà una minaccia alla propria virilità, che non esita ad affermare con le minacce, la forza o la violenza. «Per gli abusi subiti – denuncia in un’aula piena a scoppiare l’avvocato Sciarrone, indignata dalla richiesta di una nuova perizia – Annamaria non potrà mai avere figli». Per questo, sottolinea ancora il legale, «non solo va confermata la sentenza ma anche il risarcimento dei danni subiti».
«Adesso aspettiamo una sentenza giusta che può essere solo la conferma delle condanne irrogate in primo grado» – dicono le donne dello Snoq, che da anni sostengono Annamaria fuori e dentro le aule di giustizia e oggi erano presenti in forze alla Corte d’Appello. Un’attesa destinata a non durare ancora a lungo. Il prossimo 18 ottobre è prevista la sentenza che metterà la parola fine a un iter processuale durato oltre dieci anni. Troppo per le donne del Snoq. «Annamaria – sottolineano – è il simbolo delle vittime di stupro che, dopo la violenza fisica subiscono anche uno stupro di Stato perché per anni sono costrette a rivivere lo stesso trauma. Si ritrovano la vita bloccata dalla necessità di rivivere e riraccontare la violenza subita, per questo noi continuiamo a batterci perché ci siano delle corsie processuali preferenziali e rapide per le vittime di violenza».