ARABA FENICE | Giglio, le talpe e le confische
REGGIO CALABRIA Che per i Giglio fossero in arrivo tempi duri e contestazioni pesanti lo aveva messo in chiaro quasi un anno fa la Cassazione che, intervenendo a gamba tesa nel procedimento milanese…

REGGIO CALABRIA Che per i Giglio fossero in arrivo tempi duri e contestazioni pesanti lo aveva messo in chiaro quasi un anno fa la Cassazione che, intervenendo a gamba tesa nel procedimento milanese contro i Lampada, aveva bacchettato i magistrati meneghini, sottilmente invitati a modificare in corsa il capo di imputazione contestato al medico Enzo Giglio, accusato di concorso esterno ma che per la Suprema corte sarebbe stato possibile giudicare come associato. In quella sentenza infatti gli ermellini sottolineavano che «per la configurabilità del reato di cui all`art. 416bis c.p. è, pertanto, necessario e sufficiente una adesione all`associazione – anche non formale o rituale – con l`impegno di messa a disposizione attraverso l`esplicazione, perdurante nel tempo, di uno specifico ruolo, dinamico e funzionale, da cui derivi un costante, effettivo e concreto contributo – di qualsiasi forma e contenuto – purché destinato alla conservazione o al rafforzamento dell`associazione». E se di norma – spiegavano in quella sentenza i massimi togati – gli inquirenti si sono concentrati su reati fine come estorsioni o traffico di droga «non meno importante, tuttavia, ai fini del raggiungimento degli scopi associativi, è tutta quell`attività che serve all`associazione per infiltrarsi nella società civile dove si presenta con il volto di personaggi insospettabili i quali avvalendosi di specifiche competenze professionali, avvantaggiano l`associazione fiancheggiandola e favorendola nei rafforzamento del potere economico, nella protezione dei propri membri, nell`allargamento delle conoscenze e dei contatti con altri membri influenti della società civile (cd. borghesia mafiosa)».
Un assist, quello della Cassazione, colto in pieno dagli inquirenti reggini per contestare al fratello del medico, l’avvocato Mario Giglio – arrestato nell’operazione “Araba Fenice” – il reato di associazione mafiosa. Un’accusa che si basa non solo sul ruolo acquisito per aver intrattenuto rapporti di frequentazione diretta lo storico boss della `ndrangheta reggina don Paolino De Stefano, o ancora sulle puntuali e riscontrate dichiarazioni di più di un collaboratore, ma soprattutto su quelle condotte che iscriverebbero l’avvocato Giglio fra quei «soggetti – siano essi politici, pubblici funzionali, professionisti o imprenditori» che per la Cassazione «devono ritenersi far parte a pieno titolo (come concorrenti interni) all`associazione mafiosa quando rivestano, nell`ambito della medesima, una precisa e ben definita collocazione, uno specifico e duraturo ruolo – per lo più connesso e strumentale alle funzioni ufficialmente svolte – finalizzato, per la parte di competenza, al soddisfacimento delle esigenze dell`associazione».
GIGLIO E LE TALPE
E sono diverse, variegate ma tutte mirate a tutelare la holding mafiosa di cui entrambi sono espressione le condotte che avrebbe messo in atto l’avvocato Mario Giglio, divenuto nel tempo fondamentale elemento di raccordo fra Liuzzo e «diverse amicizie importanti – si legge nell’occ – tra le quali l`ex consigliere regionale Morelli Francesco, all`interno di quel mondo di “insospettabili” o di soggetti “riservati” al servizio dell`organizzazione criminale indicata in premessa». Ma non solo. Fra gli uomini che Giglio aveva a disposizione per tutelare il suo protetto, ma soprattutto il suo patrimonio, ci sono anche diversi esponenti degli apparati investigativi, che già ai tempi dell’operazione della Dda di Milano – che porterà all’arresto del fratello, il medico Enzo Giglio e del cugino, l’ex giudice del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giglio – aveva fatto scattare la caccia alla talpa. E non è uno, ma sono diversi i soggetti che l’indagine ha scoperto disponibili a fornire notizie riservate sulle indagini in corso.
È lo stesso legale a svelarne l’identità nel corso di conversazioni intercettate, ascoltate e registrate con estremo interesse dagli investigatori.
Conversazioni come quella del 18 dicembre del 2009, quando Giglio, «con assoluta spregiudicatezza» sottolinea il gip Santoro, rivela a Liuzzo particolari all’epoca riservatissimi tanto sulle indagini in corso, come su operazioni pregresse tanto a suo carico, come a carico dell’imprenditore. «Una volta è venuto quando io ero nei Vallì quello che fa le indagini, che ora fa le intercettazioni telefoniche, De Domenico quello grosso (inc) «Mario hai un mandato di cattura, l`ho visto io firmato da parte di Boemi, per te, per De Angelis, perché riciclate i soldi degli Alvaro, un mandato di cattura, se vuoi possiamo intervenire. Pare che sono Totò Riina che mi devo buttare latitante, se mi devono arrestare che vengano ad arrestarmi. Che faccio scappo e poi mi mandano i soldi a Corleone?» esclamava il legale – quasi fatalista – con Liuzzo.
In realtà, all’epoca qualcosa l’avvocato Giglio ha fatto ed è lui stesso a raccontarlo all’imprenditore di cui è fidato consigliori: «Mi hanno portato le fotocopie, dove c`erano tutte le intercettazioni telefoniche…tutte le relazioni (inc) se hanno la forza, se è una cosa seria.. (inc) me la vedo io.. gli ho dato un vitello sotto feste, un agnello». Ma quella non sarebbe stata l’unica occasione in cui una divisa infedele avrebbe dato una mano al legale e al Liuzzo. È infatti sempre Giglio a rassicurare Liuzzo sulla possibilità di intercedere presso ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alla guardia di finanza, quando teme che sulla Euroedil – formalmente confiscata, ma grazie alla connivenza dell’amministratore di beni confiscati Francesca Marcello di fatto ancora nelle disponibilità dell’imprenditore – si possano addensare attenzioni investigative. «La dottoressa mi ha accennato a questo..dice “mi ha chiamato la Finanza” ed io le ho detto “se mi fai sapere… che conosco», dice il legale a Liuzzo rassicurandolo. E ancora: «Pino ci sentiamo domani tarda mattinata, io domani mattina ti risolvo questo fatto qua della finanza. C`è un maresciallo intimo amico mio… fa le verifiche…omissis… c`è questo maresciallo amico mio, si chiama La Torre. È quello che sta facendo le verifiche per ora, comandante dell`ufficio verifiche. omissis… un amico… omissis».
Nonostante il dialogo sia stato censurato dagli investigatori – chiaro segnale di ulteriori indagini in corso – le circostanze rimangono inquietanti. Al soldo di Giglio non ci sarebbe un militare di primo pelo, ma un maresciallo capo con responsabilità importanti in servizio presso il Gruppo della guardia di finanza di Reggio Calabria. Blindata per i più, grazie a un sottoufficiale infedele la gdf e le sue indagini diventerebbero – almeno per il legale – assolutamente permeabili.
LE RIVELAZIONI DELL`ARCHITETTO
Tuttavia non sarà un militare, ma un misterioso architetto – non ancora identificato – a riferire a Liuzzo e Giglio dettagliate informazioni su un’indagine dei carabinieri a loro carico, scaturita da una precedente perquisizione durante la quale erano stati trovati degli assegni intestati al legale. Ma il professionista – allo stato ancora senza nome – è anche in grado di svelare a Giglio – che immediatamente riferirà a Liuzzo – l`esistenza di un`intercettazione ambientale riguardante l’imprenditore e il cognato Roberto Morgante. «C`eri tu..a te e a lui.. non tanto per quel fatto che sono (inc) vedi c`è un`intercettazione di un`impresa, un`impresa o qualcuno che aveva un`impresa, un assegno di 8.000 euro, per un importo di 8.000 euro … con gli otto … per la restituzione ne hanno chiesto quattordici ha detto … c`e … tutti e due».
Circostanze su cui Giglio è in grado di riferire particolari dettagliati e che fanno preoccupare non poco i due: «Mi dicevano, non so se è un`impresa di Ravagnese (inc)..collega se può essere…e poi c`è il fatto dell`appartamento, lui stesso sapeva dice “no stanno guardando per l`appartamento che ha comprato sua mamma… dove sta sua mamma (inc)..è tutto a posto hanno tutte
le carte, i prestiti …… comunque era vero, voglio dire, poi vediamo.. non ti avevo detto sciocchezze … omissis». Informazioni necessarie non solo per adottare le dovute cautele ma soprattutto per schermare, sempre di più, l`enorme patrimonio di Liuzzo dietro persone fisiche e giuridiche, fittiziamente costituite al fine di eludere eventuali sequestri.
GIGLIO E LA EUROEDIL
Per Liuzzo, il legale si convertirà anche nel nume tutelare della società, ufficialmente nelle mani dell’amministratore giudiziario, ma di fatto ancora nella disponibilità dell’imprenditore, alle cui direttive la commercialista incaricata, Francesca Marcello, si piega senza fiatare. Quando alla Euroedil arriva un decreto ingiuntivo della G.N. Costruzioni, la donna si limita ad eseguire gli ordini di Liuzzo: contattare Giglio, in modo che fosse lui ad interloquire direttamente con il collega che curava gli interessi della parte creditrice. Una prova evidente – sottolinea il gip Santoro – «di come Giglio rappresentasse la vera e propria mente cui il Liuzzo devolveva la risoluzione di ogni controversia inerente la società confiscata», contando anche sui rapporti di parentela fra il legale e l’allora presidente della sezione Misure di i prevenzione del Tribunale di Reggio, il giudice Enzo Giglio, poi arrestato e condannato per le connivenze con il clan Lampada. Non a caso dunque, proprio con il legale, Liuzzo lamenterà l’assoluta incompetenza della commercialista incaricata di gestire la ditta dopo il sequestro, così come l’incapacità di gestire anche le semplici direttive che lui stesso le impartiva. Allo stesso modo, è sempre seguendo i consigli dell’avvocato Giglio che Liuzzo e il braccio destro Assumma, dopo aver sfruttato la confiscata Euroedil per infiltrare l`appalto privato relativo alla realizzazione del complesso immobiliare di Ravagnese, decideranno di svuotarla, trasferendo mezzi e patrimonio alla ditta individuale Assumma Serena, operante nel medesimo appalto ma considerata “sicura” perché prosciolta nel procedimento di prevenzione. Una manovra che fa scattare i controlli della guardia di finanza, ma soprattutto fa inciampare la commercialista, che sentita dalla polizia giudiziaria, nega di aver firmato un’ingiustificabile fattura di diecimila euro a favore della ditta Assuma. Presa dal panico, contatta Giglio che detta la linea da seguire per risolvere il problema: trovare una giustificazione contabile all`operazione o modificare le proprie dichiarazioni sul mancato riconoscimento della firma e contestualmente bussare alla porta del sottufficiale “amico” in servizio alla guardia di finanza. «In tutto questo contesto – sottolinea il gip Santoro – l`avvocato Giglio non parla nella sua qualità di legale, peraltro non essendo il difensore del Liuzzo, ma in quella di suo consigliori. E quale sia il suo grado di coinvolgimento negli affari del prevenuto lo dice il solo fatto che la Marcello, ancor prima che al Liuzzo o al suo factotum (e cognato) Assumma, ha ritenuto necessario informare del problema proprio l`avvocato. Costui, insieme al commercialista Creaco, è il suo punto di riferimento nella gestione della Euroedil per conto del Liuzzo, specie quando ella coglie possibili problemi di natura giudiziaria. Con il non trascurabile particolare, però, che la società avrebbe dovuto essere amministrata, una volta sequestrata e, poi, confiscata, per conto di chi spetta, ovvero, in quel frangente, dello Stato, non del Liuzzo». Una vicenda emblematica per il giudice, che non manca di sottolineare che tali circostanze se da una parte testimoniano «l’infedeltà all`ufficio da parte della Marcello, ben si comprende, sotto l`altro versante segnalato, la condivisione delle finalità del Liuzzo da parte del Creaco e, soprattutto, dell`avvocato Giglio, il quale appare il vero e proprio determinatore delle mosse del prevenuto». (0040)