«La Calabria paga la disattenzione dello Stato»
REGGIO CALABRIA È con l’esperienza e l’eloquio propri del politico di lungo corso, protagonista – ufficiale od occulto – dei momenti topici dell’ultimo ventennio di storia italiana, che Massimo D’Ale…

REGGIO CALABRIA È con l’esperienza e l’eloquio propri del politico di lungo corso, protagonista – ufficiale od occulto – dei momenti topici dell’ultimo ventennio di storia italiana, che Massimo D’Alema si offre alle domande del giornalista Aldo Varano, alla presenza di una rappresentanza qualificata dell’establishment del Partito democratico reggino. Stretto fra il neo segretario di Reggio, Seby Romeo, e il consigliere regionale Nino De Gaetano, D’Alema – oggi in Calabria per una serie di incontri – si impone sulla scena politica con un obiettivo preciso: mettere a disposizione la sua esperienza ed il suo peso politico nella battaglia per il futuro Pd, attualmente stritolato dalla campagna per le primarie. I toni sono calmi, ma quelle di Massimo D’Alema sono vere e proprie bordate all’indirizzo del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di recente laureatosi vincitore del primo round, quelle votazioni nei circoli che – quasi a sorpresa – lo vedono avanti con circa il 47% dei voti.
«È un risultato comprensibile – l`ex presidente del Consiglio – anche a causa della delusione elettorale, che ha portato oggi molti iscritti a votare quello che i sondaggi – la gente li scorre come un tempo leggeva gli oroscopi – danno per vincente in una futura prospettiva elettorale». Ma le elezioni – dice D’Alema – «non ci sono e non ci saranno per parecchio tempo», sia perché la scissione del Pdl ha regalato al governo una «maggioranza indipendente dalle bizze di Berlusconi», sia perché «il nerbo del governo è fatto da giovanotti che vengono dal movimento giovanile della Dc, particolarmente restii a lasciare le poltrone». Eppure, l’imminenza dell’appuntamento elettorale sembra anche l’orizzonte che ha ispirato la corsa di Renzi alle primarie Pd, un errore di valutazione che al sindaco di Firenze potrebbe costare caro. «Potrebbe fare la fine di quel centometrista che per anni sta fermo ai blocchi di partenza e quando cerca di alzarsi si trova anchilosato». Tanto meno il sindaco di Firenze, secondo l’ex presidente del Copasir, può pensare di ridurre il partito a un comitato elettorale: «Renzi si illude se pensa che il Pd si ridurrà ad essere a sua immagine e somiglianza. Lui non ha idea di cosa voglia dire dirigere un grande partito con tante intelligenze, che non è il partito del “meno male che Silvio c’è” e non può essere quello del “meno male che Matteo c’è”». Ma quella che, per D`Alema, è profondamente inadeguata alla fase politica e sociale che l’Italia vive è anche la ricetta proposta da Renzi, che non sembra tenere conto della crisi del capitalismo iniziata nel 2008 e di quelle risposte che oggi impone: «Renzi non si può proporre come se fosse negli anni 90, come se fosse Blair».
«Oggi i temi al centro del dibattito della socialdemocrazia mondiale – che lo vede fra i protagonisti, ricorda – sono l’uguaglianza, i diritti, il ruolo dello Stato, il rilancio dell’azione pubblica che gli anni Novanta sembravano aver cancellato dal dibattito, ma oggi tornano in maniera prepotente, come dimostra l’elezione del sindaco di New York». Temi che esaltano le sensibilità della sinistra del partito, ma non trovano eco nella grande anima democristiana che oggi sembra essere maggioranza: «Con un governo imperniato su un mondo ex democristiano, con un partito fortemente imperniato su un mondo democristiano, qualcuno potrebbe sentirsi escluso, ma io non lavoro per la scissione, ma contro la scissione – spiega D’Alema –. L’unico antidoto è recuperare l’identità di sinistra». Per l’ex presidente del Copasir, se è vero che il partito deve puntare anche ai voti persi dagli altri, non può essere un “acchiappatutto”: «Ci sono modi diversi per conquistare il voto degli altri – specifica –. Una cosa è convincerli, una cosa è accodarsi alle loro posizioni», chiosa. Un distinguo importante e che deve avere un riverbero immediato sulla linea politica, soprattutto in un contesto reso estremamente liquido dalla scissione del Pdl e dall’inizio della parabola conclusiva di Berlusconi, «ma non del berlusconismo». Eventi che non cancelleranno il profondo e storico radicamento della destra nel Paese, né apriranno all’avvento di una nuova Democrazia cristiana, ma a detta di D’Alema disegnano uno scenario politico nuovo in cui è importante non sbagliare. Uno scenario, lascia intendere D’Alema, in cui un Pd guidato da Renzi rischia di essere fagocitato.
Nessun giudizio netto arriva invece sul governo Letta, se non un elegante dribbling sul caso Cancellieri. «Il Pd era unanime nel ritenere che la Cancellieri si dovesse dimettere, ma Letta ci ha chiesto un gesto di responsabilità», ammette l’ex premier, che pur rivendicando la correttezza formale dell’operato della Cancellieri e l’illegittimità della pubblicazione delle intercettazioni che la riguardano, riconosce che «c’è un problema di opportunità».
Per l’ex presidente del Copasir, poi, la Calabria «paga il malgoverno, ma anche la disattenzione dello Stato». Ma sul suo partito in questa regione disastrata D’Alema non si sbilancia : «Mi sembra si sia conclusa l`emergenza, i congressi provinciali hanno espresso dirigenti credibili, per cui si avvia ad una fase di risanamento. Il Pd in Calabria non è un partito in crisi, è un partito giovane e capace, pronto a puntare a governare la Regione». Un compito non facile, ma che per D’Alema presto potrebbe ricadere sulle spalle del Partito democratico.