Quei "pizzini" che raccontano il clan Lanzino
COSENZA «Lavori ne avete presi… avete pigliato buon piede… però trovatevi qualche amico pure nella zona in modo che siamo tutti felici e contenti, prima che al limite ci succede qualcosa… no, n…

COSENZA «Lavori ne avete presi… avete pigliato buon piede… però trovatevi qualche amico pure nella zona in modo che siamo tutti felici e contenti, prima che al limite ci succede qualcosa… no, non ci portate al punto che dobbiamo venire nel cantiere a fare qualche danno. Siete venuti qua, voi volete stare tranquilli… paese che andate usanze che trovate». Il “paese” è la zona universitaria di Arcavacata, a Rende, e l`“usanza” è il pagamento del pizzo. Una cosa da sbrigare in fretta, per evitare danni al cantiere e grattacapi ai proprietari della ditta. Che ha preso un appalto importante per la realizzazione degli alloggi universitari e dovrebbe – appunto secondo l`usanza – «corrispondere agli affiliati della cosca Lanzino un`imprecisata somma di denaro», secondo il racconto degli inquirenti.
È trascorso circa un anno da quella telefonata che prova il tentativo del clan cosentino di infiltrarsi negli appalti pubblici nell`area universitaria e dal primo intervento dei carabinieri di Rende. I militari conoscevano bene quel modus operandi: i toni accomodanti, il riferimento al fatto che «vi dovete fare un buon amico, perché possono capitare incidenti». Le telefonate arrivavano quasi tutte dalla stessa cabina di Rende, e la voce era sempre la stessa, quella di Francesco Costabile, uno dei picciotti del clan, così come il tipo di “consigli”.
Era così importante, quell`estorsione, che se ne trova traccia anche nei pizzini trovati in possesso di Alberto Superbo, uno dei luogotenenti del boss Ettore Lanzino. Accanto all`appunto “Università”, ci sono i nomi dei due geometri da avvicinare per avviare le trattative.
I PIZZINI E LA CONTABILITÀ MAFIOSA
Sono proprio quei pizzini uno dei passepartout per entrare nella “logica” della cosca che comandava nell`area urbana di Cosenza. Nell`auto del luogotenente, infatti, i carabinieri trovano «materiale documentale rilevante. Si tratta – scrivono i pm della Dda di Catanzaro nel decreto di fermo – del vero e proprio rendiconto economico della cosca Lanzino, indicante le uscite, personali e collettive, sostenute e “contabilizzate” da Alberto Superbo per conto dell`organizzazione». All`uomo era affidato il «pagamento mensile degli “stipendi” agli affiliati di ogni grado o, in loro assenza (in virtù del loro stato di detenzione), ai familiari di quest`ultimi». È una prova documentale – da sottoporre ancora al vaglio del giudizio – dell`esistenza di un welfare mafioso che copre necessità delle famiglie degli uomini del clan. E a volte si spinge anche fino alle amanti dei membri di spicco della “famiglia”. Così, un espressione come “2000 stp Umb”, secondo gli inquirenti significherebbe che a Umberto Di Puppo, uno dei più fidati collaboratori di Lanzino, andrebbe uno stipendio di 2mila euro. E “1800 stp RUA” sarebbe un`indicazione per il versamento di 1.800 euro ai «prossimi congiunti di Gianfranco Ruà, capo cosca, attualmente detenuto». Altre cifre indicano «chiaramente – secondo i magistrati antimafia – la gestione congiunta, da parte del clan, delle spese per l`assistenza legale».
La gestione della contabilità è un aspetto essenziale per la cosca. Lo è ancora di più la “contabilizzazione” del narcotraffico. Su «quattro foglietti dattiloscritti, Alberto Superbo appuntava svariati nominativi accompagnandoli a cifre e talvolta a date e unità di misura quali “grammi”». Queste indicazioni, «cui si aggiungevano le eloquenti diciture “Fum”, stante a indicare i carichi di sostanza stupefacente di tipo “hashish” o, in alternativa, “B.” (stante per “bianca”, riferimento univoco dato alla cocaina”», rivelavano il controllo sulla spartizione del mercato e sulla gestione dei proventi derivanti dal traffico di stupefacenti. A partire da queste frasi trascitte sui “pizzini”, gli inquirenti contano di ricostruire una rete vasta, che tocca tutte le aree del Cosentino. Dagli appunti, è stato possibile chiarire come, il 24 maggio 2012, «la cosca avesse acquisito la disponibilità di 35 chilogrammi di sostanza stupefacente di tipo “hashish”».
Su altri appunti ancora, invece, c`erano diciture come “Debito Reggio fum 20.000”, che indicherebbero «il canale di importazione dei carichi di “hashish” proveniente dalla provincia di Reggio Calabria». E analogamente, le parole “Debito Napoli 5000”, parlerebbero di «un secondo canale di approvvigionamento aperto dalla cosca Lanzino nel capoluogo campano». C`è una piccola miniera d`oro in quelle carte recuperate dai carabinieri: possono aprire la porta per una ricostruzione minuziosa degli affari del clan e delle sue ramificazioni nella “tranquilla” Cosenza. La città in cui, se vuoi aprire un cantiere, è meglio che ti trovi un amico. (0020)