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OPERAZIONE ABBRACCIO | Il prezzo della libertà? Quarantamila euro a persona

REGGIO CALABRIA Quarantamila euro a persona, centoventimila in totale: era questo il prezzo della libertà quando al Tribunale del Riesame c’era Giancarlo Giusti, l’ex magistrato già finito nei guai p…

Pubblicato il: 14/02/2014 – 15:31
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OPERAZIONE ABBRACCIO | Il prezzo della libertà? Quarantamila euro a persona

REGGIO CALABRIA Quarantamila euro a persona, centoventimila in totale: era questo il prezzo della libertà quando al Tribunale del Riesame c’era Giancarlo Giusti, l’ex magistrato già finito nei guai per i suoi rapporti con uomini di peso del clan Lampada, che gli sono costati una condanna a quattro anni di carcere. Ma per lui ci sono nuovi guai e un nuovo procedimento per corruzione in atti giudiziari e concorso esterno in associazione mafiosa all’orizzonte.
La Procura di Catanzaro, titolare delle indagini che coinvolgono magistrati reggini, è infatti riuscita a chiudere il cerchio sulla curiosa sentenza che nell’agosto del 2009 aveva rimesso in libertà Domenico Bellocco, alias “Micu ‘u lungo”,  Rocco Bellocco e  Rocco Gallo, arrestati con l’accusa di essere parte dell’omonimo clan operante in Rosarno e territori limitrofi ed in Granarolo dell’Emilia. Fra i componenti del Collegio che aveva adottato quella controversa decisione c’era anche Giusti, che di quel procedimento era il giudice relatore.
«Ho un rispetto sacrale per quanto avviene in Camera di consiglio e penso non possa essere censurata, ma all’epoca fin da subito quella decisione ha suscitato forti sospetti», ricorda il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Lombardo. All’epoca erano state alcune conversazioni intercettate fra i familiari degli arrestati a far insorgere i primi sospetti. Sotto la lente degli inquirenti era finito il noto avvocato Armando Veneto, difensore di uno degli arrestati, ma dalle indagini disposte dall’Ufficio di Catanzaro non era emerso alcun collegamento fra il legale e il giudice Giusti. Un buco nell’acqua che – all’epoca – aveva portato a una temporanea archiviazione del procedimento.
«Dopo qualche tempo – ricorda Lombardo – ci è stata trasmessa un’altra captazione, durante la quale si ascoltava chiaramente l’avvocato Vincenzo Minasi (condannato dal Tribunale di Milano per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) fare riferimento a Giusti come giudice corruttibile tramite quello che veniva indicato come l’avvocato di Vibo». Un soggetto in seguito identificato in Domenico Punturiero, faccendiere di Vibo, che avvocato non lo è mai stato, ma con Giancarlo Giusti era in rapporti da tempo. Rapporti stretti, di natura personale – è a lui, «che evidentemente disponeva anche di parte del suo patrimonio», che Giusti, in un momento di crisi, affida le sue ultime volontà – ma anche di natura societaria, che i magistrati di Catanzaro – si lascia scappare il procuratore Lombardo – stanno ancora approfondendo.
Sarebbe stato dunque Punturiero a fare da tramite tra i Bellocco e l’allora giudice Giusti, come confermato dall’enorme numero di contatti registrati fra le utenze dei due proprio nel giorno della camera di consiglio, ma anche dalle parole che lo stesso Giusti si lascerà scappare, parlando al telefono con la sorella Gabriella. Venuto a conoscenza dell’indagine di Catanzaro su quelle controverse scarcerazioni  con la notifica del provvedimento di avvio di procedimento disciplinare nei suoi confronti da parte del Csm, Giusti – terrorizzato – alla sorella dice: «A breve verranno a prelevarmi, a breve verranno a prelevarmi».
All’epoca, l’ex magistrato sa già che la Procura di Milano è sulle sue tracce, ma – afferma ascoltato dagli investigatori – «non è quello che mi preoccupa, non è quello che mi preoccupa, Catanzaro mi preoccupa assai, perché Milano sono cazzate, ma mi preoccupa assai che.. mi preoccupa assai qua».  E che avesse fatto qualcosa di grosso è lo stesso magistrato ad annotarlo, a qualche settimana da quella ingiustificabile decisione, sul suo diario informatico. «Il destino provvede a farmi aprire gli occhi sulla necessità di essere più discreto. Più uomo – annota Giusti il 1 settembre 2009 –. Ancora mi svendo per la compagnia, per l’affetto, per la solitudine. E tutti ne approfittano. Amici e donne».
Righe che per i magistrati hanno acquisito significato anche alla luce delle conversazioni intercettate fra i familiari dei Bellocco, soprattutto dopo che la Cassazione annulla la scarcerazione dei tre, rispedendoli dietro le sbarre. Un’ulteriore conferma per gli inquirenti, che dal riesame e in alcuni casi dal riascolto delle conversazioni intercettate e depositate in altri procedimenti  hanno tratto gli elementi di prova che hanno portato agli arresti di oggi.
Oltre a Giusti, ai domiciliari per motivi di salute, in manette sono finiti anche il faccendiere Domenico Punturiero, i tre che nel 2009 avevano pagato per ottenere un provvedimento favorevole al Riesame e i familiari che si sono materialmente prestati per la transazione. «Qualora dovessero essere confermate dalle sentenze, le condotte di Giusti rappresentano non solo un tradimento di quello che è un proprio obbligo professionale, ma anche della cittadinanza, che viene data in pasto a chi la opprime»,  ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli . «Questa indagine – ha aggiunto – dimostra che la Procura di Catanzaro procede senza aver riguardo per alcuno. Questo significa che non bisogna arrivare ad una verità quale che essa sia. In questo caso la verità, quella vera, reale, è stata raggiunta attraverso un capillare lavoro di ricognizione del magistrato titolare della indagini, il dottore Vincenzo Luberto».
Un concetto su cui anche il procuratore della repubblica Lombardo si è voluto soffermare, parlando delle indagini che il suo Ufficio conduce su magistrati reggini o in servizio a Reggio: «Faremo tutto quello che è possibile fare, senza fretta e senza errori, naturalmente. Non ci bastano né i sospetti, né quello che si dice sul corso di Reggio Calabria, dove – lo so, perché io qui ci sono stato – si parla del mondo e degli astri. Le ipotesi investigative che si fanno fra i cittadini non influenzano la Procura di Catanzaro».

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