SANGUE INFETTO | «Emersa una realtà agghiacciante»
COSENZA «Le contestazioni così come individuate dagli inquirenti delineano una realtà assistenziale sanitaria allarmante, agghiacciante ed inemendabile». Lo affermano, in una nota, i familiari di Ces…

COSENZA «Le contestazioni così come individuate dagli inquirenti delineano una realtà assistenziale sanitaria allarmante, agghiacciante ed inemendabile». Lo affermano, in una nota, i familiari di Cesare Ruffolo, morto dopo una trasfusione a Cosenza, e del giovane Francesco Salvo che ha subito gravi lesioni.
Attraverso i loro legali, gli avvocati Massimiliano Coppa, Paolo Coppa, Chiara Penna, Luigi Forciniti e Claudio De Luca, i familiari dei due pazienti aggiungono che «l`evento di default denunciato dalla famiglia Ruffolo a seguito della morte del loro congiunto ha permesso di delineare l`intelaiatura mostruosa posta a base di un servizio “quod vitam” come quello del Centro trasfusionale dell`Azienda ospedaliera di Cosenza, che solo mediante un`indagine ciclopica e capillare la Procura della Repubblica di Cosenza è riuscita ad evidenziare».
«Una situazione agghiacciante – aggiungono – soprattutto in considerazione delle numerosissime criticità riscontrate e non rimosse, riconducibili a reiterate e gravi violazioni di legge poste in essere da chi, a vario titolo ed in posizione di garanzia, ebbe in cura Cesare Ruffolo e prima di lui il giovane che fortunatamente è riuscito a scampare alla morte, riportando però gravi lesioni con un concreto pericolo di vita».
«Riponiamo – concludono – estrema fiducia nell`operato della magistratura cosentina, oltre che nelle istituzioni locali in genere individuabili nel Nucleo antisofisticazione per la Tutela della salute dei carabinieri che congiuntamente hanno svolto un lavoro investigativo tecnicamente eccellente, individuando ogni singola responsabilità da porre in capo a chi ha gestito, evidentemente, la salute pubblica in modo superficiale».
CITTADINANZATTIVA: «UN QUADRO VERGOGNOSO»
«Il quadro che emerge dai risultati delle indagini è vergognoso». Lo afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, circa le indagini sulla morte di Cesare Ruffolo, avvenuta dopo una trasfusione nell`ospedale di Cosenza.
«È impensabile – aggiunge – che nel nostro Paese possano esserci situazioni come quelle delineate, vale a dire somministrazioni di medicinali guasti, omesse denunce di reato, distribuzione di sostanze adulterate. Alla luce di tutto ciò, quali certezze possono avere i cittadini calabresi, e non solo quelli che afferiscono alla Azienda Sanitaria di Cosenza? Se tutto questo è stato permesso in un solo ospedale, ci sorgono dubbi che situazioni analoghe possano verificarsi in altre strutture. Il dubbio sorge infatti spontaneo se, nonostante i 65 rilievi fatti dalla struttura di controllo della Regione Calabria presso il servizio trasfusionale di questa stessa Asl, nessuno si sia sentito in dovere di porvi rimedio, come indicato anche dalla stessa Regione. Oltre ad una eventuale responsabilità diretta del dirigente della struttura ospedaliera, cosa ha fatto in tutto questo tempo la Regione per rimuovere le criticità individuate, ritrovate esattamente uguali ad agosto del 2013 da parte del ministero, e che probabilmente sono anche alla base di questo decesso?». (0020)
«E` indispensabile – conclude Aceti – lavorare seriamente sul controllo degli standard di accreditamento delle strutture sanitarie, rivedere i criteri con cui si individuano i Direttori Generali, così come si è iniziato a fare in Regioni come la Sicilia e il Lazio, e dall`altra parte assegnare al ministero della Salute veri poteri concreti di controllo e intervento nei casi di immobilismo delle strutture regionali e locali per garantire diritti fondamentali per i cittadini come la sicurezza e la qualità».