Le nostre scuse al magistrato Regolo
Dobbiamo delle scuse al dottor Fabio Regolo. Non ce le ha chieste ma è nostro dovere porgergliele pubblicamente. L`indagine condotta dalla Dda di Catanzaro, ci porge uno spaccato terribile di come è…

Dobbiamo delle scuse al dottor Fabio Regolo. Non ce le ha chieste ma è nostro dovere porgergliele pubblicamente. L`indagine condotta dalla Dda di Catanzaro, ci porge uno spaccato terribile di come è ridotto lo Stato in quel di Vibo Valentia: collusioni, commistioni e fiancheggiamenti sono andati oltre l`immaginabile, consegnandoci un quadro che aveva dell`incredibile, anche in una realtà dove non sono mancate, nel recente passato, indagini e sentenze che hanno inchiodato alle loro responsabilità toghe e divise sporcate dalla corruzione.
Un gruppo di magistrati pianifica insieme all`avvocato del casato dei Mancuso atti di aggressione e di delegittimazione contro altri magistrati. Fabio Regolo viene identificato come un bersaglio da colpire e per evitare di farlo fisicamente si tenta la strada, collaudatissima per la massomafia calabrese, della delegittimazione del “mascheriamento”. Attraverso di lui si intende colpire anche l`opera condotta dal procuratore capo Mario Spagnuolo, che a Vibo aveva ereditato una condizione dell`ufficio al di sotto di ogni sospetto.
In quel contesto una polpetta avvelenata è finita anche sul tavolo redazionale di questo giornale. Verifiche fatte con la Guardia di finanza e con la Procura di Salerno, che all`epoca non ha certo brillato nell`attività di doverosa e pronta separazione del grano dal loglio, non bastarono ad evitare che quella polpetta avvelenata intossicasse anche il nostro lavoro. La buona fede del nostro giornale fu subito chiarita, tant`è che successivamente altre e ben più attrezzate redazioni caddero nell`errore e nella deviazione ma non la nostra.
Ciò non tacita la nostra coscienza e la nostra dignità professionale, anche per questo siamo qui a chiedere scusa non solo al dottor Regolo ma anche a quanti, raccolti attorno a lui, produssero una forte e decisa resistenza rispetto al grave inquinamento istituzionale che altri magistrati ed altre divise andavano realizzando indisturbati. Almeno fin quando il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, non ha tirato via, con il prezioso lavoro dello Sco e del Ros, il drappo che copriva i loschi rapporti tra il clan dei Mancuso e pezzi della struttura giudiziaria e investigativa operante a Vibo Valentia.
Non resterà pagina di questo pregevole lavoro investigativo coordinato dal pm Borrelli che non sarà da noi resa fruibile a chi ha interesse per la verità. (0030)