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Fitzsimons sarà processato

Si dovrà presentare di fronte al Tribunale collegiale il prossimo 10 giugno Henry James Fitzsimons, il faccendiere irlandese gravitante attorno all’Ira e al partito del Sinn Fein, pizzicato a fare af…

Pubblicato il: 07/04/2014 – 19:09
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Fitzsimons sarà processato

Si dovrà presentare di fronte al Tribunale collegiale il prossimo 10 giugno Henry James Fitzsimons, il faccendiere irlandese gravitante attorno all’Ira e al partito del Sinn Fein, pizzicato a fare affari con gli Aquino e i Morabito e per questo coinvolto nell’operazione Metropolis. È quanto ha disposto il gup al termine dell’udienza preliminare che ha visto l’irlandese alla sbarra, dopo lo stralcio per motivi tecnici della sua posizione. Nonostante sia passato oltre un anno dall’arresto infatti, non sono stati ancora completamente tradotti nella lingua madre dell’imputato molti degli atti del procedimento. Per questo motivo, il giudice ha convocato il perito traduttore, ordinando il completamento della traduzione di tutti i documenti necessari entro l’udienza del 10 giugno. In quella sede, la posizione di Fitzsimons, difeso dall’avvocato Aldo labate, potrebbe essere riunita al filone principale del procedimento, il cui inizio è fissato per il prossimo 27 maggio.
Arrestato  in Senegal dopo mesi di latitanza, Fitzsimons è considerato uno dei partner stranieri dei clan nel business immobiliare che ha ricoperto di cemento la costa jonica reggina. Un’area che – in barba a norme urbanistiche e di tutela ambientale, aggirate secondo la Procura grazie a tecnici comunali compiacenti come Francesco Sculli, padre dell’ex under 21 Giuseppe e genero del boss Peppe “Tiradritto” – gli uomini delle `ndrine avrebbero coperto di case, ville e piscine, pronte ad essere vendute a sprovveduti acquirenti stranieri, agganciati da Velardo e Fitzsimons. Un business che le `ndrine si sarebbero divise in maniera salomonica: da Reggio a Siderno comandavano i Morabito, da lì fino a Catanzaro, era tutto in mano agli Aquino.
Una spartizione chiaramente evidenziata anche dalla divisione delle quote della società “BellaCalabria”, uno dei terminali economici e finanziari utilizzato dai clan, finite per il 50% in mano a un prestanome degli Aquino e per il 50% a una testa di legno dei Morabito. E sono numeri da capogiro quelli del business che secondo l`accusa sarebbe stato messo in piedi dai due clan: 17 villaggi turistici, 1343 unità immobiliari, 12 società, tutti beni di un valore pari a 450 milioni di euro oggi finiti sotto sequestro. Un affare dai volumi impensabili se paragonato alla miseria imperante nell’area jonica – precipitata in fondo a tutte le classifiche di vivibilità e reddito – ma che le cosche non gestivano da sole.

Fitzsimons e Velardo, i soci stranieri
Soci in affari di Rocco Morabito, figlio del boss “Tiradritto” e Rocco Aquino, rispettivamente al vertice dell’omonimo clan, erano infatti non solo una pletora di imprenditori spagnoli che nel corso delle conversazioni intercettate definivano la Calabria il nuovo Eldorado, in cui investire senza avere problemi, ma anche Henry James Fitzsimons.
A mettere in contatto l’ex terrorista con gli `ndranghetisti del mandamento jonico sarebbe stato un noto imprenditore campano, Antonio Velardo, tuttora latitante. Insieme sarebbero entrati in quella che – a detta degli inquirenti – si configura come una vera e propria joint venture internazionale tra uomini delle `ndrine e imprenditori spagnoli, che avrebbe dato vita a un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale.

Aquino e Morabito al centro del business
Un flusso infinito di capitali che triangolavano fra il Nord Europa, la Spagna e la Calabria e solo grazie ad un errore tecnico che ha portato al fallimento della società schermo italiana è stato possibile ricostruire tutto. A mettere gli inquirenti sulle tracce del business milionario che le famiglie Aquino e Morabito avevano messo in piedi è stato un controllo occasionale su un’auto proveniente dall’Albania effettuato da due finanzieri di Bari. A bordo non solo c’erano quattro persone di San Luca, già note alle forze dell’ordine, ma soprattutto le planimetrie del complesso turistico-alberghiero “Gioiello del mare” – oggi finito sotto sequestro perché totalmente abusivo –  riconducibile alla Metropolis 2007 srl, una delle società della galassia dei clan. Un particolare che ha acceso l’interesse investigativo degli inquirenti che per anni hanno battuto la pista dell’edilizia turistica e residenziale fino a scoprire la rete tessuta attorno a sé da Rocco Morabito, figlio del boss Peppe Tiradritto. Una doppia beffa per la Calabria, devastata dal cemento e piegata al consenso dettato dal ricatto occupazionale, grazie al quale i clan hanno consolidato il loro potere in cambio di un pugno di posti di lavoro.

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