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Per Fitzsimons arriva la scarcerazione

REGGIO CALABRIA «Non si ravvisano gravi indizi di colpevolezza, dunque l’ordinanza di custodia cautelare è da annullare». A meno di 48 ore dal rinvio a giudizio disposto dal gup, il presunto faccendi…

Pubblicato il: 09/04/2014 – 17:01
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Per Fitzsimons arriva la scarcerazione

REGGIO CALABRIA «Non si ravvisano gravi indizi di colpevolezza, dunque l’ordinanza di custodia cautelare è da annullare». A meno di 48 ore dal rinvio a giudizio disposto dal gup, il presunto faccendiere irlandese Henry James Fitzsimons incassa una pronuncia che ha quasi il sapore di una beffa. Il Tribunale del riesame, chiamato a pronunciarsi dopo il rinvio disposto dalla Cassazione, ha infatti accolto la tesi difensiva dell’avvocato Aldo Labate, non ravvisando l’esistenza di gravi indizi a suo carico, annullando l’ordinanza di custodia cautelare e disponendo l’immediata liberazione. Medesima decisione incassata dal socio di Fitzsimons, l’imprenditore Antonio Velardo, difeso dagli avvocati Labate e Fabrizio Lattanzi. Per entrambi, i giudici del Tribunale della libertà hanno accolto le tesi difensive che da tempo sottolineano un’eccessiva indeterminatezza nel reato che viene loro contestato. Stando agli elementi fin qui emersi infatti, l’unica ipotesi configurabile sarebbe quella dell’autoriciclaggio – l’occultamento dei proventi illeciti da parte dello stesso soggetto che se li è procurati – una fattispecie di reato che l’ordinamento italiano ancora non prevede. Adesso toccherà alla Procura decidere se ricorrere in Cassazione contro la decisione del Riesame o affrontare la questione nel dibattimento.
Arrestato in Senegal dopo mesi di latitanza, per la Procura Fitzsimons sarebbe uno dei partner stranieri dei clan nel business immobiliare che ha ricoperto di cemento la costa jonica reggina. Un’area che – in barba a norme urbanistiche e di tutela ambientale, aggirate secondo i pm grazie a tecnici comunali compiacenti come Francesco Sculli, padre dell’ex under 21 Giuseppe e genero del boss Peppe “Tiradritto” – gli uomini delle `ndrine avrebbero coperto di case, ville e piscine, pronte ad essere vendute a sprovveduti acquirenti stranieri, agganciati da Velardo e Fitzsimons. Un business che le `ndrine si sarebbero divise in maniera salomonica: da Reggio a Siderno comandavano i Morabito, da lì fino a Catanzaro, era tutto in mano agli Aquino. Soci in affari di Rocco Morabito, figlio del boss “Tiradritto” e Rocco Aquino, rispettivamente al vertice dell’omonimo clan, erano infatti non solo una pletora di imprenditori spagnoli che nel corso delle conversazioni intercettate definivano la Calabria il nuovo Eldorado, in cui investire senza avere problemi, ma anche Henry James Fitzsimons. A mettere in contatto l’ex terrorista con gli `ndranghetisti del mandamento jonico sarebbe stato un noto imprenditore campano, Antonio Velardo. Assieme sarebbero entrati in quella che – a detta degli inquirenti – si configura come una vera e propria joint venture internazionale tra uomini delle `ndrine e imprenditori spagnoli, che avrebbe dato vita a un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale.
Un flusso infinito di capitali che triangolavano fra il Nord Europa, la Spagna e la Calabria e solo grazie ad un errore tecnico che ha portato al fallimento della società schermo italiana è stato possibile ricostruire tutto.
A mettere gli inquirenti sulle tracce del business milionario che le famiglie Aquino e Morabito avevano messo in piedi è stato un controllo occasionale su un’auto proveniente dall’Albania, effettuato da due finanzieri di Bari. A bordo non solo c’erano quattro persone di San Luca, già note alle forze dell’ordine, c`erano anche le planimetrie del complesso turistico-alberghiero “Gioiello del mare” – oggi finito sotto sequestro perché totalmente abusivo –  riconducibile alla Metropolis 2007 srl, una delle società della galassia dei clan. (0020)

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