La musica di Rtl e le note stonate
«Rtl è anche mia», recita lo slogan della radio più famosa d’Italia. La stessa che nell’estate del 2011 riceve 600mila euro dalla Regione Calabria per tre settimane di trasmissioni dal lungomare Falc…

«Rtl è anche mia», recita lo slogan della radio più famosa d’Italia. La stessa che nell’estate del 2011 riceve 600mila euro dalla Regione Calabria per tre settimane di trasmissioni dal lungomare Falcomatà a Reggio. In diretta va anche il governatore Scopelliti, nelle inusuali vesti di “Peppe dj”, con tanto di occhiali a goccia e infradito ai piedi. È uno dei tanti super-eventi in riva allo Stretto prima del crac dei conti pub- blici e dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune. La manifestazione costa tanto, i soldi destinati alla radio vengono stornati dal fondo regionale per il contrasto alla povertà e il sostegno alle famiglie. Il resto di quel milione e mezzo di euro serve invece per sponsorizzare un altro happening di grido, “Miss Italia nel mondo”.
Per Scopelliti la pubblicità è tutto. E ospitare un’emittente come Rtl può rappresentare un’occasione per rilanciare l’immagine di Reggio e della Calabria. Meglio ancora se quella radio mantiene forti legami con la terra d’origine del suo patron, il vibonese Lorenzo Suraci.
Ha destato un certo interesse tra gli inquirenti della Dda di Catanzaro il fatto che una società nell’orbita di Rtl avesse tra i suoi dipendenti anche il presunto boss Nicola Tripodi, finito in carcere nel maggio 2013 nell’ambito dell’operazione “Atlantide”, coordinata dal pm Pierpaolo Bruni. La Gestitel, controllata dalla “Rtl 102.5 hit radio srl”, ha la stessa sede legale dell’emittente radiofonica, in via Scotti 11, a Bergamo. E Tripodi ha forti legami con un altro personaggio che pare s’intenda di questioni radiofoniche, Giuseppe Fausto Congestrì. Lui però è un dipendente diretto di Rtl. Entrambi finiscono nel mirino degli investigatori, che intercettano alcune delle loro conversazioni, durante le quali più che alla musica on air sembrano interessati agli affari nel settore edile milanese. Secondo la Dda di Catanzaro, dagli interventi dopo l’alluvione di Vibo fino al tentativo di inserirsi nella ricostruzione post terremoto dell’Abruzzo, le società controllate dalla cosca Tripodi erano riuscite a ottenere diversi appalti pubblici di rilievo. I carabinieri scrivono che nel 2009 «Nicola Tripodi ha costituito la Fc global service per entrare verosimilmente nei lavori della ricostruzione dell’Aquila». E aggiungono che «anche Fausto Congestrì non risulta estraneo agli interessi di Tripodi e, sempre con maggiore frequenza, si sposta con quest’ultimo, sia a Caserta che in Abruzzo».
L’inchiesta “Atlantide” ha portato anche al sequestro di 19 aziende, 45 immobili – terreni, fabbricati, appartamenti e pertinenze –, due bar in pieno centro a Roma e conti correnti. Il tutto per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro. Una vera e propria holding con interessi in mezza Italia. Allo stesso tempo Nicola Tripodi è stipendiato dalla Gestitel, al 90% di proprietà di Rtl, per cui lavora lo stesso Congestrì. Gli inquirenti credono che proprio il fratello di quest’ultimo, l’odontoiatra Nicolino Congestrì, avesse buoni rapporti con il governatore Scopelliti.
STRANI LEGAMI
L’inchiesta “Libra” della Dda illumina i collegamenti esistenti tra uomini legati alle ’ndrine ed esponenti delle istituzioni. Legami che ruoterebbero attorno «alla figura di Nicolino Congestrì», descritto come un personaggio a metà tra massoneria, politica e imprenditoria, al centro di una rete di relazioni tra parlamentari, funzionari, burocrati, militari, medici, religiosi e magistrati. Sarebbe stato solido pure il rapporto con la cosca di Vibo, proprio in virtù degli “agganci” del fratello con Nicola Tripodi. Nicolino Congestrì, oltre a essere un famoso professionista di Vibo, è anche il priore del Sovrano ordine militare di Malta. Nel 2001 si attiva per costituire la Gran loggia scozzese mediterranea del Sud, di cui diventa il venerabile maestro. Tra gli adepti c’è anche un uomo di Chiesa che ha occupato le cronache degli ultimi mesi, don Nuccio Cannizzaro, cappellano della polizia municipale e parroco di Condera, quartiere periferico di Reggio. Il prete è accusato di aver reso false dichiarazioni nel processo “Pietrastorta”, nel tentativo di favorire il boss Santo Crucitti. Ed è sempre l’inchiesta “Libra” a mettere in evidenza l’amicizia comune di don Cannizzaro e Nicolino Congestrì con il governatore Peppe Scopelliti.
Le carte dell’indagine documentano un incontro in barca tra l’odontoiatra e il prelato, che si fa accompagnare da Virgilio Muriana, ex comandante della Capitaneria di porto di Reggio. Nel 2009 l’ufficiale ha un grattacapo amministrativo da risolvere. E per uscire dall’impasse si rivolge al faccendiere vibonese, al quale «chiede un intervento (…) per pilotare l’esito di un ricorso pendente davanti al Tar del Lazio e per ritardare di un anno il trasferimento da Reggio Calabria». Congestrì pare molto sollecito e «in modo lapalissiano rappresenta di averne già parlato con il suo amico Cesare Mastrocola, presidente del Tar Calabria, il quale aveva riferito che la sezione alla quale era stato assegnato il ricorso del contrammiraglio era presieduta da un giudice intransigente e che, anzi, ogni eventuale intervento avrebbe sortito l’effetto contrario».
I protagonisti non si perdono d’animo e «decidono quindi di percorrere la strada politica con eventuale intervento del ministro Roberto Maroni. Adottano anche un’altra strategia: intervenire presso il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti (non era ancora diventato governatore, ndr), affinché vergasse una nota indirizzata ai vertici militari della Marina per sollecitare il procrastinamento del trasferimento del contrammiraglio».
A questo punto Congestrì «evidenzia che un suo amico, Francesco Cascasi, titolare di un’impresa importante (Eurocontrol) con sede nella frazione Porto Salvo di Vibo Valentia, era la persona giusta per intervenire sul sindaco Scopelliti, infatti tra i due si era creata un’intesa nel senso che il primo cittadino di Reggio Calabria era in procinto di affidargli grossi appalti».
Un altro spaccato delle cointeressenze esistenti tra massoneria, ’ndrangheta e politica è offerto dalla recente indagine “Purgatorio”, nella quale ampio spazio è dedicato proprio a Francesco Cascasi.
IL POTENTE IMPRENDITORE
Cascasi è uno tra gli imprenditori calabresi più importanti, amministratore delegato di Eurocontrol, una società di livello nazionale attiva nel settore delle analisi dei materiali. I magistrati catanzaresi annotano anche le sue parentele “scomode”. Cascasi è infatti nipote dei fratelli Bonavena, ritenuti i capi della ’ndrina di Cessaniti, cosca satellite del clan Mancuso di Limbadi. Pure il boss Pantaleone Mancuso parla dell’imprenditore, in relazione a un posto di lavoro al Consorzio di sviluppo industriale di Vibo. Un affiliato, Francesco Staropoli, riferisce al mammasantissima le difficoltà di un altro sodale, Giuseppe Tavella, che non riesce a ottenere un’assunzione nel Csi, i cui vertici amministrativi sono nominati direttamente dalla giunta regionale. Mancuso ha un’idea: «Perché non vai a trovare a… Franco! A Franco Cascasi!». Staropoli segue il consiglio e, a nome del boss, prova a contattare il potente imprenditore. Poi racconta a Mancuso la conversazione avuta con Cascasi: «Gli ho detto io: “Sono Franco Staropoli, ti ricordi di me?”. Ha detto: “E come non mi ricordo?” (…) “Avrei bisogno un attimino di vederti, giusto così per scambiare… prendiamo un caffè”. “Come torno vengo io”».
Le indagini della magistratura rischiarano una fitta rete di legami, vincoli sotterranei tra politica, logge e clan, come una stessa tela dai fili eternamente intrecciati e nascosti. E in mezzo alle varie connessioni spunta anche una una radio, beneficiaria di un superfinanziamento per una grande manifestazione a spese dei poveri. «Rtl è anche mia». (0040)
(Il servizio “La musica di Rtl e le note stonate”, firmato da Pietro Bellantoni, è stat
o pubblicato sul Corriere della Calabria il 27 marzo scorso)