Maxisequestro all'imprenditore Romano
ANTONIMINA È del valore di 13 milioni di euro il patrimonio sequestrato a Nicola Romano, il sessantacinquenne che investigatori e inquirenti ritengono il capo del “locale” di Antonimina ma sopra…

ANTONIMINA È del valore di 13 milioni di euro il patrimonio sequestrato a Nicola Romano, il sessantacinquenne che investigatori e inquirenti ritengono il capo del “locale” di Antonimina ma soprattutto uno dei consiglieri capo della Sacra Corona, la struttura criminale svelata dall’operazione “Saggezza”. Sulla carta e per il fisco, Romano era semplice operaio forestale, ma in realtà – dicono gli investigatori – il sessantacinquenne era ricco imprenditore, che forte del proprio prestigio criminale, come degli stretti legami con il clan Cordì, non solo si è sempre occupato delle imprese di famiglia, ma ha anche gestito direttamente la realizzazione di opere pubbliche e il taglio boschivo. Arrestato, quindi rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Saggezza” per associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni ed altri reati, Romano – dicono gli inquirenti – avvalendosi della collaborazione e dell’interposizione fittizia di altri soggetti a lui legati anche da vincoli parentali si è garantito, attraverso le ditte di cui è risultato essere effettivo titolare, l’accaparramento di lavori nel settore dell’edilizia pubblica ricadenti nella zona di influenza della cosca di riferimento. Per questo su proposta della Dia, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria – lo ha ritenuto soggetto socialmente pericoloso sia perché gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta che soggetto abitualmente dedito a traffici delittuosi e che vive in tutto o in parte dei proventi illeciti – ha emesso un decreto di sequestro preventivo di beni del valore di 13 milioni di euro. Una decisione giunta all’esito delle meticolose indagini patrimoniali della Dia di Reggio Calabria, volte a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario e personale riconducibile a Romano, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale e nel nord Italia, agevolando, oltre che le proprie, anche le aziende del genero Massimo Siciliano, arrestato nell’operazione “Saggezza” e i cui beni aziendali sono stati sottoposti a sequestro nell’aprile scorso. Con il provvedimento adottato a carico del sessantacinquenne di Antonimina, finiscono dunque sotto sequestro l’intero patrimonio aziendale di quattro società – la “Ditta individuale La Radica di Fazzari Teresa”, la “Due monti legnami srl” la “M.a.r. Srl uni personale” e la “Ditta individuale Le vie del legno di Pollifroni Carmine” – 47 immobili, tra cui circa 31 appezzamenti di terreno per un’estensione complessiva di circa 22 ettari di terreno coltivato, 7 appartamenti per civile abitazione, un capannone adibito a stabilimento industriale di circa 900 mq, diversi magazzini e fabbricati rurali, nonché disponibilità finanziarie aziendali e personali in fase di quantificazione. (0050)
Alessia Candito